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Perché i Redirect (sbagliati) possono affossarti il sito e come intervenire

I tuoi redirect possono trasformarsi in labirinti in cui GoogleBot si perde: ti spiego come e perché evitarlo

Lasciare al caso la gestione dei redirect nel tuo sito, è come camminare in una stanza di notte al buio: i mobili non li vedi, ma quando poi vai a sbattere col mignolo sul comodino hai la prova tangibile e inequivocabile della loro esistenza (e del fatto che in fondo basta poco nella vita per vedere le stelle 🤩, giusto?).

L’impatto invisibile dei reindirizzamenti può essere tanto subdolo quanto significativo per la tua SEO. Google non ti offre una torcia per illuminarti la stanza, ma ciò non toglie che valuta ogni passo che fai, ogni errore presente sul tuo sito aziendale.

Lavorando come consulente SEO, ho avuto modo di verificare sul campo come la cattiva gestione dei redirect sia uno dei problemi più diffusi e meno riscontrati sui siti web. Ma quali sono le conseguenze? E come puoi evitare di vedere più stelle che in un limpido cielo notturno quando incontri redirect errati?

È proprio di questo che voglio parlarti qui.

Cosa sono i Redirect e perché sono così diffusi?

I redirect sono appunto “reindirizzamenti”: indicano ai browser e ai motori di ricerca che una pagina web ha cambiato indirizzo (URL) e si trova ora da un’altra parte.

Nella pratica, per creare un redirect si inserisce un’informazione su un URL – o un gruppo di URL – in modo tale che il motore di ricerca (e quindi l’utente) atterri su una pagina diversa rispetto alla destinazione prevista in partenza.

come funzionano i redirect

Ma perché fare una cosa del genere?

Intanto, lasciami precisare che non sempre è una cosa che accade volutamente. Se usi WordPress ad esempio, In realtà, basta cambiare la struttura di un qualsiasi URL nel tuo sito web, per creare un redirect senza nemmeno rendertene conto.

Al contrario, chi crea redirect e sa perché lo sta facendo, può decidere di procedere per i motivi molto concreti e variegati; ho pensato di riassumerli nella tabella che segue per darti un quadro chiaro dei vantaggi e dei comodini che si evitano lavorando bene sui redirect:

🔎QUANDO SI USANO I REDIRECT?🤔PERCHÈ SI CREANO
Fusione o Acquisizione di Siti WebIn caso di fusione di due siti web o acquisizione di un altro sito, i redirect vengono utilizzati per indirizzare il traffico dal vecchio sito al nuovo, mantenendo intatti il valore acquisito lato SEO e l’esperienza utente.
Conservazione dell’autorevolezzaI redirect conservano in gran parte il valore SEO delle pagine che vengono reindirizzate e trasferiscono l’autorità dei backlink alla nuova pagina, aiutando a mantenere intatto il ranking maturato sui motori di ricerca.
Evitare Errori 404 (Pagina Non Trovata)Quando una pagina viene rimossa o il suo URL cambia, un redirect può prevenire che gli utenti incontrino un errore 404, indirizzandoli invece a una pagina rilevante.
URL Brevi o “Pretty URLs”A volte i redirect sono usati per creare URL più brevi e facilmente memorizzabili, reindirizzando da URL più lunghi o complessi.
Gestione delle Versioni di URLI redirect possono essere utilizzati per gestire diverse versioni dello stesso sito, come la versione “www” e quella “non-www”, o le versioni linguistico-regionali di un sito.
Promozioni Temporanee o CampagnePer campagne marketing temporanee, i redirect possono spostare i visitatori a una pagina specifica della campagna stessa. Al termine dell’attività basterà disattivare il redirect perché i visitatori tornino ad atterrare sulla pagina prevista prima del lancio della campagna.

Detto questo, devi anche considerare che non esiste un solo tipo di redirect per fare tutte le azioni che abbiamo analizzato. In realtà ce ne sono ben nove tipi differenti, tutti identificati con un numero da 300 a 308. 

Tuttavia, per evitarti inutili mal di testa, ho deciso di parlare qui solo dei più importanti:

301 – Moved Permanently (Spostato Permanentemente)

  • Uso: il 301 è forse il redirect più importante e più comune. Indica che una pagina o risorsa è stata spostata permanentemente a un nuovo URL. Viene utilizzato principalmente quando un sito web viene ristrutturato o quando si cambiano URL per motivi SEO o di branding.
  • Impatto SEO: Trasferisce la maggior parte dell’autorità del link originale al nuovo URL, mantenendo il ranking nei motori di ricerca.

302 – Found (Trovato) / 307 – Temporary Redirect (Reindirizzamento Temporaneo)

  • Uso: indica un trasferimento temporaneo di una pagina o risorsa. Viene usato per redirect temporanei, come quando una pagina è in manutenzione o per reindirizzamenti stagionali (es. per una promozione).
  • Impatto SEO: generalmente non trasferisce l’autorità della pagina originaria e viene usato solo quando si prevede di tornare all’URL precedente in futuro.

303 – See Other (Vedi Altro)

  • Uso: viene utilizzato principalmente per reindirizzare gli utenti dopo l’invio di un form web, per evitare che il form venga inviato più volte quando si ricarica la pagina.
  • Impatto SEO: non è comunemente usato per scopi SEO, ma più per migliorare l’esperienza utente e la funzionalità del sito.

Il buco nero dei loop di reindirizzamento: perché evitare di finirci dentro?

Veniamo ora alle possibili note dolenti relative a problemi causati da errori nei redirect parlando dei famigerati “loop di reindirizzamento”. 

Ecco vedi, tra gli ostacoli che vuoi evitare quando ti trovi in quella stanza buia che è il back-end del tuo sito web c’è pure questo. Solo che più che a un comodino, assomiglia alla cabina armadio di tua moglie: roba che se ci finisci dentro dopo per recuperarti bisogna chiamare i servizi di intelligence.

Mi spiego: forse già sai che i motori di ricerca funzionano sulla base di robot di scansione che:

  • “leggono” le pagine del tuo sito
  • seguono i link per vedere dove portano
  • seguono anche i reindirizzamenti

Insomma, Google normalmente ti stalkera per benino, seguendoti ovunque lo hai indirizzato nel sito, soprattutto se hai lavorato bene e hai un sito performante e ottimizzato. Ma se c’è qualcosa che dà fastidio a Google è lo spreco di energie per scansionare risorse che portano a errori, o peggio, non portano da nessuna parte come nel caso dei loop di redirect.

Vale a dire quando una serie di URL si reindirizzano a vicenda in modo ciclico o quando un URL reindirizza a se stesso:

reazione di google ai loop di redirect
Dettagliata infografica dalla quale si può evincere benissimo il livello di comprensione profonda raggiunta da Googlebot quando ha a che fare con un loop di redirect

Come si generano i loop? Beh, ci sono molti modi perché si creino in automatico, all’insaputa del webmaster:

  • Configurazione errata del server web
  • Errori nelle regole generali di reindirizzamento
  • Conflitti di autenticazione
  • Problemi sul cms
  • etc…

Insomma, ci sono N cause che possono generare simili problematiche, ma il punto è che se fai incappare Google in una situazione simile, di fatto lo stai facendo girare a vuoto.

Secondo te penserà che il tuo sito è simpatico? Direi di no, ecco infatti le possibili conseguenze:

  • altre parti del tuo sito (che siano nuove o vecchie pagine aggiornate) potrebbero non essere scansionate e indicizzate sul motore di ricerca;
  • nel tempo, di fronte a errori simili non corretti, Google può finire per attribuire al sito sempre meno autorevolezza e affidabilità e quindi ancor meno attenzioni e risorse di scansione (= addio posizionamento);
  • e per finire, ma non meno importante, i loop possono influire negativamente sull’esperienza degli utenti nel sito a causa dell’impossibilità di raggiungere le risorse desiderate (e quello che non piace agli utenti non piace nemmeno a Google).

Il problema della gestione dei redirect nei siti e-commerce

Potevo forse parlare di redirect ignorando l’e-commerce?

Decisamente no dato che non esiste posto migliore per farne e rimuoverne a migliaia 😀

Gestire i redirect in un e-commerce richiede attenzione particolare, soprattutto quando si tratta di prodotti scaduti o non più disponibili. Questo compito, apparentemente banale, nasconde insidie che possono influire negativamente sull’esperienza utente e sull’efficacia della SEO.

Un errore comune che ho notato in anni di consulenza SEO riguarda la gestione dei prodotti non più disponibili.

Spesso, le pagine di questi prodotti vengono reindirizzate massivamente (a caso) verso l’homepage o verso categorie non direttamente correlate. Ad esempio come quando un paio di sci non più in catalogo viene reindirizzato verso la categoria generale delle “attrezzature da montagna”. Questa pratica, seppur fatta con le migliori intenzioni, è ovviamente problematica per vari motivi.

Primo, il trasferimento di valore SEO da una pagina all’altra tramite redirect deve essere considerato attentamente. Non stiamo solamente spostando autorità tra le pagine, ma stiamo anche suggerendo una correlazione semantica tra la vecchia e la nuova destinazione. È fondamentale che questa correlazione esista realmente per non disorientare l’utente e per mantenere coerenza agli occhi dei motori di ricerca.

Quando un utente cerca un prodotto specifico, il redirect verso una pagina non pertinente può generare frustrazione e disorientamento. L’idea è che l’utente dovrebbe trovare un’alternativa valida o informazioni pertinenti alla ricerca iniziale, piuttosto che essere rimbalzato verso pagine genericamente correlate o, peggio ancora, verso l’homepage.

Inoltre, è importante sottolineare che non tutti i prodotti o le pagine non disponibili dovrebbero essere reindirizzati.

A volte, lasciare una pagina con un errore 404 può essere la scelta più appropriata (purché non sia presente in sitemap ovviamente), specialmente se il prodotto non sarà più disponibile in futuro. Il codice di stato 404 serve infatti proprio a comunicare che una risorsa non è più presente sul sito, fornendo chiarezza sia agli utenti sia ai motori di ricerca.

La gestione dei redirect in un e-commerce non segue regole universali applicabili in ogni circostanza.

Ogni decisione dovrebbe essere presa valutando il contesto specifico, l’importanza del prodotto all’interno del sito e le aspettative degli utenti. È cruciale mantenere un equilibrio tra la conservazione del valore SEO e l’offerta di un’esperienza utente positiva e coerente.

Hai fatto dei redirect? Ora non dimenticarti di ottimizzare la Sitemap

Fare dei redirect sul tuo sito nella pratica non è certo una cosa da strapparsi i capelli (infatti ti assicuro che a me i capelli mancano per ragioni diverse dai redirect che ho dovuto fare in carriera 😜). WordPress è già predisposto ampiamente sia per i redirect manuali, sia per la gestione massiva degli stessi attraverso plugin (il migliore dei quali è probabilmente “redirection”).

Ma c’è un aspetto che è importante sottolineare perché vedo che spesso è dimenticato: l’ottimizzazione della Sitemap in seguito a dei reindirizzamenti.

La sitemap è un file che elenca le pagine di un sito web in un formato organizzato, che aiuta i motori di ricerca come Google a trovare, esplorare e indicizzare il contenuto del sito più efficacemente.

Se hai già smanettato un po’ sul tuo sito aziendale, forse sai già che è buona norma inviare la Sitemap a Google per segnalargli quali pagine deve andare a scansionare e fin qui ci siamo…

Ma immagina che effetto potrebbe fare se in Sitemap gli indichi le pagine sbagliate o lo mandi addirittura volontariamente in un loop di reindirizzamento. È altamente probabile che tu riceva questa telefonata da big G:

Se vuoi il mio consiglio da consulente SEO –  a cui non piace scherzare con Google nei panni di Liam Neeson – prima di inviare la Sitemap, verifica che non ci siano errori nei reindirizzamenti.

Inoltre, un aspetto importante, ma spesso trascurato è la necessità di inserire in Sitemap direttamente gli URL finali a cui puntano i reindirizzamenti, evitando così inutili tour a Google.

La mia esperienza sui redirect: sono un fattore di posizionamento oppure no?

Gli errori sui redirect sono quel tipo di rogna che su un sito c’è, ma spesso non si vede, a meno che non vai a cercarli: è proprio qui che sta la loro pericolosità.

Senza arrivare a farti una lectio magistralis sulle procedure per fare i reindirizzamenti o trovare quelli che non vanno bene (che poi per scovarli ti basta fare una scansione con SEO tool come Semrush o Screaming Frog), quello che volevo fare in questo articolo era chiarezza.

Perché i redirect erano e restano uno degli argomenti più dibattuti in ambito SEO da che ho memoria come esperto nel settore.

Infatti, la questione centrale che penso sia interessante trattare prima di chiudere è fino a che punto devi preoccuparti dei redirect in quanto fattore che impatta il posizionamento e la visibilità su Google.

Leggendo la guida ho rimarcato più volte la loro importanza. Google stesso si è pronunciato svariate volte sui redirect e il loro impatto sul motore di ricerca.

Personalmente, però, ritengo sia chiaro che non si possa parlare dei redirect come di un fattore di posizionamento diretto.

Questo perché devi considerare il loro impatto più come un fattore di possibile zavorra che di spinta nella visibilità organica, soprattutto quando si commettono errori quali:

  • I già discussi loop di redirect (che possono arrivare a impedire il caricamento di una pagina)
  • La creazione di catene di redirect (con conseguente rallentamento nella velocità del sito)
  • L’eccessiva presenza di redirect a carico del server (anche questo causa di sgradita lentezza)

In più c’è da considerare un aspetto da non mettere in secondo piano: a ogni reindirizzamento, una piccola parte del PageRank – e cioè dell’autorevolezza della pagina web originaria – viene perduto irrimediabilmente. E se quell’autorevolezza l’avevi acquisita anche lavorando con un buon servizio di link building, perdi anche parte del capitale investito (e sono dolori).

Si stima che non molto vada perduto, eppure lasciare autorevolezza per strada alla lunga non fa certo bene al posizionamento, mi spiego?

Fu anche Matt Cutts (search quality team di Google) nel 2013 a confermare che ciò accade:

“a small percentage of PageRank is lost in 301 redirects”

MATT CUTTS

Dunque, se me lo chiedi, dei redirects ti sconsiglio di abusare. E cosa ancor più saggia: se come immagino da buon imprenditore non hai nemmeno lontanamente il tempo di metterti a fare scansioni con Screaming Frog per trovare tutti gli errori presenti sul tuo sito, puoi lasciare che ci pensi io.

Sono il tizio che accende i riflettori negli angoli più bui del tuo sito web. E lo faccio per aiutarti a scovare tutto il mobilio contro il quale stai andando a sbattere, mentre cerchi di capire perché il tuo sito non ranka sui motori di ricerca.

🏆 Take Aways…

  1. Fare errori sui redirect è più facile di quanto si pensi normalmente e le conseguenze per la rilevanza su Google sono davvero tangibili.
  2. Usare i redirect è fondamentale per molti aspetti di ottimizzazione della navigazione di un sito, ma bisogna ottimizzarli e fare attenzione che non si creino involontariamente.
  3. I redirect non sono da considerare come un fattore di posizionamento diretto sui motori di ricerca, ma vanno temuti nel caso si generino loop o catene di reindirizzamento.
  4. Bisogna ricordare che una parte del PageRank della pagina web viene perso quando si fa un redirect, dunque, meglio pensare bene quando e come operare un reindirizzamento.

Roberto Serra

Mi chiamo Roberto Serra e sono un digital marketer con una forte passione per la SEO: Mi occupo di posizionamento sui motori di ricerca, strategia digitale e creazione di contenuti.

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