Le intelligenze artificiali consumano tantissima energia: qual è l’impatto ambientale di Google AI Overviews e Gemini?

Le intelligenze artificiali come AI Overviews e Gemini consumano una quantità di energia mai vista con emissioni di CO2 che hanno effetti devastanti sull'ambiente. 
Anche i data center, che custodiscono i dati necessari alle IA, utilizzano tantissime risorse.
Google aveva promesso zero emissioni entro il 2030, riuscirà a rispettare l'obiettivo?

Google aveva promesso zero emissioni inquinanti entro il 2030, ma l’obiettivo sembra sempre più difficile…

Quando si parla di intelligenze artificiali si trascura un aspetto rilevante: l’impatto sull’ambiente.

Ora, non devi immaginarti le fabbriche da prima Rivoluzione Industriale con i loro fumi neri, ma un inquinamento meno visibile, non per questo meno dannoso.

In quest’articolo ti mostrerò come le IA, come quelle di Google Overviews e Gemini, consumino tantissima energia, quali siano i buoni propositi di Big G per limitare le emissioni di CO2, le opportunità (e i rischi) per l’Italia.

Ma come possono le IA essere inquinanti?

Secondo una ricerca di Alex de Vries, fondatore di Digiconomist, autorevole sito che si occupa di tecnologia e sostenibilità, le risposte generate dall’IA di Google consumano circa tre wattora di elettricità per ricerca, dieci volte il consumo di una ricerca tradizionale!

Pensa che con l’adozione generalizzata di intelligenze artificiali, si prevede che l’energia utilizzata eguaglierebbe il consumo dell’intera Irlanda…

Con l’aumento della domanda di servizi IA, queste cifre sono destinate a crescere esponenzialmente, per cui mi sembra giusto far luce sull’impatto ambientale di queste nuove tecnologie.

Cosa sono i data center e qual è il loro impatto sull’ambiente

I data center sono il cuore pulsante dell’IA, devi immaginarteli come enormi magazzini che ospitano migliaia di server che elaborano e memorizzano dati 24 ore su 24.

Quando interagiamo con un’IA, come un chatbot, la nostra richiesta viene elaborata da uno di questi server, richiedendo una quantità significativa di energia e generando calore che deve essere dissipato tramite complessi sistemi di raffreddamento.

Immagine data center fonte IDA Associazione Italiana Datacenter

Bene, devi sapere che secondo l’Agenzia Internazionale dell’Energia, i data center globali utilizzano circa 200 terawattora di elettricità all’anno, contribuendo a circa l’1% delle emissioni globali di CO2.

E immagina quando AI Overviews, la nuova feature di ricerca di Google che impiega le intelligenze artificiali, sarà utilizzato a livello globale!

Non vorrei intimorirti eccessivamente, ma pensa che già l’energia consumata dai data center di Google raddoppia ogni quattro anni, con un aumento del 50% previsto entro il 2030.

Per cui questi dati, se non si pone un argine, possono solamente aumentare nei prossimi anni.

A ogni azione infatti, come sai, corrisponde sempre una conseguenza e in questo caso è l’ambiente a subirla…

Grafico sulle emissioni CO2 dell'addestramento AI, fonte Università del Massachusetts
Grafico sulle emissioni CO2 delle IA, fonte Università Massachusetts, Amherst

Le intelligenze artificiali sono davvero così inquinanti? (Cosa dicono le ricerche in merito)

L’uso delle intelligenze artificiali ha un impatto ambientale rilevante, vediamo qualche studio nel dettaglio.

Per esempio, modelli avanzati come GPT-3 possono generare fino a 500 tonnellate metriche di CO2, equivalenti a un milione di miglia percorse da un’auto, come spiega Kate Crawford nel suo libro “Né intelligente, né artificiale: il lato oscuro dell’IA”.

Inoltre, l’addestramento di questi modelli richiede grandi quantità di acqua, fino a 700.000 litri per i data center statunitensi di Google e Microsoft.

Grafico emissioni CO2 IA fonte Statista
Grafico emissioni CO2 IA fonte Statista, 12 Giugno 2024

Ora, non ti voglio far diventare luddista, (ovvero un individuo che odia le macchine e rimpiange l’era preindustriale), ma capisci anche tu come uno scenario del genere sia difficile da sostenere in termini di risorse.

Considera poi che secondo OpenAI stessa, addestrare modelli IA può emettere oltre 284 tonnellate di CO2, l’equivalente delle emissioni annuali di cinque auto!

Un ulteriore studio del 2019 ha evidenziato inoltre che i data center globali consumano circa l’1% dell’elettricità mondiale e questa percentuale sarà destinata a crescere con l’aumento dell’adozione delle IA, come riporta The Verge.

Grafico emissioni CO2 IA, fonte The Nature
Grafico emissioni CO2 IA, fonte The Nature
Grafico emissioni CO2 IA, fonte The Nature 2
Grafico emissioni CO2 IA, fonte The Nature 2024

Mi perdonerai se ho esagerato citandoti troppi studi, ma credo sia importante avere un quadro generale della situazione attuale, ma soprattutto verso ciò che ci riserva il futuro.

Questo scenario infatti pone sfide significative per la sostenibilità ambientale, (ricordiamoci che le risorse naturali non sono infinite!) e mette a dura prova le infrastrutture presenti…

Le conseguenze delle IA sulle reti elettriche nazionali: il caso della Virginia del Nord

Credo sia interessante parlarti del caso della Virginia, lo stato degli USA, diventato un epicentro per i data center.

L’ho letto sul sito di Grist, una rivista che si occupa di energia e sostenibilità ambientale, e credo sia emblematico per capire molte cose che presto ci riguarderanno molto da vicino…

Ma vediamo questa storia:

Nel 2019 aziende come Amazon, Google e Microsoft hanno stabilito i loro quartieri generali proprio in Virginia del Nord, precisamente nelle città di Ashburn, Reston, Sterling, Chantilly, Manassas, Herndon, Vienna and Leesburg, tra lo scetticismo dei cittadini, indecisi se gioire per l’opportunità o preoccuparsi.

Data Center più importante della Virginia del Nord negli USA

Bene, pensa che nel 2022 il consumo di energia dei data center ha raggiunto quasi 2,8 gigawatt, causando un aumento del 12% del consumo di energia elettrica nel Northern Virginia, che ha quasi fatto collassare una città dopo l’altra, come in un domino.

Questo, come puoi facilmente immaginare, ha messo a dura prova la rete elettrica, costringendo le autorità a considerare costosi progetti per aumentare la capacità di trasmissione, spesso a spese dei consumatori.

E ovviamente ha sollevato preoccupazioni riguardo la sostenibilità e la capacità delle infrastrutture esistenti di supportare un consumo del genere.

Insomma, i cittadini ora non sembrano più così contenti della scelta e stanno organizzando proteste sempre più rumorose.

E come biasimarli?

A questo punto, allora mi chiedo: conviene o no a una città ospitare tali strutture?

Dipende se le reti cittadine sono in grado di sopportare un tale consumo di energia.

Pensa che nel mondo ci sono oltre 8000 data center! Ma non credo che causino tutti black-out continui…

Le comunità locali non potrebbero sopportarlo, no?

I primi 10 data center del mondo, fonte Scenari Economici.it 16 Gennaio 2024
I primi 10 data center del mondo, fonte Scenari Economici.it, 16 Gennaio 2024

E se ti dicessi che anche in Italia stanno sorgendo numerosi data center?

Ne saresti felice o ti stai già preoccupando?

L’Italia potrebbe diventare un paese ideale per i data center. Ma vediamo quali potrebbero essere i rischi

L’Italia sta emergendo come una possibile destinazione per i data center grazie alla sua posizione strategica nel Mediterraneo e un clima favorevole che può ridurre i costi di raffreddamento, come scrive The Wired.

Il Belpaese, secondo le previsioni, dovrebbe attirare circa 15 miliardi di euro di investimenti entro il 2025, in tal senso.

E io, se penso alle nostre infrastrutture non so se essere contento o meno…

Milano, in particolare, sta diventando un hub per queste strutture, con un’ampia disponibilità di connessioni in fibra ottica e interconnessioni con l’Europa e l’Africa.

La città meneghina con una capacità di 184 MW è in competizione con città emergenti come Madrid (136 MW) e Varsavia (86 MW), mentre Francoforte con i suoi 791 MW è ancora lontana.

Sempre secondo The Wired, entro il 2025, il consumo energetico dei data center in Italia potrebbe raggiungere i 10 terawattora all’anno, rappresentando circa il 3% del consumo energetico nazionale.

Quest’eventualità però non è priva di rischi.

L’alto consumo di energia infatti potrebbe mettere sotto pressione la rete elettrica nazionale, che già fa affidamento su importazioni di combustibili fossili come carbone, gas e petrolio.

Inoltre, l’aumento della domanda di elettricità potrebbe portare a un aumento delle emissioni di CO2, se non compensato da fonti rinnovabili.

Infine, c’è il rischio di esaurimento delle risorse idriche necessarie per il raffreddamento dei data center, un problema particolarmente acuto nelle regioni già afflitte dalla scarsità d’acqua.

Finora solo aspetti negativi, ma cerchiamo di vedere anche il bicchiere mezzo pieno…

I data center possono essere un’opportunità? (Vediamo se sono così inquinanti come si pensa…)

Nonostante i problemi energetici, i data center possono avere effetti positivi sull’ambiente.

Molti di loro infatti utilizzano tecnologie di raffreddamento ad alta efficienza e sfruttano fonti di energia rinnovabile per ridurre l’impatto ambientale.

In Italia, ci sono esempi di data center che utilizzano energia solare, eolica o idroelettrica, riducendo drasticamente le emissioni di CO2.

Il caso di quello di San Romedio in Trentino per esempio è davvero curioso ed emblematico come documenta un articolo de Il Sole 24 Ore.

Essi quindi possono anche essere sostenibili e costruiti con materiali eco-compatibili, come tetti verdi, sistemi di gestione delle acque piovane e l’uso di illuminazione a LED.

Inoltre, possono contribuire alla decentralizzazione della produzione energetica, utilizzando l’energia in eccesso per alimentare le reti locali e riducendo la dipendenza dalle centrali elettriche tradizionali.

Questi sviluppi mostrano come, con l’innovazione e l’impegno, i data center possano diventare parte della soluzione ai problemi energetici piuttosto che esserne la causa, almeno di questo sembra convinto il professore di economia Michele Governatori, su Derrick, il programma di Radio Radicale che si occupa di Energia e Sostenibilità.

Prima di pensare alla grande opportunità però è giusto ricordare come manchi del tutto una regolamentazione degna di questo nome.

Infatti, attualmente, i data center sono classificati come edifici industriali generici e ciò comporta lungaggini burocratiche che rallentano l’apertura di nuovi centri, creando incertezze per gli investitori che vedono allungarsi i tempi per il ritorno degli investimenti.

Google si impegna ad azzerare le emissioni di CO2 nel 2030: c’è da fidarsi o è solo “green washing”?

Google ha promesso di raggiungere zero emissioni nette entro il 2030 e di alimentare le sue operazioni con energia completamente rinnovabile.

Ma se devo essere sincero, soprattutto dopo tutti i dati che ti ho presentato, l’obiettivo di zero emissioni formulato da Google nell’Environmental Report 2024, sembra quasi un’utopia.

E riguardo ai data center ci sono novità?

Sì, Big G ha investito in progetti di energia rinnovabile per compensare le emissioni dei suoi data center. Ad esempio, nel 2024 ha annunciato un investimento di 1 miliardo di dollari in progetti solari e eolici in tutto il mondo.

Ma queste iniziative non eliminano completamente l’uso di combustibili fossili perciò è comprensibile che i critici non manchino…

Nonostante le promesse di sostenibilità, infatti Google è stata accusata di “green washing”, ossia di pubblicizzare iniziative ecologiche che nascondono pratiche meno sostenibili.

Greenpeace per esempio ha evidenziato la dipendenza di Google dai combustibili fossili per sviluppare tecnologie di IA che aumentano la produzione di petrolio.

Secondo un rapporto di Greenpeace, nonostante gli impegni di Google verso l’energia rinnovabile, il 34% dell’energia utilizzata dai suoi data center nel 2023 proveniva ancora da fonti fossili.

Questa discrepanza perciò solleva seri dubbi sulla genuinità degli sforzi di sostenibilità dell’azienda…

Grafico su emissioni co2 Alphabet fonte Statista 2024
Grafico delle emissioni inquinanti di Google e Alphabet, fonte Statista 2024

I data center possono essere “green”? (Sì nello spazio…)

Abbiamo visto come coniugare rispetto per l’ambiente e tecnologia IA richiede innovazione, programmazione e impegno.

È essenziale perciò promuovere la ricerca su tecnologie di IA che riducano l’impatto ambientale, come algoritmi più efficienti e hardware meno energivori.

Un esempio di innovazione potrebbe essere l’uso di data center nello spazio.

Esatto, hai capito bene.

Appena ho letto la notizia su CNBC, ho ripensato a un episodio di Futurama in cui la spazzatura veniva spedita nello spazio, per evitare di inquinare ulteriormente la Terra.

Spoiler facilmente prevedibile: non finiva bene!

Ma vediamo cosa questo significhi concretamente…

Secondo uno studio dell’Unione Europea, questi data center “spaziali” potrebbero essere alimentati da energia solare 24 ore su 24 e non richiederebbero acqua per il raffreddamento, riducendo così l’impatto ambientale complessivo. Tutto semplice, no?

Peccato che la realizzazione di questi progetti richieda nuove tecnologie di lancio a basse emissioni e combustibili più sostenibili, ancora un miraggio e davvero costosissime (almeno per ora…)

Concludendo, penso che l’innovazione tecnologica sia possibile anche senza devastare l’ambiente, ma dev’esserci la volontà politica prima di tutto.

Ma prima di pensare di andare sullo spazio, forse dovremmo pensare all’inquinamento del nostro pianeta, non pensi?

Anche perché, memore di quell’episodio di Futurama che ti ho detto, non vorrei che riducessimo l’universo come abbiamo ridotto la Terra.

Sì, lo so, il cosmo è infinito, ma non sottovalutare la capacità inquinante di un terrestre…

Takeaways

  • Le intelligenze artificiali di Google, come Overviews e Gemini, consumano enormi quantità di energia, con una singola risposta dell’IA che richiede circa tre wattora di elettricità, dieci volte il consumo di una ricerca tradizionale.
  • I data center, che sono cruciali per il funzionamento delle IA, utilizzano circa 200 terawattora di elettricità all’anno, contribuendo a circa l’1% delle emissioni globali di CO2. Questo consumo è in crescita esponenziale, ponendo serie sfide ambientali.
  • Modelli avanzati di IA, come GPT-3, possono generare fino a 500 tonnellate metriche di CO2. L’addestramento di questi modelli richiede anche grandi quantità di acqua, mettendo sotto pressione le risorse naturali.
  • L’aumento della domanda di servizi IA sta mettendo a dura prova le reti elettriche nazionali, come dimostrato dal caso della Virginia, dove il consumo di energia dei data center ha causato quasi il collasso delle infrastrutture locali.
  • L’Italia potrebbe diventare un hub per i data center grazie alla sua posizione strategica e infrastrutture, ma questo comporta rischi significativi per la rete elettrica nazionale e le risorse idriche. Tuttavia, con innovazioni e l’uso di energie rinnovabili, i data center possono diventare meno inquinanti.

FAQ

Qual è l’impatto ambientale delle intelligenze artificiali di Google come Overviews e Gemini?

Le intelligenze artificiali di Google, come Overviews e Gemini, consumano enormi quantità di energia. Una singola risposta dell’IA può richiedere circa tre wattora di elettricità, dieci volte il consumo di una ricerca tradizionale.

Qual è l’impatto ambientale dei data center?

I data center, fondamentali per il funzionamento delle IA, utilizzano circa 200 terawattora di elettricità all’anno, contribuendo a circa l’1% delle emissioni globali di CO2. Con l’aumento della domanda di servizi IA, questa cifra è destinata a crescere.

Quali sono i rischi e le opportunità per l’Italia riguardo ai data center?

L’Italia potrebbe diventare un hub per i data center grazie alla sua posizione strategica e alle buone infrastrutture di rete. Tuttavia, questo comporta rischi significativi per la rete elettrica nazionale e le risorse idriche. Con innovazioni e l’uso di energie rinnovabili, i data center possono diventare meno inquinanti.

Roberto Serra

Mi chiamo Roberto Serra e sono un digital marketer con una forte passione per la SEO: Mi occupo di posizionamento sui motori di ricerca, strategia digitale e creazione di contenuti.

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