Migrare un sito web è una delle operazioni più rognose da fare lato SEO, ma il modo per uscirne puliti ed evitare danni c’è
Fare una migrazione SEO può essere più rischioso che dire a tua suocera che non ti presenterai al prossimo pranzo domenicale.
Se ci pensi bene:
- nel caso della suocera, lei si arrabbia, ti tira una ciabatta e poi… amici come prima;
- nel caso del sito aziendale invece, il traffico puoi anche perderlo per sempre 🤦.
Migrare un sito web equivale a smontarlo e rimontarlo e non è scontato che, una volta fatto, tutto torni come prima e se qualcosa va storto ti garantisco che i motori di ricerca impiegano poco tempo ad accorgersene (e affondarti).
Di conseguenza, secondo me c’è un solo modo per fare una migrazione SEO: farla come si deve, senza la minima sbavatura.
Dirai: ma va! Peccato però che ancora oggi ne vedo di ogni e siccome è un’operazione che presto o tardi potrebbe toccare anche al tuo sito, ti consiglio di scoprire cosa ho imparato sul tema.
Nel mio percorso da consulente SEO ne ho orchestrate abbastanza da perdere il conto e quasi mai si è trattato di una passeggiata al parco.
Migrare un sito: un problema antico come il web
La migrazione di un sito è una pratica vecchia quanto il World Wide Web. Dal momento della comparsa dei primi siti internet negli anni ‘90, non passò molto prima che alcuni di questi manifestassero la necessità di essere migrati.
Ma perché si parla di “migrazione” quando un sito web sembra tutto tranne che un qualcosa di nomade?
In sintesi, si usa quella espressione perché si tratta del processo di trasferimento dei dati e delle funzionalità di un sito da un ambiente tecnico a un altro. Questo può includere:
- il cambiamento verso un miglior hosting;
- un cambio di server;
- lo spostamento verso altro nome a dominio;
- la transizione a un nuovo sistema di gestione dei contenuti (CMS);
- l’aggiornamento dell’infrastruttura tecnica sottostante.
In principio, fare una migrazione non spaventava proprio nessuno. I siti web erano abbastanza semplici perché composti principalmente di pagine statiche HTML. Si trattava, dunque, quasi di un banale copia e incolla da un server all’altro tramite protocollo FTP (file transfer protocol).
Tutto è cambiato a partire dagli anni 2000. Con la crescita del web e l’introduzione di tecnologie più avanzate come CSS, JavaScript e database, i siti web sono diventati più complessi e, con l’introduzione di content management systems (CMS) come WordPress, Joomla e Drupal per la gestione dei contenuti web, la migrazione di un sito web ora includeva non solo il trasferimento di file HTML, ma anche database e configurazioni di CMS.
Ma da dove può nascere oggi l’esigenza di migrare un sito web?
Migrare può essere importante o inevitabile, ma a chi affidarti?
Entro subito nel vivo della questione partendo dall’aspetto che ritengo più centrale: quando e perché si sceglie di migrare?
Per rispondere, è il caso di approfondire un pelo le motivazioni più comuni per cui si decide di procedere. Lo faccio attraverso qualche statistica interessante di uno studio realizzato da Reddico.uk:
🌐 Casi Comuni di Migrazione e Problemi Associati | % di casistica | 📋 Descrizione |
---|---|---|
Cambio di Piattaforma o CMS | (45%-50%) | Migrazioni dovute al cambio di sistema di gestione dei contenuti (CMS) sono tra le più comuni. Lo si fa spesso quando il CMS esistente non soddisfa più le esigenze del sito, sia in termini di funzionalità che di scalabilità. |
Cambio di Dominio | (30%-35%) | Le aziende cambiano dominio per vari motivi, tra cui il rebranding o l’acquisizione di un dominio più ottimale per la SEO. Questo tipo di migrazione è associato a rischi elevati di perdita di traffico e ranking se non gestito correttamente. |
Ristrutturazione del Sito | (20%-25%) | Include migrazioni legate a modifiche della struttura del sito, come una riorganizzazione delle URL o un aggiornamento del design. Queste migrazioni tendono a essere meno rischiose ma richiedono comunque una pianificazione attenta per evitare errori di crawlabilità e problemi lato SEO. |
Migrazioni per Motivi di Sicurezza | (15%-20%) | Alcuni siti migrano per motivi di sicurezza, come il passaggio da HTTP a HTTPS. Queste migrazioni sono generalmente meno complesse ma possono ancora presentare rischi se i redirect non vengono configurati correttamente. |
Consolidamento del Sito | (10%-15%) | Avviene spesso dopo acquisizioni aziendali, dove si uniscono più domini sotto un’unica entità. Questo tipo di migrazione può migliorare l’autorità di dominio ma è complicato da gestire. |
La maggior parte delle aziende può presentare necessità, come quelle discusse in tabella, capaci di portare alla scelta di spostare il sito altrove. Ma a chi affidarsi per compiere un’operazione così delicata?
Toc Toc, chi è?
Ué Pasqualino sono, quello di Tech e Taralli, passavo di qua, che dici: ti posso migrare un attimo il sito?
Una migrazione è una roba seria se parliamo di siti aziendali, anzi serissima, e il problema è che in pochi se ne rendono davvero conto. Voci autorevoli come Velox Media stimano che il 60% delle migrazioni possa presentare problemi significativi.
In altre parole: è altamente probabile che qualcosa vada storto, ma in che senso?
Per permetterti di capire prendiamo in esame due situazioni-tipo:
- Bisogna migrare il sito dell’autofficina di Gorgoglione Lucano (provincia di Potenza):
- traffico annuo: una persona ci è capitata per sbaglio e se n’è pentita
- keywords posizionate: alcuni raccontano che fosse primo su Google per “Autofficina Mario” in alcuni periodi dal 2003 al 2005.
- C’è da migrare l’ecommerce di supersitodesempio.net:
- fatturato annuo: 3 milioni di euro
- traffico: 72.000 visite mensili
- keywords posizionate in top 3: 1.475
Ora, per sbrigare l’opzione A, Pasqualino va benissimo. Si siede alla sua scrivania, cerca il mouse tra i taralli e i CD di installazione di Windows ‘98, e fa quello che deve fare.
Ma se parliamo di opzione B (che è la situazione-tipo dei clienti con cui mi confronto io) credimi, non c’è Pasqualino che tenga, e per un motivo molto semplice:
Se un sito già avanti lato SEO ha la necessità di migrare e qualcosa va storto, quel fiume di traffico dai motori di ricerca potrebbe prendere un’altra direzione.
E quando ciò accade è molto probabile che anche fette consistenti di quel fatturato vadano per altri lidi (quelli dei competitor). Ti parlo di perdite potenziali nell’ordine del 20/40/60% (come documentato ad esempio qui). Il danno dipende ovviamente dalla qualità del traffico, ma una cosa è certa: se succede sono mani nei capelli (se ce li hai, io pochi 😅).
Tutto questo per dirti sostanzialmente quanto segue:
- Occhio alla figura che gestisce la migrazione
- Valuta bene il rapporto rischi/benefici dell’operazione
PRIMA di prendere la decisione definitiva su SE migrare devi pensarci dieci volte e alla fine procedi solo se inevitabile o se i benefici superano di gran lunga i rischi.
Rapporto rischio/beneficio di una migrazione SEO
Fatte le dovute valutazioni preliminari, se stai pensando di procedere è bene che tu sia consapevole dei rischi e dei benefici di una migrazione.
Sì perché, per fortuna, c’è anche l’altra faccia della medaglia, ovvero la possibilità che la migrazione sia un successo e che si traduca nel primo mattoncino verso un miglioramento del ranking e del fatturato generato dal tuo sito aziendale.
Come disse Aleyda Solis, collega SEO di fama internazionale:
Website migrations are one of the most challenging yet rewarding projects you can undertake in SEO. They can break or make your website’s success.
Aleyda Solis – fondatore di Orainti
Ora lascia che ti faccia una panoramica delle cose che più spesso ho visto andare storte durante una migrazione.
Gestione errata dei redirect
I redirect 301 sono fondamentali per trasferire l’autorità SEO dai vecchi URL ai nuovi durante una migrazione. Errori come dimenticare di impostare i redirect o usare redirect temporanei (302) invece di permanenti (301) possono portare a una perdita significativa di traffico organico e di posizionamento nei motori di ricerca. Abbiamo poi:
- Un altro rischio potenziale: le catene di redirect (reindirizzamenti plurimi);
- o i loop di redirect, dove un URL reindirizza circolarmente a se stesso, col rischio di bloccare i bot di scansione dei motori di ricerca e causare problemi di indicizzazione.
Aggiungo, poi, che i redirect massivi – cui si assiste durante molte migrazioni – sono problematici anche per altri motivi. Uno su tutti: la perdita di una piccola parte dell’autorevolezza trasmessa dai backlink che puntano alle pagine reindirizzate.
Non si può dire che questa perdita sia la catastrofe definitiva, ma non può certo far piacere. Ottenere backlink è sempre complesso e costoso, e te lo dice uno che da anni gestisce un servizio di link building vitale per le performance dei progetti dei propri clienti.
Non curanza della sitemap
Dopo una migrazione, è fondamentale aggiornare la sitemap XML per comunicare la nuova sistemazione degli URL ai motori di ricerca. Una sitemap obsoleta può confondere i crawler e rallentare il processo di re-indicizzazione del sito.
Errori presenti nel file robots.txt
Durante la migrazione, può accadere che il file robots.txt blocchi accidentalmente l’accesso dei bot di scansione verso le nuove pagine del sito, impedendone l’indicizzazione. È essenziale controllare e aggiornare correttamente questo file durante il processo di migrazione.
Generazione di pagine orfane
Le cosiddette “orphan pages”, pagine che non hanno collegamenti nel sito, rischiano rimanere non indicizzate. Durante la migrazione, è importante assicurarsi che tutte le pagine importanti siano facilmente accessibili tramite i link interni.
Modifiche alla struttura degli URL (questa è la morte)
Cambiare drasticamente la struttura degli URL senza un piano chiaro di redirect causerà al 90% perdita di traffico.
Rimozione o unione di contenuti
Durante una migrazione, la rimozione di contenuti o l’unione di più pagine può creare problemi SEO, specialmente se il contenuto rimosso aveva un buon posizionamento o se la nuova struttura di un contenuto non è ottimizzata correttamente.
Appesantimento del sito con relativo incremento del tempo di caricamento
Può sembrare paradossale ma ti garantisco che capita in continuazione. Arriva il super grafico, fa un mega layout pieno di animazioni e fuochi d’artificio ed il sito diventa un carrozzone con il freno a mano tirato. Quando una migrazione comporta un peggioramento delle performance del sito, questo può riflettersi, sui core web vitals, sul ranking e sull’esperienza utente. È essenziale ottimizzare la performance del nuovo sito per mantenere e migliorare il posizionamento post-migrazione.
Ok, mi sembra di essere stato abbastanza chiaro sul fatto che migrare sia una bella gatta da pelare. Ma ammettiamo che tutto fili liscio per un secondo…
Non dobbiamo sottovalutare il fatto che le migrazioni si fanno anche mettendo nel mirino benefici che possono seriamente svoltare in meglio le performance e i risultati del sito. Dunque quali boost si possono ottenere da una migrazione:
- Sito più veloce e prestante (migliore UX e quindi potenziale miglioramento del ranking SEO)
- Ottimizzazione SEO (migliore struttura e organizzazione degli URL)
- Più sicurezza (il passaggio da HTTP a HTTPS, ad esempio, protegge i dati degli utenti ed è ben visto dai motori di ricerca)
- Consolidamento e unificazione del brand (con la migrazioni si possono migliorare aspetti del brand, cosa che oggi non è più secondaria)
- Espansione e scalabilità (spesso si migra verso una piattaforma più scalabile per gestire meglio il traffico in crescita e lanciare nuove funzionalità)
- Risoluzione di problemi tecnici (correzione di errori tecnici esistenti, come link rotti e problemi di indicizzazione)
- Aggiornamenti tecnologici (occasione per implementare nuove tecnologie e standard di compatibilità e performance).
Vuoi un riassunto per immagini di tutto quello che ho detto?
Quando qualcosa va storto puoi vedere quest’altro tipo di grafico:
Scherzi a parte la situazione potrebbe seriamente essere questa:
Non ti dico la faccia del cliente che è venuto da me con la Search Console messa così dopo aver provato una migrazione palesemente malriuscita.
I miei suggerimenti per una corretta migrazione SEO
- Prima di avviare qualsiasi migrazione, è cruciale avere a disposizione un backup recente del vecchio sito. Questo passo fondamentale ti permette di recuperare facilmente i contenuti originali in caso di problemi. Personalmente, preferisco dedicare più tempo a questo tipo di preparativi piuttosto che correre rischi inutili.
- Definire una lista completa delle pagine attualmente indicizzate in Google Search e Google Immagini è un passaggio chiave. Inoltre, assicurati di avere la lista dei backlink esistenti prima della migrazione. Questo ti consente di monitorare la situazione post-migrazione e di evitare la perdita di importanti link esterni, che sono cruciali per il posizionamento del sito.
- Assicurati di avere una scansione (io uso screaming frog) completa del vecchio sito e del sito in fase di sviluppo. È importante salvare la struttura URL, i dati e le performance prima della migrazione, come il traffico organico, le principali parole chiave di posizionamento e il numero di utenti. Questi dati ti permetteranno di fare un confronto accurato con le performance post-migrazione e di individuare rapidamente eventuali problemi.
- Nel caso in cui tu debba modificare le URL, è essenziale gestire i redirect mappando tutte le vecchie URL e associando a ciascuna la nuova URL di reindirizzamento. Questo evita la perdita di traffico e mantiene la continuità dell’esperienza utente.
- Quando si tratta del nuovo sito, è fondamentale che sia ottimizzato per i motori di ricerca. Elementi come tag title, meta description e heading tag devono essere mantenuti il più possibile invariati rispetto alla loro versione originale per evitare impatti negativi sul posizionamento. Anche i contenuti testuali dovrebbero rimanere immutati prima della migrazione per poter analizzare più facilmente eventuali cali di traffico.
- Assicurati che la sitemap.xml del nuovo sito funzioni correttamente e inviala a Google Search Console. È importante includere solo URL canoniche per evitare pagine duplicate. Modifica il file robots.txt per includere la nuova sitemap e assicurati di non bloccare risorse o sezioni del sito che devono rimanere accessibili.
- Una volta estrapolati tutti gli URL del vecchio sito, le landing page organiche, le immagini e l’elenco delle pagine più linkate, avvia i redirect dai vecchi URL ai nuovi, assicurandoti che ogni pagina sia redirezionata alla sua corretta controparte.
- Monitora attentamente, tramite Google Search Console, il numero di pagine indicizzate pre e post-migrazione per verificare che il processo stia procedendo senza intoppi.
- Richiedi l’indicizzazione di tutte le principali pagine del sito tramite Google Search Console per garantire che il motore di ricerca interpreti correttamente i redirect.
- Dopo la migrazione, effettua ulteriori test sui redirect per assicurarti che tutto funzioni correttamente. Controlla che tutte le pagine del nuovo sito abbiano una buona velocità di caricamento, un aspetto fondamentale per l’esperienza utente.
- Dopo la migrazione, verifica nuovamente i redirect per assicurarti che tutto funzioni correttamente e controlla che tutte le pagine del nuovo sito abbiano una buona velocità di caricamento. Se ritieni importante il nostro lavoro, puoi sostenerci abbonandoti al sito.
- Non temere eventuali ritardi nel lancio del nuovo sito: è molto meglio prendersi il tempo necessario per eseguire controlli dettagliati piuttosto che affrettarsi e rischiare di commettere errori evitabili!
- Quando sei soddisfatto del tuo sito di staging, è importante dare temporaneamente accesso al crawler di Google (Googlebot). Questo passaggio è essenziale per assicurarsi che Google possa eseguire correttamente la scansione e l’indicizzazione del sito. Per farlo, dovrai rimuovere la protezione con password.
- Successivamente, aggiungi e verifica il tuo sito su Google Search Console (GSC). Vai alla sezione “Indicizzazione” e seleziona “Pagine”. Dopo un po’ di tempo, dovresti trovare che tutte le tue pagine sono segnate come “Non indicizzate”. Questo significa che Googlebot può eseguire la scansione delle pagine e che i tag noindex stanno funzionando correttamente.
- Se alcune pagine mancano o ci sono errori di indicizzazione non correlati ai tag noindex, potrebbe esserci un problema che influenzerà il tuo SEO dopo la migrazione. Assicurati di investigare e risolvere questi problemi di crawlabilità.
- Una volta completata questa verifica, puoi reimpostare la protezione con password e procedere con il prossimo passaggio.
Quando sei soddisfatto del tuo sito di staging, è importante dare temporaneamente accesso al crawler di Google (Googlebot). Questo passaggio è essenziale per assicurarsi che Google possa eseguire correttamente la scansione e l’indicizzazione del sito. Per farlo, dovrai rimuovere la protezione con password.
Successivamente, aggiungi e verifica il tuo sito su Google Search Console (GSC). Vai alla sezione “Indicizzazione” e seleziona “Pagine”. Dopo un po’ di tempo, dovresti trovare che tutte le tue pagine sono segnate come “Non indicizzate”. Questo significa che Googlebot può eseguire la scansione delle pagine e che i tag noindex stanno funzionando correttamente.
Se alcune pagine mancano o ci sono errori di indicizzazione non correlati ai tag noindex, potrebbe esserci un problema che influenzerà il tuo SEO dopo la migrazione. Assicurati di investigare e risolvere questi problemi di crawlabilità. Una volta completata questa verifica, puoi reimpostare la protezione con password e procedere con il prossimo passaggio.
Le migrazioni SEO secondo la mia esperienza
Cosa conta davvero secondo me per portare a termine con successo la migrazione SEO del tuo sito?
Come dice il Vangelo secondo Roberto: l’analisi dei dati (quelli pre e post migrazione).
Le migrazioni SEO che ho gestito nel corso degli anni mi hanno insegnato una cosa fondamentale: non esiste un approccio unico che funzioni per tutti.
Ogni progetto web ha le sue verità e queste, credi a me, sono sempre scritte nei dati. Ed è proprio analizzandoli che sono riuscito molto spesso a trasformare le migrazioni da enormi problemi a opportunità di ROI per i miei clienti.
Dalla pianificazione iniziale al monitoraggio post-lancio, ci sono tantissime cose da analizzare che possono rendere l’operazione un successo. Anzitutto però, bisogna focalizzarsi su domande del tipo:
- Quali pagine fanno più traffico sul sito?
- Quante e quali pagine generano conversioni?
- Qual è la velocità di caricamento?
- Quanti e quali backlink puntano alle pagine principali?
- Qual è il tempo medio di permanenza sul sito?
- Quali sono i canali di acquisizione del traffico e come potrebbero essere influenzati dalla migrazione?
Se tutto fila liscio, i risultati possono essere sorprendenti: più traffico, più conversioni e più sicurezza. E, se qualcosa va storto, ho imparato che c’è sempre una soluzione, spesso nascosta nella pazienza e nell’esperienza.
E tu? Sai già che dovrai affrontare una migrazione, oppure vuoi scoprire se ne hai bisogno?
In ambo i casi, hai solo 3 opzioni:
- Puoi fare da te (ma hai già visto dove ti possono portare le soluzioni caserecce 😅)
- Puoi contattare Pasqualino da Gorgoglione Lucano (ma non credo tu abbia una semplice autofficina da posizionare)
- Oppure puoi contattare me e… ci penserò io a far migrare il tuo sito in un porto sicuro, così tu potrai tornare a preoccuparti solo delle tue cose, tipo convincere la suocera che il pranzo domenicale è sopravvalutato! 🍝😄
🏆 Take Aways…
- Le migrazioni SEO non seguono un approccio unico per tutti.
- L’analisi dei dati pre e post migrazione è fondamentale per il successo.
- Una migrazione SEO ben gestita può trasformare problemi in opportunità di ROI.
- Esistono soluzioni anche quando la migrazione non va come previsto.