Appunti  

Neuromarketing: 17 Tecniche di Persuasione Digitale (che devi provare).

Neuromarketing & Web.

Guarda queste due immagini e dimmi: Provando a dargli un nome quale delle due si chiama Mouba e quale si chiama Kikka?

Neuromarketing applicato al web: test persuasione immagini web

Per me Mouba è quella di sinistra e quanto stai per leggere ti farà capire perché invece, anche per te, è molto probabile che Kikka sia quella di destra.

Vuoi sapere cosa penso del neuromarketing applicato al web design?

Ho passato davvero un sacco di tempo a studiarci su e lascia che ti dica sinceramente che stiamo parlando di qualcosa che funziona dannatamente bene.

Queste tecniche – per quanto funzionano – non solo mi piacciono, no. Mi fanno proprio uscire di testa. Parliamo di un reale incremento di CTR, dei Lead e di dio solo sa cosa grazie a qualche piccola ma potentissima modifica sul tuo layout.

Si, hai capito bene. Qualche SEMPLICE modifica alla portata di chiunque. Perlomeno di chiunque conosca ciò che ti sto per raccontare oggi.

Tu vuoi ottimizzare il tuo sito web, e vuoi farlo nel migliore dei modi. Vuoi portare i tuoi utenti ESATTAMENTE qui. Dove sei anche tu ora. A leggere ciò che hai scritto con fatica, ad accompagnarli nell’idea che tu sia la persona giusta per dargli una mano nel loro lavoro.

Aiutarli a capire che contattandoti non hanno che da guadagnarci.

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Ci ho lavorato di giorno e spesso anche di notte davanti al mio monitor . Conosci il rumore che fanno i tasti della tastiera alla sera? Sempre “TAc” “TAc” . Ciò che cambia e che poi ti giri e si sono fatte le 4:00… (di nuovo)

Ho letto ore e ore, libri su libri e dopo anni mi rendo conto che alcuni articoli si sono rivelati POTENTISSIMI. Tra questi ce n’è addirittura uno – dei pochi – che ricordo di aver segnato a penna sul primo foglio della stampante che mi fosse capitato a tiro sulla mia scrivania.

Tanta era la paura di scordarlo.

Oggi voglio condividere con te queste perle preziose. Perché? Semplice, se le se saprai applicare potrebbero rivoluzionare ciò che succede sulle tue pagine.

Attenzione però: Non sarà una magia.

Dovrai impegnarti seriamente. Partendo dal leggere tutto questo articolo che mi è costato oltre 10 giorni di lavoro e che non a caso ti farà fare WAU! portandoti a pensare che condividerlo sui social sia una buona cosa.

Seguimi.

Su queste basi, questa guida sull’ottimizzazione delle Homepage e delle Landing Page dei siti web, attraverso le migliori tecniche di persuasione per il tuo lancio digitale, potrebbe davvero far fare un salto al tuo business.

Come di certo sai, infatti, per l’ottimizzazione della tua homepage devi pensare alla SEO, alla grafica e al copywriting, ma non solo: per vedere crescere i risultati e le conversioni devi anche mettere in campo le migliori tecniche di persuasione.

Ti stai forse domandando perché, da consulente SEO ti sto suggerendo interessarti anche alle tecniche di persuasione?

Te lo già detto: perché funzionano dannatamente bene. Con la SEO ti fai trovare, con la persuasione puoi portare il tuo utente ad agire.

Siamo nel terzo millennio, nell’era dell’iperconnessione, del commercio digitale, del mobile che diventa un prolungamento del nostro corpo, insomma non hai vie di scampo, ogni lancio deve per forza essere un lancio digitale: il tuo sito deve dunque essere ben indicizzato e realizzato in modo da persuadere tutti i tuoi potenziali clienti.

Insomma, apri bene le orecchie: se hai già lanciato il tuo prodotto o servizio online, o se ti stai apprestando a farlo, questa guida può davvero aiutarti a centrare alcuni dei più tuoi più rosei obiettivi.

Neuromarketing applicato al web: neuromarketing e neuroscienza applicata al web design

Ecco le tecniche di persuasione per il tuo lancio digitale: parliamo di scienza

Tu sei seduto dietro la tua scrivania in ufficio, davanti al tuo personal computer; o magari sei sul più comodo divano della tua casa, con il tuo tablet.

In ogni modo, non siamo al bar, e non facciamo chiacchiere da bar.

Ogni singola strategia che andremo a vedere insieme in questo post dedicato all’ottimizzazione di homepage e landing page attraverso le migliori tecniche di persuasione per il tuo lancio digitale è infatti basata sull’analisi della psicologia dei consumatori, per poi essere provata sul campo.

E non parleremo di pure e semplici teorie: ogni tecnica che ti proporrò sarà infatti accompagnata da un esaustivo esempio pratico, così potrai davvero capire quanto può essere utile e come metterla in pratica nel tuo specifico caso.

Prima di iniziare

E se hai ancora dubbi sull’efficacia delle tecniche di persuasione per il tuo lancio digitale, pensa un po’ al fatto che lo psicologo israeliano Daniel Kahneman ha ricevuto il Premio Nobel in scienze economiche proprio per le sue numerose ricerche sulle tecniche di persuasione, nei quali ha dimostrato che persino i pensatori più razionali ne vengono pesantemente influenzati.

Neuromarketing applicato al web: kahneman pensieri lenti e pensieri veloci

E poi ci sono moltissimi altri studiosi e addetti ai lavori che negli ultimi anni hanno dimostrato la concretezza delle tecniche di persuasione, riportando nelle loro pubblicazioni i vari risultati raggiunti duranti i loro test.

Penso per esempio a Robert Cialdini e al fatto che, grazie alla concretezza dei suoi studi, ha venduto più di 3 milioni di libri; ma i nomi da ricordare, insieme questi due, sono davvero tanti, sia all’estero che in Italia.

Neuromarketing applicato al web: robert-cialdini-le-armi-della-persuasione
Questo è imperdibile.

 

Entro la fine di questo post, in ogni caso, imparerai anche i nomi dei più famosi psicologi che hanno contribuito in modo importantissimo allo sviluppo delle fondamentali tecniche di persuasione per il tuo lancio digitale.

Il successo delle tecniche di persuasione a livello mondiale è tale che, in alcuni casi, queste sono già stata riunite a formare una vera e propria disciplina che viene insegnata in molte delle più prestigiose Scuole di Business a livello internazionale.

La stessa Università di Stanford, per esempio, ha dato il via al suo ‘Laboratorio di tecnologia persuasiva’.

Grazie a queste tecniche di persuasione potrai ricevere +850% di leads in più.

Per darti subito un assaggio dell’importanza delle tecniche di persuasione nell’ottimizzazione di Homepage e Landing Page, ti riporto seduta stante i risultati di uno studio portato avanti recentemente da Unbounce, che proprio di ottimizzazione di siti web si occupa.

Ebbene, la ricerca effettuata ha preso in esame 64.284 landing page le quali potevano vantare un totale di 74.500.000 visitatori.

La tecnologia a supporto delle landing page analizzate da Unbounce era esattamente la stessa: la base di partenza, dunque, è uguale per tutti i siti web analizzati. Ebbene, il risultato ha dimostrato che le landing page migliori avevano guadagnato l’850% in più in termini di tasso di conversione rispetto al gruppo delle pagine meno performanti.

Insomma, hanno collezionato non il doppio, non il triplo, ma ben 8,5 volte leads in più delle pagine peggiori, e tutto questo a parità di tecnologia.

A creare questa enorme forbice, come è stato spiegato all’interno dello studio, è stato proprio l’utilizzo intelligente ed efficiente delle tecniche di persuasione, unite agli sforzi per ridurre al minimo i rallentamenti cognitivi e cercando di mettere in campo gli stimoli per attivare i più appropriati bias cognitivi.

Attenzione: in questo post parleremo in maniera davvero profusa di bias cognitivi.

Ma tu sa cosa sono?

A prima vista potrebbe sembrare qualcosa di davvero difficile ed estraneo alle nostre tematiche, ma invece ti renderai conto tra qualche riga che parliamo di qualcosa che tu hai imparato a conoscere nella tua normale vita quotidiana.

Quando si parla di un bias cognitivo ci si riferisce ad un giudizio, talvolta un pregiudizio, che non è basato sull’evidenza, quanto invece su un’interpretazione sommaria, soggettiva e spesso errata di un qualche fenomeno. Ecco, adesso in linea di principio sai certamente cos’è un bias. Tra alcuni paragrafi, in ogni caso, troverai degli esempi ad hoc che potranno illuminarti completamente.

Il NeuroMarketing moltiplica il tuo tasso di conversione!

Ma torniamo a noi. Sai perché ti ho fatto l’esempio di Unbounce?

Prima di tutto, volevo dimostrarti la potenza delle tecniche di persuasione nell’ottimizzazione delle landing page e delle home page; in secondo luogo, poi, volevo darti un assaggio di quale potrà essere il miglioramento in termini di conversione una volta che avrai messo a frutto tutti gli insegnamenti sulle tecniche di persuasione per il tuo lancio digitale.

Come ha spiegato Bryan Eisenberg, firma del New York Times, del Wall Street Journal, di Business Week e di USA Today – oltre che autore di besteller come Always Be Testinting e Call to Action

«le compagnie che pianificano e ottimizzano i propri siti con le tecniche persuasive riescono normalmente a raggiungere un tasso di conversione dalle due alle quattro volte maggiori rispetto alle conversioni medie dei loro concorrenti».

Neuromarketing applicato al web: Bryan Eisenberg
Bryan Eisenberg. New York Times

Ecco, dopo queste impressionanti premesse, direi che siamo assolutamente pronti per passare ai fatti: ecco le 17 migliori tecniche di persuasione per il tuo lancio che puoi mettere in pratica già da domani per ottimizzare al meglio la homepage e le landing page – e non solo – del tuo sito web!

Insomma, mettiti comodo, perché come avrai capito il nostro viaggio non sarà brevissimo.

Ma non temere di annoiarti, il nostro viaggio non è breve, ma il nostro treno viaggia davvero veloce, e per questo devi essere attento e carichissimo: tu mettici del tuo, che io ci metterò del mio, e vedrai che questa guida sulle tecniche persuasive ti gaserà da paura!

1- Mostra la tua Call to Action primaria più di una volta

Neuromarketing applicato al web: multiple call to action

Il primo consiglio che mi sento di darti con tutto il cuore – e con tutta le mente, visto che parliamo di tecniche di persuasione – è quella di offrire in più occasioni ai tuoi utenti la tua principale Call To Action.

Mi spiego meglio, se vuoi aumentare le possibilità che gli utenti acquistino qualcosa dal tuo sito, o se desideri che si registrino alla tua newsletter, non limitarti ad un solo pulsante call to action in fondo alla pagina!

Al contrario, per incrementare le tue chance devi fare in modo che le call to action siano sempre disponibili ed esattamente sotto gli occhi degli utenti allorquando loro si sentono maggiormente inclini ad agire.

Non lasciare che loro debbano andare intorno a cercare la tua call to action, per poi magari distrarsi e dire addio alla tua tanto sospirata conversione!

Magari la prima volta che hanno visto la call to action non erano ancora psicologicamente pronti ad affrontare quello step, e può essere che più tardi, dopo aver letto dei contenuti ben confezionati, siano invece propensi ad agire: ecco, in quel momento sotto il loro sguardo deve assolutamente esserci una call to action ben visibile sulla quale cliccare.

Alcuni studi, inoltre, hanno dimostrato che le persone tendono a reagire in maniera più positiva quando sono sottoposte a stimoli ai quali sono già state esposte in un primo momento. Una call to action vista per la seconda o terza volta, in questa prospettiva, diventa infatti più familiare. Da ciò si può dunque intuire che sì, mostrare più di una volta i pulsanti delle call to action può aiutare la conversione non solo dal punto di vista delle tempistiche, ma anche per questo particolare bias cognitivo.

Vuoi capire come? Eccoti accontentato:

L’effetto di mera esposizione

Il primo ad esplorare e a svelare ‘l’effetto di mera esposizione‘ fu lo psicologo e statistico tedesco Gustav Fechner, nel 1800;

Neuromarketing applicato al web: Gustav Fechner
Gustav Fechner

questo aspetto fu poi esplorato ulteriormente tra il 1960 e il 1990 dallo psicologo statunitense di origine polacca Robert Zajonc, il quale durante i suoi studi ha stabilito che le persone tendono a reagire in maniera più favorevole ad un determinato stimolo cognitivo in modo proporzionale alla loro esposizione ad esso.

Questo accade perché gli umani sono per loro stessa natura più a proprio agio e più positivi nei confronti di cose che sono loro familiari; si intuisce dunque che è possibile ottenere una reazione positiva da qualcuno o presentando loro quella cosa in termini che si pensano possano essere familiari oppure rendendola effettivamente familiare prima delle sua stessa formulazione, mettendo in campo delle esposizioni ripetute.

Uno degli esperimenti più famosi di Zajonc consisteva nel mostrare a delle persone partecipanti ai suoi test dei simboli senza senso apparentemente assimilabili a degli ideogrammi cinesi, suggerendo loro che erano degli aggettivi positivi e negativi, per poi domandare di indovinare il loro significato, unicamente sulla base delle loro sensazioni.

Dopo aver mostrato un gruppo di singoli con maggiore frequenza rispetto agli altri, si è notato che le immagini con più ‘visualizzazioni’, ovvero propose un maggior numero di volte rispetto alle altre, andavano ad assumere nelle risposte delle persone dei significati via via più positivi. Insomma, più cresceva la familiarità dei simboli, più questi diventavano ‘positivi’.

Nel mondo del marketing l’effetto di mera esposizione può essere utilizzato in molti modi diversi.

Di certo tu vuoi che il tuo business sia in grado di differenziarsi dagli altri, ma allo stesso tempo dovresti stare molto attento a non creare qualcosa di troppo diverso da quello che la gente riconosce come familiare.

Per esempio, potresti far sembrare il tuo brand immediatamente familiare disegnando un logo che in qualche modo richiami alla mente i loghi di altri brand simili che le persone conoscono già.

Neuromarketing applicato al web: persuasione e web design logo

Tale somiglianza, magari sottilissima, andrà a stimolare positivamente il subconscio dei tuoi potenziali clienti, rendendoli fin da subito più ben disposti nei confronti del tuo brand.

Ma quello del logo non è certo l’unico modo per rendere un brand più familiare agli occhi delle persone: in molti, non a caso, i più disparati tipi di business utilizzano delle celebrità per promuovere il proprio brand.

E l’appoggio esplicito di un Vip funziona così bene non perché quello è un esperto del settore – George Clooney è forse un esperto di caffè?

Neuromarketing applicato al web: george caffè

Antonio Banderas è un esperto di biscotti? Pierfrancesco Favino è un esperto di lasagne? No, le celebrità funzionano così bene solo perché sono dei volti conosciuti, familiari, e quindi noi – i consumatori – ci sentiamo fin da subito attirati verso di essi e di conseguenza verso il prodotto o il servizio che questi stanno promuovendo.

Il Bias attentivo anche noto come Bias dell’attenzione.

Hai mai sentito parlare di bias attentivo?

Tranquillo, no, non serve avere alle proprie spalle anni di studi in psicologia per comprendere di cosa stiamo parlando in questo post dedicato alle tecniche di persuasione per il tuo lancio digitale e all’ottimizzazione di homepage e landing page.

Quando parliamo di bias attentivo parliamo di come talvolta la nostra mente non prende in considerazione tutti i fattori possibili prima di prendere una determinata decisione. A influenzare l’orientamento della nostra attenzione concorre infatti in questi casi anche il nostro stato emotivo.

Più nello specifico, poi, va sottolineato che siamo naturalmente portati a riporre maggiore attenzione nelle cose che ci stimolano emozionalmente.

Più veniamo stimolati in tal senso, sia in modo positivo che negativo, maggiore sarà la nostra attenzione verso la fonte di quel particolare stimolo, andando ovviamente a rubare la focalizzazione a qualsiasi altra proposta parallela. E così, spostando l’attenzione su un unico particolare in modo non del tutto razionale, finiamo per fare delle scelte che altrimenti non faremmo.

Il bias attentivo, così come te l’ho esposto qui sopra, ovvero in termini molto semplici, non va a condizionare la nostra mente solo nell’immediato, ma lo fa anche nella memoria. Questo significa che, quando la nostra mente andrà a richiamare una determinata situazione passata, su quel ricordo potrebbe pesare un errore cognitivo legato all’emozione che era stata provata in quel determinato momento.

Insomma, non è di certo la prima volta che senti parlare di ricordi distorti, no? Ecco, i bias cognitivi possono portarci sia a prendere decisioni sbagliate, sia ad avere ricordi distorti del passato.

I bias attentivi sono stati analizzati a fondo dai cosiddetti Stroop Test, ovvero dagli esperimenti portati avanti per verificare l’effetto Stroop – dal nome del suo scopritore John Ridley Stroop, che ne parlò per la prima volta in una sua pubblicazione nel 1935.

VERDE ROSSO BLU NERO ARANCIONE

Questi test psicologici erano molto semplici: ai partecipanti venivano presentate delle liste di parole stampata con differenti colori. Queste persone dovevano rispondere alle domande degli esaminatori riportando semplicemente il colore con cui erano stampate le parole. Nient’altro.

Semplice, no? Ecco, no, non proprio.

I test ha dimostrato che i partecipanti avevano maggiori difficoltà a concentrarsi sul colore (richiedendo quindi più tempo e maggiore sforzo per dare la risposta giusta) nei casi in cui le parole evocavano delle emozioni.

Un esempio? Un aracnofobico al quale veniva mostrato il nome di una specie di ragno abbisognava una discreta porzione di tempo in più per rispondere correttamente dicendo che quella specifica parola era stampata in blu, mentre la risposta era stata immediata nel caso della parola ‘tavolo’ stampata in verde.

In casi come questi, i partecipanti erano infatti incapaci di concentrarsi solamente sui colori, in quanto la loro attenzione era già automaticamente focalizzata sui loro stimoli emozionali (nel caso dell’aracnofobico, la paura).

Questo principio psicologico ha numerose possibili applicazioni in termini di tecniche di persuasione, e può dunque essere utilizzato per focalizzare l’attenzione dei clienti su determinati fattori oppure, diversamente, per spingere al massimo l’attenzione delle persone, eliminando ogni possibile inghippo alla loro completa attenzione.

Il miglior utilizzo, ovviamente, starebbe nel provare a ricreare un’associazione emozionale con degli elementi che desideriamo vengano focalizzati dai clienti, cercando allo stesso tempo di eliminare qualsiasi possibile associazione emozionale con degli eventuali fattori sul quale non vogliamo che venga riposta una particolare attenzione.

Ma questo è tutto fuorché semplice, no? Direi che, per partire, potresti usare la prima delle tecniche di persuasione per il tuo lancio digitale che ti ho insegnato per dirigere l’attenzione dei tuoi clienti dove tu vuoi che essa sia.

Ricordi qual’era?

2- Aggiungi dei testimonialsNeuromarketing applicato al web: aggiungere testimonial landing page

Quando si parla di tecniche di persuasione e di web 2.0 non si può fare a meno di pensare alle recensioni degli utenti: un tempo queste non esistevano assolutamente, al massimo si poteva aspirare al parere degli esperti su qualche rivista del settore.

Ora invece possiamo contare su recensioni fatte da altri utenti in tutto e per tutto come noi pubblicate su appositi portali o persino direttamente sul sito in cui quelle persone hanno effettuato il loro acquisto. In questo secondo caso, se il tuo brand ha delle recensioni positive sui suoi servizi o sui propri prodotti, non esitare a piazzarle in bella vista sulla tua homepage, come prova sociale della tua eccellenza.

Il potenziale delle recensioni è semplice da capire: una marea di studi psicologici ci insegnano infatti che, nel momento in cui esitiamo di fronte ad una decisione e siamo colpiti dai dubbi, tendiamo a copiare il comportamento o le scelte altrui.

Questo significa che, per il cliente che atterra sulla homepage del tuo sito web, trovare le recensioni di un altro utente simile a lui che si dimostra esplicitamente soddisfatto dei tuoi servizi non può che rappresentare una forte e inequivocabile spinta verso la conversione.

Neuromarketing applicato al web:

La riprova sociale

Il primo a esplorare il principio della riprova sociale fu Muzafer Sherif, considerato come uno dei fondatori della psicologia sociale, nel 1935. Le sue teorie furono poi ulteriormente sviluppata da Asch, nel 1956.

Neuromarketing applicato al web: Solomon_Asch

La riprova sociale è l’idea secondo la quale siamo intrinsecamente guidati a conformarci ai comportamenti altrui, copiando – o meglio, imitando – quindi le loro azioni e le loro decisioni, specialmente quando noi siamo esitanti o pensiamo di non avere a nostra disposizione sufficienti informazioni per decidere in modo razionale.

Dati questi presupposti, tendiamo a dare per assodato che le persone che ci circondano vantino invece una conoscenza sufficiente – oppure in ogni caso maggiore della nostra – per risolvere quella determinata situazione. Ci risulta dunque abbastanza naturale pensare che le azioni degli altri sono quelle giuste, e che quindi sono il riflesso di un comportamento corretto che anche noi faremmo meglio a seguire.

La riprova sociale nasce ovviamente dal nostro desiderio innato di comportarci in modo corretto nella stragrande maggior parte delle circostanze.

Sbagliare, insomma, non piace a proprio a nessuno, non sei forse d’accordo?

Certo, possiamo avere un più o meno sviluppato lato ribelle, ma, come diceva già a suo tempo Aristotele, l’uomo è in tutto e per tutto un animale sociale, che vive e vuole vivere in gruppo. Quello che gli altri dicono, fanno e pensano, dunque, è molto importante per noi, e costituisce un importante motivatore per le nostre azioni e per i nostri comportamenti.

Ma non è tutto qui. Anche il principio della maggioranza ci spinge a fare quello che fanno gli altri. Insomma, se tutti fanno così, un motivo ci sarà, no?

Neuromarketing applicato al web: riprova sociale

Da questo punto di vista ci comportiamo un po’ come le pecore, seguendo il resto del gregge. Eppure non vi è dubbio che, agendo all’unisono con tutti gli altri, ci sentiamo protetti e accettati, nel bene e nel male. Non ho forse ragione?

Vuoi alcuni esempi estratti dalla vita quotidiana per capire meglio da dove nasce questa tecnica di persuasione?

Per trovare degli esempi della riprova sociale, infatti, non bisogna certo andare indietro nella storia fino alle adunate oceaniche nazifasciste. Macché, ci sono tantissimi esempi molto più vicini alla nostra quotidianità e fortunatamente del tutto innocui. Se gran parte del tuo team tende a lavorare fino a tardi la sera, molto probabilmente lo farai anche tu; allo stesso modo, sei più propenso a lanciare una monetina nel cappello di un cantante di strada se questo ne contiene già altre lasciate da altri passanti; non entrerai in un ristorante sconosciuto se nell’orario clou è completamente vuoto, e via così, gli esempi intorno alla riprova sociale possono essere davvero infiniti.

Noi supponiamo infatti che dietro alle azioni altrui ci siano sempre delle ragioni valide e corrette: il lavoro deve essere terminato, lui canta molto bene, se tutta questa gente mangia qui vuol dire che si mangia bene… sono dei passaggi impliciti che la nostra mente compie continuamente!

Ovviamente la riprova sociale si applica anche nel mondo del marketing e delle vendite. Altrimenti che te ne avrei parlato a fare in un articolo dedicato all’ottimizzazione di siti web e alle migliori tecniche di persuasione per il tuo lancio digitale?

Le condivisioni di un determinato contenuto sul web, il numero di follower, l’ammontare delle visualizzazioni, le centinaia di like, gli iscritti alle newsletter, le recensioni, sono tutti elementi che vanno a costruire quell’impalcatura rassicurante che è la riprova sociale.

Neuromarketing applicato al web: riprova-sociale-attraverso i segnali sociali

Tutti quegli elementi, insomma, concorrono a fornire un certo tono al tuo sito web, e dunque al tuo stesso brand.

Per quale altro assurdo motivo altrimenti ci affanniamo così tanto tempo a leggere contenuti su siti come TripAdvisor prima di andare in un qualsiasi ristorante o albergo, per non parlare poi di Yelp e dei tantissimi altri siti dedicati alle recensioni a livello internazionale?

Semplice, vogliamo controllare e validare le nostre decisioni ancora prima di prenderle, assicurandoci di fare più o meno le stesse mosse che compie il resto dei nostri pari. Facciamo tantissimo affidamento su quello che pensano gli altri, e con tutti questo strumenti virtuali a nostra disposizione, lo faremo sempre di più.

E tu non vorresti sfruttare a tuo vantaggio questa tecnica di persuasione?
Spetta, stai la: abbiamo appena iniziato!

3- Aggiungi le foto dei tuoi testimonials

Neuromarketing applicato al web: aggiungere foto testimonial langin page

Vuoi dare maggiore credibilità ai testimonial che lasciano le loro recensioni sul tuo sito web aziendale – o sul tuo e-commerce, o da qualsiasi altra parte?

Bene, quello che devi fare è aggiungere le loro foto.

È ovvio, no? Gli altri consumatori saranno molto più portati a credere in una faccia umana – magari sorridente – rispetto ad un qualsiasi nome e cognome in lettere, dietro al quale potrebbe celarsi chiunque. Una bella fotografia umana, invece, ispira un’immediata connessione di tipi emozionale che scaturisce poi in una riprova sociale potenziata. Io vedo la faccia sorridente di un Mario Rossi soddisfatto sul tuo sito e sì, inconsciamente sento che anch’io voglio fare le sue stesse scelte.

Senza fotografia, invece, vedo solo una recensione fredda, che faccio fatica ad associare ad un umano simile a me. Capisci cosa intendo?

Occhio però, non cadere nel tranello delle fotografie stock! Insomma, se non puoi avere le fotografie dei tuoi utenti – che magari si rifiutano di inserirle al momento della recensione etc – non andare ad usare delle fotografie qualsiasi acquistate in rete.

Neuromarketing applicato al web: test A/B real photo vs stock photo
+161% di conversioni inserendo una foto reale. https://vwo.com/blog/stock-image-or-real-image/

Non c’è niente da fare, le fotografie stock si riconoscono subito, e gli utenti sentono puzza di ‘fregatura’ o di presa in giro a miglia di distanza.

4- La tua Homepage sta rispondendo alle domande ‘Chi, cosa, dove e perché?

Neuromarketing applicato al web: call to action landing page

Nella maggior parte dei casi la tua homepage è la prima pagina a venire visualizzata dagli utenti che arrivano sul tuo sito web.

Per questo motivo è assolutamente vitale che questa sia chiara, immediata, semplice da capire e sufficientemente informativa (insomma, uno che vuole imparare qualcosa in più sulle tecniche di persuasione per il suo lancio digitale dovrebbe sapere che la prima impressione, se non davvero è quella che conta, è comunque importantissima).

In altre parole, devi capire se la tua homepage funziona. E per capire se può davvero funzionare, osservala con sguardo oggettivo e domandati se risponde a queste quattro domande:

Chi sei tu? (chi è la tua azienda)?
Cosa stai vendendo?
Dove posso andare per averlo?
Perché dovrei acquistarlo?

Insomma, è la solita ma sempre efficace regola delle 5W del mondo giornalistico, applicata questa volta in modo essenziale per l’ottimizzazione di una homepage. Fai questo controllo non appena hai terminato l’articolo ti basteranno 5 minuti.

L’effetto ambiguità

L’effetto ambiguità spiega alla perfezione la tendenza delle persone ad evitare opzioni con risultati più o meno sconosciuti o quanto meno insicuri.

Vedi su Wikipedia.

I processi di decision making sono spesso influenzati da una mancanza di informazioni e da eventuali ambiguità di fondo: le persone sono infatti naturalmente portate a selezionare le opzioni per le quali il risultato è più sicuro – anche laddove queste non siano le opzioni più vantaggiose – proprio perché c’è una solida preferenza per i risultati certi.

Neuromarketing applicato al web: giovane donna o vecchietta?
giovane donna che guarda l’infinito o vecchietta che guarda a sinistra?

Questo concetto è stato ampiamente dimostrato dagli studi di psicologia, ma è conosciuto da tantissimo tempo dalla saggezza popolare.

Prova ne è il famoso proverbio anglosassone secondo il quale ‘Better the devil you know than the devil you don’t’ ovvero ‘è meglio il diavolo che conosci piuttosto di un altro diavolo sconosciuto’.

È infatti molto più probabile che qualcuno decida di investire il proprio tempo e i propri soldi in qualche azione della quale conosce già il risultato piuttosto che in altre operazioni più ambigue o dall’esito incerto.

In altre parole, la gente tende ad evitare cose o decisioni delle quali sa poco o nulla.

Da qui nasce la naturale riluttanza del tutto umana nel provare qualcosa di assolutamente nuovo, oltre ad una limitata capacità nel riconoscere i benefici a lungo termine di una determinata decisione rischiosa rispetto ai benefici risibili o quantomeno marginali di una decisione più sicura e blindata. Non siamo tutti fatti per giocare in borsa, no?

L’effetto ambiguità è stato studiato per la prima volta nel 1961 dall’economista statunitense Daniel Ellsberg, il quale con i suoi studi diede un decisivo contributo alla teoria delle decisioni.

Neuromarketing applicato al web: daniel-ellsberg

Il suo più famoso esperimento è quello umanamente conosciuto come ‘il paradosso di Ellsberg‘: i partecipanti vengono messi di fronte ad un gioco che obbliga le persona a pescare a caso una pallina da una scatola, scommettendo sul colore estratto.

Fin qui tutto semplice, no?

Le persone potevano scegliere di pescare la propria palla in due differenti urne: nella prima c’erano 50 palline rosse e 50 palline verdi, mentre nella seconda c’erano 100 palline rosse ed un numero imprecisato di palline verdi.

Insomma, le palline verdi potevano essere 1, 50, 100, 200, 500… I risultati dell’esperimento dimostrano chiaramente che le persone preferivano pescare la propria pallina dall’urna del 50/50, ovvero quella caratterizzata da un 50% di probabilità di vincere e da un altro 50% di probabilità di tornare a casa a mani vuote.

Neuromarketing applicato al web: Ellsberg urna esperimento

E questo accadeva proprio perché i partecipanti non conoscevano la reale distribuzione delle palline all’interno dell’altra urna; non potevano sapere se la probabilità del 50% era minore o maggiore rispetto a quella della seconda urna, ma preferivano comunque usare le informazioni di cui erano a disposizione, anche se queste non potevano in alcun modo garantire maggiori probabilità di vincita.

Insomma, in ogni caso non veniva scelta l’opzione più ambigua. E pensa un po’: magari nella seconda urna c’era solo una palla verde di contro a 100 palline rosse, e quindi scommettere su queste ultime avrebbe quasi significato vittoria certa.

Ma non lo sapremo mai… ed è questo il lato efficace dell’esperimento!

Non riesci ad immaginare in quale modo l’effetto ambiguità può venirti incontro parlando di strategia di marketing, e più nello specifico riguardo all’ottimizzazione delle tue homepage e landing page?

Ebbene, pensa un po’ ad un potenziale cliente che è a conoscenza di meno informazioni relative al tuo business rispetto all’ammontare di informazioni che possiede intorno al tuo competitor.

Ebbene, stando a quanto detto finora, quel potenziale cliente molto probabilmente si affiderà al tuo competitor anziché a te, proprio per la sua mancanza di informazioni intorno al tuo brand.

Puoi dunque capire quanto sia importante per il tuo business optare per una strategia che punti alla chiarezza e a fornire tutte le informazioni necessarie ai tuoi clienti, così da eliminare ogni ambiguità intorno al tuo brand, con le conseguenti perdite di clienti.

L’efficacia di utilizzo

Non c’è dubbio: la qualità di un oggetto e quindi l’attrazione dei consumatori verso di esso muta in base alla facilità con cui questo può essere utilizzato.

Neuromarketing applicato al web: facilita d'utilizzo è importante per la gradevolezza

In parole più semplici, tendiamo ovviamente a giudicare in modo molto più positivo un prodotto o un servizio che possiamo utilizzare e sfruttare a nostro favore in modo semplice, immediato e veloce. Al contrario, invece, un utilizzo difficile e difficoltoso non può che portare a delle sensazioni e quindi a dei giudizi negativi.

Nella nostra testa la semplicità di utilizzo è un fattore altamente positivo!

Nel campo del web marketing tutto questo è particolarmente rilevante quando si parla del design di un sito web, a partire ovviamente dalla sua homepage: la sua estetica, ma anche la velocità di caricamento oppure la facilità con cui si può interagire con essa sono tutti fattori che possono influenzare positivamente o negativamente dei visitatori.

Se il tuo sito web riuscirà a impressionarli positivamente, è molto più probabile che essi non solo interagiscono con il tuo brand e che completino le azioni richieste, ma anche che condividano i tuoi contenuti sui social media e che si ergano a spontanei testimonial.

Bias informativi

Con i bias informativi, così come studiati da Baron, Beattie e Hersey nel 1988, si intende la tendenza umana a credere che maggiori sono le informazioni che si riescono a raccogliere intorno ad una cosa prima di fare una determinata decisione, migliore sarà quella specifica decisione, anche se quelle informazioni in più dovessero risultare del tutto irrilevanti.

Non a caso, infatti, siamo portati a cercare informazioni anche quando queste non possono in alcun modo influenzare le nostre azioni o decisioni, in quanto sentiamo comunque la necessità di trovare maggiori dati a supporto – o meno – della nostra scelta finale.

Per provare l’esistenza di questo bias informativo, Baron, Beattie e Hershey realizzarono dei test nei quali i ai partecipanti venivano sottoposti delle patologie da diagnosticare sulla base di sintomi, esami specifici e disagi immaginari.

Ebbene, nella maggior parte dei casi i partecipanti continuavano a chiedere e a ricercare altri dati prima di emettere le loro diagnosi, anche se loro possedevano fin dall’inizio tutte le informazioni utili per dare una risposta certa e completa.

Non riesci a capire come questo particolare bias cognitivo possa essere utilizzato come tecnica di persuasione per l’ottimizzazione del tuo sito web?

Beh, non penserai di certo che stia parlando di qualcosa di diverso dalle migliori tecniche di persuasione per il tuo lancio digitale, vero?

Ebbene, per soddisfare in pieno i tuoi clienti e aumentare le conversioni sul tuo sito web potresti sicuramente pensare a presentare un maggior numero di informazioni intorno ai tuoi prodotti e ai tuoi servizi, anche se queste ad un certo punto ti sembreranno irrilevanti.

Più riuscirai ad far sentire la gente sicura nell’effettuare quell’acquisto o quella decisione sul tuo sito attraverso una presentazione coerente di dati e informazioni, maggiore sarà ovviamente il tasso di conversione.

Di certo non ti voglio suggerire di scrivere cose a vanvera intorno ai tuoi prodotti e ai tuoi servizi, creando dei contenuti inutili: no, quello che devi fare è puntare a risolvere e quindi cancellare ogni spinosa domanda possa nascere nella mente del consumatore, fornendo attraverso il tuo sito web tutte le informazioni che possono servirgli per accontentare il suo bias informativo. L’obiettivo è di portarlo ad agire!

E ricordati che i contenuti esplicativi ben realizzati e corposi non piacciono solo agli utenti, no, piacciono tantissimo anche a Google!

5- Realizza dei contenuti del tipo ‘come hai visto su’ o ‘raccomandato da’

Neuromarketing applicato al web: rafforzativo landing page

Talvolta non ci accorgiamo delle cose più semplici, e finiamo per non sfruttare a nostro favore alcuni dei meccanismi più banali a nostra disposizione.

Pensa per esempio a cosa può fare per il tuo business introdurre nella tua homepage o nelle tue landing page dei contenuti che ricordano agli utenti che i tuoi prodotti o servizi sono stati raccomandati da una certa rivista del settore, o da un certo esperto, e che sono stati recensiti positivamente da quel tale programma tv.

Neuromarketing applicato al web: barra-dx-blog

Oltre ad essere una cosa indubbiamente cool, questi elementi ti aiutano ad inserire delle sincera imparzialità nel tuo sito web. Non sei solo tu a portare avanti le qualità del tuo brand, non sono solo i tuoi anonimi e potenzialmente inesperti utenti che lasciando delle recensioni, sono anche dei veri esperti in materia!

Il principio di autorità

Certo, magari all’asilo non ascoltavi le maestre e buttavi un po’ ovunque i pastelli, forse alle scuole superiori hai rimediato qualche brutto voto per non aver fatto tutti i compiti per casa e sì, l’altra sera potresti aver attraversato la strada sulle strisce pedonali mentre il semaforo era ormai rosso.

Ma, nonostante queste eccezioni, a partire dalla più giovane età, noi siamo abituati ad ascoltare l’autorità. Genitori, insegnanti, allenatori, poliziotti, semafori eccetera.

Il principio di autorità ci fa crescere come una parte integrante e allo stesso tempo consapevole di una determinata e più o meno ferrea struttura gerarchica, all’interno della quale sappiamo esattamente chi sono i nostri superiori e chi, invece, i nostri sottoposti.

Neuromarketing applicato al web: principio di autorità

Ovviamente l’obbedienza non è necessariamente coercitiva, ovvero non sempre dipende dall’uso della forza. No, per lo più si basa su un implicito equilibrio che regola la società, un equilibrio al quale aderisce il 99% delle persone.

L’impressione di autorità è il risultato di diversi fattori, più o meno presenti e rilevanti caso per caso.

Ci sono infatti i titoli, come Dottore, Direttore, Professore e via dicendo, ci sono le uniformi, c’è la popolarità, ma ci sono anche l’esperienza e le competenze, accompagnate dalle attitudini fisiche e intellettive, dal successo, dalla salute e via dicendo.

I fattori che determinano l’autorità sono moltissimi, anzi, nella maggior parte dei casi sono persino troppi. Per questo, spesso e volentieri la nostra mente e la nostra stessa società usano delle scorciatoie per decidere in maniera più veloce e con meno sforzi a chi bisogna obbedire.

Insomma, ci basta vedere un uniforme della polizia per seguire gli ordini di quella particolare autorità, no?

Uno dei più famosi esperimenti scientifici tesi a dimostrare il principio di autorità porta lo stesso nome dello psicologo che lo ha realizzato, ovvero Milgram.

Neuromarketing applicato al web: Stanley Milgram

Probabilmente ne hai già sentito parlare: lo psicologo statunitense Stanley Milgram, nel 1961, mise in campo un originale test di psicologia sociale per vedere fino a dove il principio di autorità poteva mettere a tacere e sconfiggere i valori etici di una persona e la sua coscienza.

I partecipanti vennero divisi in gruppi da due: uno era il maestro, l’altro lo studente.

Quello che i partecipanti veri e propri non sapevano è che in realtà gli studenti erano in tutti i casi degli attori, mentre gli unici veri partecipanti dell’esperimento erano loro stessi, nel ruolo di maestri.

Il ‘gioco’ era molto semplice e allo stesso tempo atroce: gli studenti dovevano imparare a memoria delle coppie di parole. Ad ogni loro errore, il maestro era tenuto a ‘punire’ lo studente con una scarica di elettricità attraverso la macchina al quale lo studente era collegato (ovviamente una scarica finta, ma questo i maestri non lo sapevano).

Ogni coppia, inoltre era affiancata da un terzo personaggio, in veste di responsabile scientifico dell’esperimento, il quale aveva il compito di cancellare le esitazioni dei ‘maestri’.

Neuromarketing applicato al web: Stanley Milgram experiment

Insomma, quel terzo personaggio, in quel contesto, rappresentava l’autorità.

Laddove i ‘maestri’ si rifiutavano di dare le scosse come conseguenza degli errori degli studenti, questa particolare autorità diceva che in quel modo si sarebbe mandato a monte l’intero test.

Va sottolineato che ad ogni risposta errata degli studenti-attori il voltaggio della scossa elettrica inflitta dal maestro aumentava, così come i lamenti e quindi le grida di dolore (ovviamente finte) delle supposte vittime.

I ‘maestri’ si sentivano legittimati nell’infliggere dolore agli studenti in quanto non erano loro a deciderlo, quanto invece la terza figura d’autorità, che li spingeva verso quella scelta.

Fu così che ben il 62,5% dei partecipanti non esitò più di tanto ad arrivare fino alla fine del test, scaricando sugli studenti quelle che sarebbero potute essere delle scosse elettriche tali da provocare ingenti danni di salute e moltissimo dolore (accuratamente simulato dagli attori).

Insomma, il test di Milgram dimostra in pieno che una persona umana, probabilmente, continua ad eseguire gli ordini che provengono dall’autorità anche nel momento in cui questi diventano del tutto discutibili.

(Da sottolineare che questo testo psicologico venne realizzato 3 mesi dopo l’inizio del processo contro Otto Adolf Eichmann, uno dei maggiori responsabili dello sterminio degli ebrei portato avanti dalla Germania nazista durante la Seconda Guerra Mondiale, nel tentativo di rispondere alla domanda: «È possibile che Eichmann e i suoi milioni di complici stessero semplicemente eseguendo degli ordini?».

Come puoi usare questo nel Marketing?

Nell’ambito del marketing, il principio di autorità può essere sfruttato come tecnica di persuasione usando elementi come: ‘il nostro prodotto è stato approvato dalla lega nazionale dei dentisti’, oppure ‘il governo ha premiato il nostro servizio’ o ancora ‘gli scienziati hanno testato il nostro prodotto’, o ancora il generico ed evergreen ‘tutti quanto sanno che…’.

Ma si può anche andare più nel concreto, interpellando un’autorità del settore affinché questa dia la propria approvazione: se la tua agenzia produce software CRM, per esempio, puoi chiedere una dichiarazione da parte di un tuo cliente particolarmente riconosciuto, o se la tua azienda produce scarpe da calcio, puoi fare in modo che un calciatore famoso dichiari che le tue sono in assoluto le migliori sul mercato.

Sì, la gente sarà incline a credere alle loro parole.

6- Fondi tra loro le informazioni simili

Neuromarketing applicato al web: informazioni simili

Abbiamo la soglia di attenzione di un pesciolino rosso, siamo disattenti e pigri: insomma, per ottimizzare al meglio la tua homepage devi capire che la gente risponde meglio davanti all’esposizione di informazioni chiare, mentre invece si distrae davanti a informazioni esposte male e rinuncia di fronte a dei compiti troppo ‘ardui’.

Per evitare che tutto questo succeda, assicurati che la tua homepage e le tue landing page contengano tutte le informazioni necessarie, evitando di complicare la vita degli utenti con la duplicazione inutile di elementi uguali che possono creare confusione.

Il problema dell’attenzione suddivisa

Possiamo parlare di un problema di attenzione suddivisa quando le fonti delle informazioni che sono mutualmente necessarie per la comprensione di un determinato concetto si trovano separate sia in termini di spazio che in termini di tempo.

Vuoi un esempio? Bene, ipotizza che, per capire delle specifiche istruzioni, tu abbia bisogno sia di un diagramma che di un testo scritto, e che questi ti siano sì dati, ma in modo separato o persino in tempo diversi.

Ne risulterà che tu dovrai fare molta più fatica per capire effettivamente tutte quelle informazioni e metterle in pratica.

Al contrario, invece, se tutte quelle informazioni, sia quelle del testo che quelle del diagramma, fossero racchiuse in un’unica fonte visuale, la velocità del tuo processo cognitivo sarebbe come minimo raddoppiata, garantendo allo stesso tempo uno sforzo minimo da parte tua.

Il problema dell’attenzione suddivisa è facilmente comprensibile guardando alle tecniche e ai normali metodi di studio: gli studenti che ricevono materiali che combinano tutte le informazioni richieste all’interno di un documento ben realizzato e facile da leggere impareranno quanto richiesto in modo molto veloce; quelli che invece riceveranno le medesime informazioni divise in diverse fonti, invece, faranno molto più fatica e richiederanno più tempo per raggiungere i medesimi risultati.

Ma questo lo puoi capire anche nel momento in cui torni dall’Ikea o da un negozio simile e ti mette a montare il nuovo mobiletto per il soggiorno.

Può per esempio capitare che, per suprema malvagità di chi ha curato quell’aspetto del prodotto da te malauguratamente acquistato, le istruzioni che ti servono per mettere insieme tutti quei pezzi di legno e di ferro siano su due fogli separati.

Magari su un foglio trovi il disegno, e su un altro le istruzioni, in modo del tutto slegato e incoerente. Ne consegue che la tua attenzione dovrà continuamente muoversi tra un elemento e l’altro, il che rallenterà inesorabilmente il tuo processo cognitivo, e quindi l’assemblaggio del tuo mobiletto.

Integrare i disegni con i testi da seguire passo dopo passo in un unico documento, invece, ti può dare la possibilità di concentrarti davvero su quello che devi fare.

Come sfruttare l’attenzione suddivisa.

Come ormai avrai capito, adesso è giunto nuovamente il momento di capire come questo concetto possa essere integrato come nelle tecniche di persuasione per il tuo lancio digitale e per l’ottimizzazione della tua homepage e delle tue landing page.

Devi capire che, se tu stai cercando di vendere qualcosa online e al tuo cliente servono due o tre informazioni per sentirsi veramente sicuro nell’effettuare quell’acquisto proprio da te e non dal tuo concorrente, allora devi essere sicuro di esporre quelle informazioni in modo chiaro e tutte insieme in un unico contenuto, cosicché gli utenti non dovranno costruire da sé stessi questo faticoso percorso cognitivo e non rischieranno di distrarsi, per non tornare più indietro ad effettuare l’acquisto.

7 – Punta sulla paura delle persone di perdere qualcosa, piuttosto che enfatizzare dei guadagni potenziali

Neuromarketing applicato al web: landing page paura perdita

Se ti muovi già da un po’ di tempo nel magico mondo del marketing sai probabilmente che le motivazioni che spingono le persone a effettuare un acquisto sono svariate e non sempre razionali.

Contrariamente a quello che si potrebbe pensare, in linea generale, le persone sono molto più motivate nell’effettuare una determinata azione laddove sono convinte che non farlo potrebbe costare loro una perdita, mentre invece una motivazione basata sui possibili guadagni di quell’azione non ha un appeal egualmente potente.

Da questo puoi intuire che puntare su quello che i tuoi potenziali clienti potrebbero perdere facendo acquisti altrove può essere una tecnica di persuasione molto più efficace rispetto al puntare semplicemente ad esaltare i loro benefici e il loro guadagno.

Vuoi un esempio?
Pensa ad esempio a cosa ti perderesti non finendo di leggere questo articolo!

La teoria dell’avversione alle perdite fu dimostrata per la prima volta nel 1984 da Amos Tversky and Daniel Kahneman.

Neuromarketing applicato al web: Amos-Tversky-and-Daniel-Kahneman

Questo principio si riferisce al fatto che le emozioni negative legate all’esperienza di una perdita sono dal punto di vista psicologico molto più potenti di quanto invece sono le emozioni positive legate ad un’esperienza di guadagno.

In altre parole, l’idea di perdere o di dover rinunciare a qualcosa provoca delle reazioni molto più forti rispetto all’idea di ricevere o guadagnare qualcosa. Parlando di tecniche di persuasione, dunque, possiamo capire come l’avversione alle perdite sia una forte motivazione che può guidare le persone ad agire in un certo modo piuttosto che in un altro, il quale talvolta può essere persino irrazionale, ma comunque teso a non provare il dolore di una perdita, grande o piccola che possa essere.

Il desiderio di evitare le emozioni negative associate con una perdita spiegano del resto altri bias cognitivi che vanno ad influenzare in modo concreto il nostro comportamento, come per esempio quello definito come la ‘Fallacia dei costi irrecuperabili‘, il quale descrive il modo in cui tendiamo a preferire continuare a fare qualcosa che in precedenza ci è costato un investimento in termini di tempo, di denaro e di impegno, anche quando non siamo più soddisfatti di quella specifica attività.

(tranquillo, tra una manciata di righe ti faccio un esempio così potrai capire meglio il concetto).

Anche ‘l’effetto donazione’ è connesso a questo bias, in quanto spiega come noi siamo abituati a riconoscere un valore maggiore a qualcosa che già possediamo rispetto ad un uguale prodotto che invece non è in nostro possesso, anche se sono identici.

Il motivo di questo comportamento irrazionale sta nell’idea che rinunciare a qualcosa di nostro ci provocherà un dolore che non vogliamo affrontare.

Un classico esempio di avversione alle perdite è quello che ci vede al cinema, inchiodati alla poltrona e immersi nel buio mentre guardiamo o facciamo finta di guardare quello che si è rivelato per essere il peggior film di sempre.

Perché ce ne stiamo comunque lì, sapendo che la pellicola durerà un’altra ora, che la poltrona non diventerà più comoda e quella trama sbilenca non potrà che diventare ancor più noiosa e scontata?

Semplice: perché abbiamo già pagato il biglietto, abbiamo già investito il nostro tempo e ci siamo già arrivati fino a lì, e abbiamo quindi la sensazione che rinunciare a quel punto equivarrebbe ad una perdita.

In realtà noi tutti capiamo che i soldi del biglietto sono già andati, e nessuno ce li ridarà indietro.

La perdita c’è già stata, ed è incontrovertibile. Per questo la decisione più razionale in questo caso sarebbe quella di andarsene, di lasciarsi il cinema dietro alle spalle per tagliare le ‘spese’ per lo meno in termini di tempo, cercando di fare qualcosa di più soddisfacente, come andare al bar con gli amici, andare a vedere un altro cinema o sedersi sul divano a leggere un buon libro.

Ma no, niente affatto: il dolore legato alla sensazione della perdita ci spinge ad agire in modo irrazionale, così ci impuntiamo a restare seduti al cinema per non ‘perdere’ i soldi del biglietto, bruciandoci così la possibilità di fare qualcosa di più interessante e piacevole.

Nell’universo delle tecniche di persuasione, l’avversione alle perdite è utilizzata nel marketing per influenzare e motivare i consumatori a effettuare prontamente un acquisto.

L’avversione alla perdita nel Web Marketing

Nel programmare la strategia per l’ottimizzazione della tua homepage o delle tue landing page, dunque, cerca di inserire qualcosa che possa spingere il potenziale cliente ad aver paura di perdere qualcosa, magari un’offerta speciale e limitata.

Una tale sensazione lo motiverà a portare a termine l’acquisto.

Vuoi degli esempi pratici? La rete ne è pienissima, proprio a dimostrare l’efficacia di questa specifica tecnica di persuasione: quante volte hai letto frasi del tipo ‘rimangono solo due camere disponibili‘, ‘ultimi due giorni’, offerta limitata’, ‘da non perdere’, eccetera?

Neuromarketing applicato al web: avversione alla perdita nel web marketing

Ecco, questo a dimostrare che questa è una delle migliori tecniche di persuasione per un lancio digitale!

8- Riorganizza il tuo menu di navigazione

Neuromarketing applicato al web: menu di navigazione

È probabile che il menu del tuo sito non sia organizzato in modo particolarmente sagace, e per questo la sua riorganizzazione razionale rientra in pieno nella strategia per l’ottimizzazione della tua homepage.

Proprio così: provvedere a mettere i link più importanti nella prima parte e nell’ultima del menu aiuterà gli utenti a notarle con più facilità e a non dimenticarle appena girato l’angolo.

E non si dice tanto per dire: sono molte le ricerche che hanno dimostrato come le persone ricordano il primo e l’ultimo elemento di una lista con molta più facilità rispetto agli elementi centrali, e altri studi dimostrano come i link posti all’inizio oppure alla fine di un menu ricevono la maggior parte dei click da parte degli utenti.

L’effetto del posizionamento all’interno delle liste

L’effetto dei diversi posizionamenti degli elementi all’interno di nutrite serie di possibilità è stata studiata in modo approfondito da Ebbinghaus, Murdock, Glanzer e Cunitz, i quali hanno dimostrato come l’esattezza dei ricordi delle persone varia a seconda del posizionamento all’interno della lista.

Neuromarketing applicato al web: posizione seriale degli elementi

Noi tendiamo a ricordare con maggiore facilità i primi elementi di una lista in quanto il nostro processo mentale è prontissimo e concentrato all’inizio della nostra lettura, mentre invece ricordiamo facilmente gli ultimi poiché questi restano impressi nella nostra memoria a breve termine, essendo le ultime cose che abbiamo letto.

Gli elementi che invece non beneficiano di nessuno di questi due vantaggi – ovvero quelli centrali – vengono ricordati meno e comunque con maggiore difficoltà.

L’effetto del posizionamento all’interno delle liste è un fatto del tutto quotidiano con il quale ci scontriamo nelle più svariate situazioni.

Pensa per esempio a quelle volte in cui ti rechi al supermercato non con una vera e propria lista scritta di prodotti ma rimandando a memoria una lista ‘orale’ di oggetti da acquistare. Contando il fatto che molto probabilmente hai pensato alla lista a casa, davanti al tuo frigo semivuoto, o che magari è stata/o tua/o moglie/marito ad elencartela per telefono, va sottolineato che prima di arrivare effettivamente al supermercato è passato del tempo, e che tra gli scaffali pieni di prodotti colorati non ci sono altro che distrazioni.

Tenendo conto di tutto questo, più era lunga la tua lista orale al momento della formulazione, minore sarà la percentuale che riuscirai a ricordare.

Ti ricorderai però quasi sicuramente i primi elementi, in quanto come detto il tuo cervello era attivissimo all’inizio della lista, e gli ultimi, rimasti incastonati nella tua memoria a breve termine.

E così tornerai a casa con la metà dei prodotti che ti eri prefisso, seguiti da una scatola di gelati, una stecca di cioccolato e un sacchetto di patatine smangiucchiato a metà durante il viaggio.

Hai capito la psicologia?

Posizionamento e Marketing

Ma capire l’effetto del posizionamento all’interno delle liste non ti serve unicamente per fare una spesa migliore. No, anzi: questo bias cognitivo può essere trasformato in una sapiente tecnica di persuasione.

Pensa per esempio alle pubblicità televisive, negli stacchi promozionali di qualche minuto: il primo spot riceve un’attenzione che il secondo si può solo sognare. Ma questo vale ovviamente anche per l’advertising online, dietro al quale esiste infatti tutta una scienza sul dove posizionare gli ads per catturare la maggiore attenzione degli utenti di Internet.

Uno studio condotto nel 2006 ha dimostrato che i link posizionato in cima o in fondo al menu di un sito web ricevono molto più click.

Quando andrai a riordinare il menu o le liste di elemento del tuo sito web, metti i link che ti interessano maggiormente nelle due estremità.

9- Cambia le tue Call to action mentre l’utente è sul tuo sito

Neuromarketing applicato al web: call to action change

Il tuo scopo è quello di attirare l’attenzione degli utenti del tuo sito web, affinché questi vadano a cliccare sulla tua più importante call to action.

Bene, affinché questo accada il più spesso possibile devi sapere che noi siamo naturalmente portati a puntare l’attenzione su degli oggetti che saltano all’occhio, che magari non sono nel loro ambiente, o su altri oggetti che si trasformano sotto i nostri occhi.

Ovviamente tutto dipende dalla pagina, dal contesto e dalla situazione in cui la tua Call to action è inserita, ma quello che devi provare a fare in ogni modo – e in modo diversi – è impostarla in modo che muti mentre l’utente è sul tuo sito web.

Potresti cambiare il colore del bottone a intervalli temporali, o magari cambiare il colore allorquando l’utente fa scorrere la pagina verso il basso e verso l’alto, in modo da rapire l’attenzione dell’utente proprio su quello specifico elemento.

L’effetto Von Restorff

L’effetto Von Restorff, conosciuto anche come ‘effetto isolamento’, è stato studiato e dimostrato dallo psichiatra tedesco Hedwig von Restorff, e descrive la nostra naturale tendenza a ricordarci con maggiori probabilità delle cose inusuali o quantomeno insolite.

Neuromarketing applicato al web: effetto-von-restorff

Per esempio, in una lista di parole scritte tutte con lo stesso metodo (stesso font, stesso colore, stessa dimensione, etc) e caratterizzata dalla presenza di una sola parola differente, scritta magari in rosso anziché in nero, noi saremmo ovviamente portati a notare l’unica parola differente e quindi a ricordarla in modo piuttosto chiaro.

Questo semplice principio può essere applicato a tantissimi oggetti: parliamo dunque di parole, ma anche di prodotti, di immagini, di messaggi, di eventi inaspettati durante il corso di manifestazioni standard, eccetera.

Questo effetto si manifesta attraverso il contrasto evocato tra quell’elemento diverso e tutti gli altri uguali fra loro, il quale sveglia il nostro cervello e lo obbliga in qualche modo a riporre maggiore attenzione su quel determinato oggetto.

Quell’elemento differente non solo verrà notato di più, ma verrà anche memorizzato più a lungo.

Von Restorff nei suoi studi ha dimostrato come i nostri occhi e il nostro cervello sono costantemente alla ricerca di cose che cambiano e disobbediscono alle regole, e questo significa che siamo sempre in attesa di qualcosa di eccezionale, di fuori dall’ordinario.

Da qui si capisce il perché questo effetto, oltre ad essere conosciuto come effetto Von Restorff ed effetto isolamento, è conosciuto anche come effetto di prominenza ed effetto di distinzione.

Le applicazioni online dell’effetto Von Restorff possono essere infinite. Prima di tutto, possiamo pensare a delle Gifs animate da usare in modo intelligente, le quali non possono che richiamare l’attenzione degli utenti e quindi alzare il CTR, soprattutto se combinate con una CTA insolita, originale e decisamente curiosa:

Neuromarketing applicato al web: incentivare il click

O si può puntare a stupire e quindi incuriosire gli utenti con qualcosa di totalmente inaspettato e persino appositamente sbagliato, come per esempio postare la foto di una casa sottosopra – in senso letterale – in un sito di annunci immobiliari.

In questo caso, realizzato da Bart Schutz, il CTR è aumentato del 230%.

Guarda l’immagine

10- Attenzione sull’esperienza più che sui soldi

Neuromarketing applicato al web: focus on user experience

Ed eccoci arrivati alla decima delle nostre 17 principali tecniche di persuasione per il tuo lancio digitale da applicare per l’ottimizzazione della homepage e delle landing page del tuo sito web: è senz’altro una buona idea evitare di fare riferimenti ai soldi quando presenti i tuoi prodotti oppure i tuoi servizi ai clienti, ed è invece opportuno spostare l’enfasi sull’appagamento che essi potranno provare utilizzando il bene o il servizio acquistato.

Il motivo è molto semplice: le persone riconoscono un valore maggiore nella potenziale esperienza che scaturirò dall’acquisto piuttosto che nei soldi, e concentrare dunque la propria comunicazione su di essa può aiutarti a convincere più facilmente i tuoi utenti.

L’effetto tempo contro soldi

L’effetto tempo contro soldi è stato studiato nel 2009 da Mogilner e Aaker: i due hanno dimostrato che le persone reagiscono più favorevolmente di fronte alle promozioni che nominano il tempo piuttosto che di fronte a quelle che si concentrano sui soldi.

Insomma, siamo più propensi ad accostarci ad un prodotto oppure ad un servizio quando ci viene presentato e anticipato quanto tempo di qualità spenderemo insieme ad esso, mentre invece gli effetti sortiti da discorsi intorno ai soldi sarebbero molto minori (persino nel caso in cui nella promozione ci si ritrovi a parlare dei soldi che potremmo risparmiare).

Neuromarketing applicato al web: psicologia applicata al proncipio di tempo e soldi

Mogilner e Aaker hanno esposto molte ragioni per le quali noialtri siamo influenzati positivamente dall’effetto tempo contro soldi.

Per prima cosa, va sottolineato che abbiamo una più sentita relazione personale con il tempo piuttosto che con i soldi, e per questo evocare il tempo che potremmo passare divertendoci grazie a quell’acquisto ha sicuramente il pregio di creare immediatamente una connessione emozionale e personale con quel prodotto, aiutandoci ad aumentare il nostro desiderio di possederlo.

Pensare al tempo che passeremo insieme a quel determinato bene, inoltre, ci porta naturalmente a progettare il nostro futuro utilizzo e la nostra stessa vita in virtù di quel prodotto.

Il tempo è una risorsa rara, meno sostituibile del tempo – quanto il tempo è speso, non possiamo certo averlo indietro – e questa cosa aumenta ovviamente il suo valore.

Ma c’è di più: se noi pensiamo che utilizzare quel determinato prodotto o servizio sia un buon investimento di tempo, la stima che faremo di quel acquisto non potrà che essere ancora più favorevole.

Infine, concentrandoci sul sull’utilizzo futuro di quel bene e non sul suo prezzo, saremo molto meno portati a pensare al suo reale valore monetario e a interrogarci sulla sua economicità o sul suo essere fin troppo costoso.

Gli studi, d’altronde, hanno dimostrato che sì, l’atto di spendere soldi è esattamente quello che fa diminuire il nostro piacere nel fare acquisti, e per questo è sempre meglio spingere l’attenzione dei clienti su un altro aspetto dello scambio.

Mogilner e Aaker hanno portati avanti molto esperimenti per testare questo principio.

In uno di essi i due studiosi hanno diviso degli studenti volontari dell’Università di Stanford che possedevano un iPod in tre gruppi.

Ai partecipanti del primo gruppo è stato chiesto ‘Quanti soldi hai speso per avere il tuo iPod?’. A quello del secondo gruppo, invece, la domanda posta è stata ‘Quanto tempo spendi con il tuo iPod?’ mentre a quelli del terzo gruppo non è stata fatta nessuna domanda preliminare.

Tutti quanti sono poi stati invitati a completare un questionario che, ovviamente, aveva a che fare proprio con il loro iPod.

Quelli del secondo gruppo, che erano stati portati a concentrarsi sul tempo che spendevano utilizzando il proprio iPod, diedero le opinioni più favorevoli e i migliori feedback sul prodotto. Interessante, no?

Tempo Vs Soldi nel Marketing

Basta davvero l’imbeccata giusta per cambiare diametralmente l’opinione dei consumatori, e con essa anche la fortuna di un prodotto. L’effetto tempo contro soldi è un principio che può essere molto utile nelle strategie di marketing e di vendita, in quanto può davvero essere premiante parlare ai tuoi potenziali clienti del tempo speso bene che potranno vivere insieme al tuo prodotto o servizio piuttosto che parlare dei soldi, fossero anche quelli risparmiati. Uno dei nostri principali obiettivi, infatti, è quello di passare del buon tempo, divertendoci.

11- Posiziona le immagini e gli elementi grafici a sinistra

Neuromarketing applicato al web: image on left better converting

Pensi che il tuo cervello sia un dispositivo semplice e chiaro, che non fa differenza tra quello che i tuoi occhi vedono a sinistra e quello che vedono a destra? In questo caso, vecchio mio, ti sbagli.

Gli studi di neurologia, infatti, ci dicono che i due emisferi del cervello hanno funzioni differenti, e che le cose che vediamo a destra vengono processate dall’emisfero sinistro, mentre le cose che vediamo a sinistra sono processate dall’emisfero destro.

Non avresti preteso niente di più semplice, vero?

Fin qui niente di particolarmente interessante, senonché gli stessi studi di neurologia ci spiegano anche che l’emisfero destro del nostro cervello è maggiormente predisposto per l’elaborazione di immagini.

Neuromarketing applicato al web: emisfero-destro-sinistro

La posizione delle immagini nel Marketing

Sai cosa significa questo?

Semplice: vuol dire che se tu metterai gli elementi visuali a sinistra il cervello dei tuoi utenti riuscirà ad elaborare più velocemente e con meno sforzi la tua homepage e qualsiasi altra pagina, la quale di conseguenza avrà anche un più forte appeal sui tuoi utenti. Proprio così, un’immagine non dovrebbe mai e poi mai essere posizionata a caso nella pagina, anche una questione di neurologia.

E sì, come ormai avrai certamente intuito, un processo cognitivo liscio e senza ostacoli è un elemento fondamentale per ogni singolo aspetto del tuo sito web, in quanto più gli utenti troveranno semplice e soddisfacente la navigazione, maggiori saranno le probabilità che essi proseguano fino alla fine del sentiero da te preparato, insomma, fino all’acquisto, l’iscrizione al servizio, l’abbonamento, o qualsiasi sia l’obiettivo che ti sei proposto.

Semplicità cognitiva

Si parla di semplicità cognitiva quando si vuole esprimere la facilità con la quale il nostro cervello processa delle informazioni.

Il premio Nobel Daniel Kahneman nel suo famoso libro Pensieri lenti e veloci spiega che il nostro cervello ha due modi di pensare: il primo opera in maniera automatica e veloce, con poco o nessuno sforzo, e senza alcuna volontarietà da parte della persona; il secondo sistema invece richiede attenzione ed è consapevole, e può richiedere uno sforzo anche intenso (pensiamo al caso in cui il nostro cervello deve eseguire dei calcoli complessi).

Il libro lo trovi Cliccando qui.

Quando la semplicità cognitiva diminuisce – come conseguenza di un maggiore sforzo mentale richiesto – noi facciamo entrare in gioco il secondo sistema e entriamo in uno stato di sforzo cognitivo.

Il principio della semplicità cognitiva rivela che quando le persone devono passare al secondo sistema di pensiero, attivando uno sforzo mentale, diventano automaticamente più vigili e sì, anche più sospettose.

Insomma, a chi vuole fare affari con noi converrebbe sempre che il nostro cervello rimanesse nel primo modo di pensare: tutto andrebbe più liscio (per chi vuole vendere).

Ma non sempre è così, e spesso una trattativa fallita è il risultato di una diminuzione del livello di confidenza e di una riduzione della fiducia.

In altre parole, le persone sono più felici e maggiormente aperte quando le situazioni sono immediatamente comprensibili e semplici da interpretare, nelle quali quindi possono sentirsi al sicuro e rilassate.

Facciamo un esempio, e pensiamo allo shopping nel periodo delle promozioni e degli sconti.

Il modo con il quale i prezzi sono espressi e sottolineati influenza molto l’attitudine delle persone e quindi la loro interazione con quei prodotti ( e quindi la possibilità di portare a termine l’acquisto).

Se i prezzi di vendita sono semplice da capire quando utilizzano delle percentuali per esprimere lo sconto (per esempio il facilissimo ‘-50%’) oppure con un nuovo prezzo di vendita già calcolato a beneficio del cliente (‘ora a soli 20 euro!’ per esempio) allora le menti dei clienti reagiranno in modo automatico e resteranno molto probabilmente favorevolmente colpite.

Se invece si rivelerà necessario compiere dei complessi calcoli mentali per capire effettivamente come si articola l’offerta promozionale (per esempio entrare in un negozio che ci obbliga a calcolare lo sconto del 12% sul prezzo di 27,28 euro) allora in quel caso il cervello non potrà che passare al secondo sistema di pensiero, ovvero quello lento e consapevole, il quale richiede più attenzione.

Questo significa che i clienti dovranno riporre maggiore attenzione nel calcolo e, invece di concentrarsi sui benefici della promozione, inizieranno a porsi delle domande intorno alla vantaggiosità o meno dell’affare, oppure cominceranno a domandarsi se davvero hanno bisogno di un altro paio di scarpe, di una borsa nuova, eccetera.

Più pesante sarà lo sforzo cerebrale richiesto ai clienti, maggiori saranno le probabilità di instillare reazioni sospettose e apertamente negative.

Scommetto che ti stai domandando in che modo questo principio può essere utilizzato come tecnica di persuasione nell’ottimizzazione del tuo sito web.

Pensi forse che non sia spendibile in quanto tu non proponi sconti al cambio di stagione?

Non ti forse detto, all’inizio di questo post, che queste tecniche di persuasione possono essere utilizzate in quasi tutte le forme di portali online?

E in effetti, gli utilizzi del principio di semplicità cognitiva, nel marketing, sono davvero tanti. La prima applicazione che mi viene in mente, per esempio, è estremamente generale, ma da non sottovalutare: alcuni studi psicologici hanno infatti dimostrato che nel settore della finanza le azioni associate a compagnie con dei nomi semplici da pronunciare performano meglio rispetto a quelle caratterizzate da nomi difficili da pronunciare.

Nel web marketing, in linea di massima, è consigliabile utilizzare qualsiasi elemento che possa semplificare un sito web: parliamo quindi di infografiche, di web design intuitivo, di font di facili lettura, eccetera.

12 – Usa dei modelli attraenti (quando è appropriato!)

Neuromarketing applicato al web: modelli attraenti per convertire di più

Di certo non ti sto svelando un gran segreto dicendoti che sì, usare dei modelli attraenti nel tuo sito web può essere davvero una mossa efficace, nel caso in cui il contesto sia quello adatto.

Ma attenzione, più o meno tutti sanno che un bel sorriso vale più di mille parole, ma non tutti sanno il reale motivo dietro a questo meccanismo, e ancora meno persone sanno sfruttarlo nel migliore dei modi.

Gli studi hanno dimostrato che usare dei modelli per promuovere un prodotto incrementa il livello di credibilità, alza il livello di attenzione delle persone e sì, fa aumentare anche la volontà di acquisto.

L’attrazione fisica

Il principio di attrazione fisica va ad esplorare il modo in cui noi reagiamo ai modelli e alle modelle che vengono usati e usate nell’adverstising, sia esso in televisione, in rete o sui media cartacei.

Ovviamente la posta in gioco è altissima, dato che non si contano i brand a livello internazionale che usano di volta in volta dei modelli e delle modelle particolarmente intriganti per promuovere i propri prodotti e servizi.

Partendo da queste basi, i ricercatori hanno scoperto che, laddove utilizzati in un contesto appropriato, i modelli attraenti e il loro aspetto più che piacevole hanno senza ombra di dubbio un effetto positivo sull’efficacia della promozione.

Se noi troviamo un modello utilizzato in una pubblicità fisicamente attraente, questo in qualche modo va a incrementare la credibilità di quel prodotto, il nostro desiderio di acquistarlo e in generale la nostra attitudine positiva verso quel prodotto, come anche l’attenzione riposta nella promozione.

A dimostrare tutto questo sono stati gli studi scientifici svolti già negli anni Ottanta da Caballero, Pride, Kahle, Homer e Kamins.

Per spiegare questo fenomeno sono state avanzate del resto molte ipotesi diverse.

Di certo è più che comprensibile che un modello dai muscoli scultorei possa creare un alone di credibilità all’interno dell’advertising di una palestra, no?

Ma come mai, invece, l’immagine di donne sexy e seminude aiuta la vendita di un determinato marchio di pneumatici?

Da quando le playmate sono delle esperte in fatto di gomme?

È indubbio che abbiamo la tendenza a comparare noi stessi ai modelli usati nelle pubblicità, e che siamo inclini a progettare le loro qualità – ovvero nella maggior parte dei casi bellezza e sicurezza – nei prodotti che loro stanno mostrando oppure utilizzando.

Neuromarketing applicato al web: beautifull girl

Non va poi dimenticato il fatto che sì, sembra proprio che il pensiero di possedere quel prodotto così promosso ci dia l’impressione o meglio l’illusione di avvicinarci un po’ a quei modelli. Ma attenzione, perché in certe situazioni potrebbe succedere esattamente il contrario.

Proprio così, non si scherza nemmeno con i più classici strumenti della pubblicità: come ha dimostrato Bower nel 2010, in taluni contesti è del tutto possibile che l’utilizzo di modelli attraenti e ‘inarrivabili’ possa risultare finanche controproducente, andando cioè a sminuire l’immagine che i potenziali clienti hanno di sé stessi in confronto con quella del modello.

Il risultato, per il brand, non potrebbe ovviamente essere che negativo.

Insomma, come si può capire parlando di questo particolare bias cognitivo, ci sono molti fattori in gioco da prendere in considerazione: per utilizzare questa tecnica di persuasione nel tuo sito web e più in generale per la promozione del tuo brand devi infatti pensare a come i tuoi clienti andranno a comparare sé stessi al modello, a qual è l’orientamento sessuale dei tuoi clienti, e quale tipo di prodotto stai effettivamente promuovendo.

Ricordi ad esempio il famoso spot della Apple nel quale un ragazzo in linea faceva da contro personaggio al tecnico della microsoft?

Neuromarketing applicato al web: spot apple

Talvolta non ci si pensa, ma l’apparenza fisica di quel modello o di quella modella può effettivamente influenzare il modo in cui i clienti guardano e pensando ad un brand.

Guardando quella determinata modella mentre utilizza il tuo prodotto in uno spot tv, per esempio, i potenziali clienti non potranno che effettuare delle deduzioni sul prodotto stesso, e quelle deduzioni devono essere assolutamente positive ed in linea con il messaggio che tu vuoi lanciare.

Quella precisa modella o quel preciso modello potrebbero trasmettere lusso, successo, gentilezza o altri valori positivi ai quali il tuo cliente aspira e che vuole agguantare con il tuo prodotto, oppure al contrario potrebbe trasmettere superficialità, sfiducia, gelosia, eccetera…. vuoi che qualcuno assimili il frutto del tuo arduo lavoro e dei tuoi investimenti a queste sensazioni negative? Non credo proprio!

In alcuni casi l’utilizzo di modelli e di modelle, dunque, è infruttuoso, e non è raro che i brand se ne accorgano troppo tardi.

Già nel 1984 Pride e Caballero dimostrarono che usare dei modelli attraenti e piacenti per promuovere un prodotto come i fazzoletti era del tutto improduttivo. È infatti da tenere in conto, come i due hanno evidenziato nel loro studio, che il fatto di utilizzare delle persone in perfetta forma per pubblicizzare un prodotto orientato per lo più a persone malate non ha dato altro risultato che diminuire la credibilità stessa dello spot.

Da questo e da altri esempi si capisce dunque come sia necessario utilizzare il Principio dell’attrazione in modo attento e prudente, cercando di analizzare in profondità il contesto di riferimento dei tuoi prodotti e dei tuoi servizi, così da poter davvero colpire nel segno il tuo target.

L’effetto alone

Tra quelli elencati in questa approfondita guida sulle tecniche di persuasione, probabilmente l’effetto alone è il bias cognitivo più conosciuto, soprattutto nel mondo del marketing. Da questa premessa dovresti aver capito che sì, questa parte è particolarmente importante: hai drizzato per bene le orecchie?

Bene, ora che ho la tua completa e assoluta attenzione, posso procedere.

Sai che molte persone tendono naturalmente a giudicare intelligente una piacente persona totalmente sconosciuta, basandosi dunque unicamente sul suo bell’aspetto?

Ecco, questo è l’esempio più classico del bias cognitivo dell’effetto alone.

Neuromarketing applicato al web: effetto alone in psicologia

Questo bias infatti influenza in modo piuttosto pesante e irrazionale la nostra percezione, portandoci a basare il nostro giudizio su una ristretta selezione di informazioni che abbiamo riguardo qualcosa o qualcuno.

Molto spesso, infatti, tendiamo a ricamare la nostra visione di un prodotto o di una persona in base alla nostra prima impressione: noi abbiamo visto solo l’1% di quella cosa, ma in base ad esso giudicheremo in egual modo anche il restante 99%.

Se vediamo qualcuno sotto una buona luce, non faremo altro che attribuirgli tutte le migliori e più lucenti caratteristiche, in modo piuttosto arbitrario e senza un vero e proprio fondamento. In altre parole, noi attribuiamo delle caratteristiche positive alle persone o alle cose in base ad una sola prima osservazione.

Questo particolare bias cognitivo è stato teorizzato da Thomdiche nel 1920, per poi essere provato da Asch del 1946 e da Clifford nel 1975.

Ques’ ultimo, in particolare, ha dimostrato quanto detto in precedenza, ovvero che le persone attraenti sono in linea di massima considerate anche intelligenti, anche se in realtà questi due fattori non hanno assolutamente nulla a che fare l’uno con l’altro.

Per testare questa ipotesi, Clifford ha mostrato a degli insegnanti le fotografie di alunni sconosciuti e ha chiesto ai partecipanti di fare delle assunzioni e delle ipotesi relative all’intelligenza, all’impegno scolastico e ad altri aspetti della vita di questi ragazzini mai incontrati.

Ebbene, i risultati hanno chiaramente dimostrato che le fotografie degli scolari esteticamente più ‘belli’ venivano associate dagli insegnanti ad altrettante caratteristiche positive riguardo alla loro intelligenza, diversamente a quanto avveniva invece nei casi di scolari meno oggettivamente ‘attraenti’.

Nella realtà, però, non c’erano ovviamente delle basi concreti a giustificare queste asserzioni: l’unica spiegazione è il fatto che una caratteristica positiva ne richiama nella nostre psiche inconsapevolmente un’altra.

L’effetto alone, inoltre, lavora anche nel senso opposto: in questo caso si parla solitamente di ‘effetto diavolo’ o di ‘effetto corna’.

Nello stesso modo in cui tendiamo a giudicare una persona positivamente in base ad una sola e isolata informazione positiva, facciamo esattamente l’opposto ritrovandoci davanti ad una sola informazione negativa.

Vuoi un esempio concreto?

Ebbene, ipotizziamo che tu non conosca Caio Sempronio, che tu non sappia assolutamente nulla di lui. Ebbene, ipotizziamo poi che tu veda per la prima volta Caio accompagnato da un gruppo di persone che invece conosci e che non ti piacciono affatto: molto probabilmente, pur senza scambiarci nemmeno mezza parola, anche Caio Sempronio da quel momento in poi non ti piacerà.

O potrebbe succedere anche l’inverso, nel senso che potresti giudicare negativamente un intero gruppo sulla base della tua antipatia nei confronti di un singolo individuo.

E qui veniamo al sodo, perché l’effetto alone ha un’importanza molto marcata quando si parla di brand e di business.

Pensiamo ad esempio ad un brand particolarmente conosciuto per un la qualità di un singolo prodotto: tale brand potrebbe scoprire che anche tutti gli altri suoi prodotti meno rinomati, in virtù della diffusione del primo, sono in realtà universalmente riconosciuti come di alta qualità, anche da chi non li ha mai in realtà provati.

Allo stesso modo, quando si promuove un certo prodotto o un determinato servizio, la pubblicità risultante molto probabilmente verrà attribuita al brand nelle sua interezza, così da avere un impatto molto più diffuso e positivo rispetto a quello che avrebbe dovuto generare una particolare campagna di advertising.

A partire da queste basi, molto spesso le strategie di marketing si basano solamente su uno o due elementi positivi (come per esempio la testimonianza di un cliente o il sostegno di una celebrità) per far brillare una luce diffusa non sul singolo particolare quanto invece sull’intero brand.

13- Utilizza ed evidenzia le parole che trasmettono emozioni

Neuromarketing applicato al web: emotional words

Le parole che trasmettono emozioni sono importantissime parti del tuo contenuto in quanto costituiscono il grilletto che più degli altri ha concrete possibilità di attrarre l’attenzione degli utenti e, in seconda battuta, di indurli all’azione.

Sto parlando di parole semplici, immediate e allo stesso tempo evocative come ‘piacere, gioia, desiderio‘ , le quali costituiscono un modo davvero facile ed efficace per stimolare positivamente gli utenti del tuo sito web.

Per potenziare il loro effetto, quindi, ti consiglio di enfatizzare queste parole, mettendole in grassetto, scrivendole con un font leggermente più grande oppure inserendole direttamente in maiuscolo, senza però mai esagerare: non vorrai certo dare l’impressione ai tuoi utenti di urlare sulla tua pagina web!

In ogni modo, cerca di far affiorare come prima cosa dal tuo testo proprio queste parole, così da attirare subito su di loro l’attenzione compiaciuta dei visitatori, la quale altrimenti potrebbe finire dispersa nelle parti meno importanti delle tue pagine web.

L’effetto focalizzazione

L’effetto focalizzazione è il mondo attraverso il quale la mente umana va a conferire fin troppa enfasi su certi limitati fattori nel momento in cui deve prendere delle decisioni.

Invece di prendere in considerazione tutti i fattori che possono essere magari più importanti ma meno distintivi, nel momento in cui dobbiamo prendere una decisione ci affidiamo unicamente ad una manciata di informazioni mainstream.

Questo ovviamente non può che portare ad un giudizio sbilenco, il quale spesso sboccia in una valutazione erronea poggiata su delle informazioni lacunose.

In un esperimento effettuato da Schkade e Kahneman nel 1998, ai partecipanti veniva fatta una semplice ma precisa domanda: sono più felici gli abitanti della California o quelli del Mid West?

In grande maggioranza gli interrogati risposero dicendo che i Californiani vivevano un’esistenza più felice.

Indubbiamente tutte queste persone erano vittime dell’effetto focalizzazione, basando la loro risposta sull’ideale, o meglio sul cliché, secondo il quale in California c’era un tempo migliore, si viveva lungo il mare, la vita era rilassata eccetera.

Ma non c’è alcuna informazione riguardo l’effettiva felicità degli abitanti della California, come non c’è e non c’era riguardo a quella della popolazione del Mid West!

Ma ponendo l’enfasi su un limitato numero di fattori, i veri determinanti della felicità sono stati del tutto trascurati, come per esempio il tasso di criminalità, o la sicurezza nei confronti dei disastri naturali.

Hai capito dunque cosa si intende quando si parla degli errori figli dell’effetto focalizzazione?

Nell’arena commerciale, l’effetto focalizzazione è spesso utilizzato come una tecnica di vendita. Sapendo già in partenza che, di fatto, le persone sono disposte ad accettare che il merito di un certo prodotto che tu stai cercando di vendere si basa solamente su una manciata di fattori attentamente selezionati, allora le strategie di marketing e di web marketing devono ovviamente regolarsi di conseguenza.

Come sappiamo i consumatori sono alla costante ricerca di prodotti che, nella loro testa, dovrebbero in qualche modo migliorare le loro vite, e sono suscettibili ad essere informate intorno agli aspetti più affascinanti e manistream del prodotto, del servizio o dell’evento che tu stai cercando di vendere.

Concentrarsi solamente su una manciata di componenti chiave del prodotto che tu stai cercando di vendere, selezionando ad hoc le caratteristiche maggiormente riconoscibili e distintive, è un modo efficace per convertire l’effetto focalizzazione in una tecnica di persuasione, e quindi in un efficace strumento di marketing.

14 – Dai profondità visuale alle tua call to action usando un bordo

Neuromarketing applicato al web: bordo per evidenziare call to action

Occhei, questo è certamente uno dei consigli più immediati, concreti e semplici che riceverai all’interno di questa guida per l’ottimizzazione di homepage e di landing page.

Ma attenzione, è un consiglio diretto, ma non per questo è banale!

Una call to action è prima di tutto un bottone, e per funzionare come tale deve averne tutto l’aspetto!

Per mostrarlo senza ombra di dubbio e già alla prima occhiata agli utenti puoi usare, un bordo oppure delle ombre, per fare sì che il bottone si separi distintamente dal resto della pagina e che risulti schiettamente ‘cliccabile’. Questo effetto visuale aiuterà le persone a percepire subito l’interattività di quell’elemento e li porterà ad essere coinvolti dalla tua pagina senza alcuna frustrazione.

L’euristica della rappresentatività

L’euristica della rappresentatività è un bias cognitivo studiato da Kahneman e Tversky nel loro articolo Subjective Probability: A Judgment of Representativeness, pubblicato nel 1972.

Qui i due dimostrano come le persone tendano a forzare delle probabilità statistiche per fare in modo che esse coincidano con le loro convinzioni nel momento in cui devono prendere delle decisioni sulla probabilità di un evento incerto.

L’euristica della rappresentatività spiega inoltre il modo in cui noi assimiliamo degli oggetto ad una certa categoria basandoci semplicemente su un numero limitato di similitudini.

Anche se qualcosa non entra in modo netto ed esatto in quella categoria conosciuta, noi tendiamo a giudicarla comunque come appartenente ad essa in base ai pochi paralleli che riusciremo a tracciare.

Sarebbe un po’ come pensare che un’automobile Alfa Romeo parcheggiata sotto casa sia una Ferrari solamente perché è rossa ed ha quattro ruote

Questa scorciatoia ci porta a giudicare le probabilità in modo fazioso, finendo per comparare e accomunare delle cose che sono solo apparentemente simili piuttosto che basarci invece su delle statistiche oggettive o su delle solide conoscenze pregresse.

Vuoi un esempio pratico?

Ebbene, pensa di essere in mezzo alla natura a fare un trekking, una bella passeggiata immersa nella natura, in mezzo a boschi e uccelletti che cantano.

Ecco, pensiamo proprio ai volatili che passano sopra alla tua testa.

Prima ti sono passati sopra alla testa due uccelli neri, uno dopo l’altro. Ora poco più in là ne è passato un altro, sempre dello stesso colore.

Sono sicuro che, non appena sentirai il canto di un altro uccello, ti aspetterai di vederlo nero come tutti gli altri, ma non solo: nella tua testa finirai forse per assumere che in quella zona ci sono solo uccelli neri, come se quella fosse un’intera area riservata ai merli.

Ma entrambi questi ragionamenti sono delle assunzioni figlie di questo bias cognitivo che si basa sulla generalizzazione e non su delle probabilità statistiche.

Matematicamente parlando, senza sapere praticamente nulla della distribuzione ornitologica dell’area, le probabilità che passi un uccello nero possono essere uguali o persino minori di quelle che passi un uccello marrone, bianco, grigio o persino rosso, no?

Nel web marketing puoi utilizzare a tuo favore questo principio in molti modi.

Il tuo scopo potrebbe – e dovrebbe – essere quello di voler far apparire il tuo prodotto come il più attraente possibile agli occhi dei tuoi utenti.

Alla luce di questo, come può questo particolare bias cognitivo trasformarsi in una tecnica di persuasione?

Beh, potresti evidenziare tutte le similitudini che il tuo prodotto può vantare con un altro prodotto che tu sai per certo che il tuo pubblico apprezza (magari basandoti sulla certezza che quel particolare pubblico ha già acquistato quel determinato prodotto in passato).

Oppure, per sfruttare questo principio, puoi far capire ai tuoi potenziali clienti che i tuoi prodotti o i tuoi servizi combaciano perfettamente con le loro aspettative, le quali a loro volta si fondano su i più alti e popolari modelli di riferimento.

15- Pubblica delle foto in cui il tuo prodotto viene utilizzato in diversi modi

Neuromarketing applicato al web: prodotto utilizzato e non solo mostrato

La foto del tuo prodotto nudo e crudo su uno scaffale o nella sua confezione non è certo il modo migliore per promuoverlo presso i tuoi clienti.

Le persone sono molto più inclini ad acquistare un prodotto quando questo è mostrato in un modo che le aiuta a visualizzare sé stessi nell’atto di utilizzarlo e quindi di goderne.

Per questo motivo, per ridurre lo sforzo mentale dei tuoi possibili acquirenti – te l’ho già detto vero che siamo incredibilmente pigri e che qualsiasi scorciatoia è più che ben accetta per la nostra mente, vero? – affinché questi possano instaurare una connessione emozionale con quel prodotto e considerarlo come una parte della propria vita, può essere senz’altro utile utilizzare delle immagini in cui quel preciso prodotto viene utilizzato nei più svariati modi possibili e soddisfacenti.

Questo è ovviamente importante specialmente per i business online, i quali per loro natura devono accontentare una clientela che non ha in alcun modo la possibilità di vedere concretamente e di toccare il prodotto prima di fare l’acquisto.

L’effetto della descrizione visuale

L’effetto della descrizione visuale è stato studiato nel 2012 da Elder e Krishna, i quali lo hanno descritto come il modo attraverso il quale siamo capaci di entrare in interazione mentale con un prodotto quando lo vediamo pubblicizzato.

Nel dettaglio, secondo il loro studio le persone sono maggiormente inclini a desiderare e quindi ad acquistare un prodotto quando questo viene rappresentato visivamente in un modo che le aiuta ad immaginare sé stesse mentre lo utilizzano.

È infatti per esempio sufficiente assicurarsi che il tuo prodotto sia in orientato in modo da poter essere afferrato o utilizzato da una cliente destrimano (ovvero dalla maggior parte della popolazione) per aumentare l’interesse dei potenziali clienti davanti all’immagine del prodotto.

L’avresti mai immaginato?

In modo del tutto simile, può essere ancora più efficace mostrare il prodotto mentre viene utilizzato da qualcuno, senza il suo packaging, o magari ancora meglio accompagnato da un utensile o da uno strumento che può essere utilizzato nel mondo reale insieme a quel prodotto.

Hai mai visto una pubblicità dello yogurt senza un cucchiaino? Probabilmente no, e il motivo è proprio questo.

Difficilmente negli spot tv un’automobile viene mostrata immobile su un piedistallo, no, verrà invece filmata mentre affronta spavalda autostrade completamente libere, o mentre scavalca rampe inverosimili (nel caso dei fuoristrada) o mentre vengono caricate all’inverosimile (nel caso dei SUV) senza mai dimenticare, in tutti i casi, una bella inquadratura dell’interno con un bel guidatore sorridente e felice della propria vita con quelle specifiche quattro ruote.

Neuromarketing applicato al web: suv spot

Promuovere un prodotto utilizzando queste tattiche ci aiuta a ridurre lo sforzo mentale richiesto ai clienti, così da spingerli a connettersi più agevolmente con il prodotto e qa immaginarlo come parte integrante dello loro vite.

L’effetto di descrizione visuale è davvero essenziale quando si parla di vendite e di strategia di marketing, soprattutto, come anticipato, quando si parla della rete e degli store online.

Nei business online, infatti, l’immaginazione gioca un ruolo davvero essenziale, in quanto i clienti, non essendo in grado di vedere fisicamente i prodotti, non possono che colmare questo gap immaginando delle proiezioni di quei beni: il tuo compito è aiutarli a farlo con il minimo sforzo, perché, come mi piace dire, la rete non ha sapore né odore, e quindi noi dobbiamo impegnarci doppiamente per soddisfare i nostri clienti.

16- Trasforma in link i menu, le liste e le icone complementari

Neuromarketing applicato al web: illuminare stato hover

Probabilmente lo sai già, ma in rete ci sono dei particolari programmi che, se agganciati al tuo sito web, ti permettono di vedere cosa combinano i tuoi utenti passo dopo passo: alcuni, per esempio, ti fanno vedere dove gli utenti passano il mouse, e quindi dove cliccano.

E sì, soprattutto grazie a questi strumenti ti puoi accorgere che gli utenti non sono per nulla perfetti.

È questa la triste realtà: quanto navighiamo in rete facciamo errori continuamente. Infatti, non è per niente raro vedere che le persone cliccano distrattamente su aree che in realtà non sono affatto cliccabili. Inutile combattere contro questi errori, li commetteremo sempre.

Una volta riscontrati, al contrario, è decisamente il caso di trasformarli in un vantaggio, trasformando i contenuti di quelle aree in elementi realmente cliccabili, così da diminuire la frustrazione dei clienti e farli continuare nella loro navigazione.

Per esempio puoi linkare e quindi rendere cliccabili i menu, le liste di elementi all’interno delle tue pagine web, le icone e le immagini.

Il bias dell’autonomia

Il bias dell’autonomia è parte della teoria dell’autodeterminazione studiata e sviluppata prima da Deci (1971) e poi da Ryan (2008), la quale esplora quanto del comportamento di ogni individuo è frutto della automotivazione.

Nello specifico, il bias dell’autonomia si riferisce al nostro universale e innato bisogno di essere gli agenti principali delle nostre stesse vite. Abbiamo infatti il bisogno di prendere le nostre personali decisioni e di avere l’abilità di implementare queste scelte seguendo la nostra libera e incondizionata libertà.

Questo può includere non solo cosa fare, ma anche quando farlo, dove farlo e come farlo.

Un livello molto alto di autonomia percepita corrisponde ad un senso di assoluta certezza, di stress ridotto e ad un alto livello di ‘motivazione intrinseca’, così come spiegato da Ryan.

Alle persone, come è del resto noto, non piace sentirsi obbligate da altri a fare qualcosa, in quanto questa situazione mina la loro intrinseca motivazione, rendendole infine meno interessate a fare quella determinata azione.

Molti studi hanno dimostrato che le restrizioni della nostra autonomia portano ad una potente insoddisfazione.

Un particolare studio, per esempio, ha rivelato come la più grande fonte di insoddisfazione tra i dottori di una particolare clinica non era tanto l’avere continuamente a che fare con le compagnie di assicurazione o con alte pile di scartoffie burocratiche, quanto invece non avere il pieno controllo sulla pianificazione delle loro mansioni quotidiane.

Altri studi hanno poi mostrato come persino le azioni altruistiche (le quali normalmente sono state mostrate come azioni che incrementano la positività di una persona) finiscono per non produrre nessun effetto benefico in chi la compie quando queste sono caldamente invitate da terzi.

Il bias dell’autonomia nel Marketing

Il bias dell’autonomia ha molte applicazioni nel mondo del management e del marketing, in quanto si può trasformare in uno strumento per motivare i clienti ad ottenere i migliori risultati.

Conoscendo come premiare la loro autonomia, inoltre, è possibile puntare ad un loro pieno engagement nella propria attività online, il che vuol dire l’avere a nostra disposizione una tecnica di persuasione molto potente e allo stesso tempo duttile.

Sei pronto per l’ultima delle fondamentali tecniche di persuasione per il tuo lancio digitale?

17- Usa immagini interattive invece che immagini statiche

Neuromarketing applicato al web: oggetto 3d

Le ricerche hanno dimostrato che i consumatori sono in linea generale maggiormente attratti da immagini interattive piuttosto che dalle immagini statiche.

Pensa per esempio alla visualizzazione 3D di un prodotto, che oltre a rendere più divertente la user experience riesce a conferire più informazioni al cliente intorno al prodotto presentato.

Il prodotto riportato in un’immagine 3D risulta infatti molto più completo e soddisfacente oltre che più tangibile, così da dare ai potenziali clienti la possibilità di immaginarlo tra le loro mani e quindi incoraggiandoli ad effettuare l’acquisto.

Questa tecnica è particolarmente consigliata per quegli store online che commerciano prodotti che possono effettivamente beneficiare dall’essere ‘toccati’ o guardati molti da vicino, come per esempio capi d’abbigliamento, gioielli, opere d’arte e materiale grafico in generale.

Teoria dell’autoefficacia

La teoria dell’autoefficacia, formulata nel 1984 dallo psicologo canadese Albert Bandura, dimostra come la nostra percezione riguardante la nostra capacità di completare un’azione influenza concretamente la nostra reale abilità nonché il nostro comportamento nel portare a termine quella determinata azione.

Neuromarketing applicato al web: Albert bandura autoefficacia
Albert Bandura

In altre parole, più competenti pensiamo di essere, più grande è la nostra motivazione intrinseca che ci spinge ad operare in quel modo. Un alto livello o un basso livello di autoefficacia possono dunque determinare se qualcuno sceglierà o meno di affrontare un arduo compito o se invece lo percepirà come un’impresa impossibile da completare.

Seguendo la teoria di Bandura, dunque, le persone con un alto livello di autoefficacia sono molto più propense a vedere nelle task più difficili qualcosa da affrontare, piuttosto che qualcosa da evitare.

Sono del resto diversi i fattori che possono influenzare la nostra autoefficacia: possono infatti entrare nel merito delle esperienze passate di successo in attività simili, opinioni positive sulle nostre capacità o persino le esperienze per interposta persona (l’aver osservato qualcuno portare a termine quell’azione potrebbe infatti spingerci a sentirci maggiormente preparati ad affrontarla con successo a nostra volta).

Uno studio scientifico ha dimostrato la teoria dell’autoefficacia analizzando in profondità due gruppi di studenti intenti a risolvere dei puzzle in tre differenti sessioni.

Il gruppo A ha ricevuto dei feedback positivi durante la prima sessione di gioco, mentre il gruppo B non li ha ricevuti.

Ebbene, il risultato ha dimostrato in modo palese che il gruppo A era molto più motivato e allo stesso tempo molto più efficace nell’affrontare le sfide seguenti rispetto al gruppo B, che non era stato fatto oggetto di complimenti e incoraggiamenti.

L’autoefficacia nel Marketing

La teoria dell’autoefficacia è molto utilizzata nel marketing online per aumentare la motivazione e la fiducia in sé stessi dei visitatori nel momento in cui viene chiesto loro di affrontare e completare un’attività online.

Non riesci a capire di quali attività stiamo parlando?

Ebbene, ci riferiamo all’acquisto online di prodotti e di servizi, ma anche allo scrivere una recensione, al sottoscrivere una membership o iscriversi ad una newsletter.

Per incoraggiare gli utenti a compiere queste azioni potresti per esempio portare davanti ai loro occhi delle prove visuali di altri utenti che hanno portato a termine quell’azione in precedenza, riportando dunque numeri, foto e opinioni favorevoli.

Neuromarketing: Il libro che ti consiglio.

Quello del Neuromarketing applicato al web è un tema trattato in maniera esauriente e densa di esempi e applicazioni pratiche nel libro di Andrea SalettiNeuroMarketing e scienze cognitive per vendere di più sul web“.

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Non a caso lo trovi nella mia personale Top5 dei libri che possono (davvero) aiutarti a promuoverti sfruttando il web.

Vuoi un consiglio? Prendilo ora.

Osservazioni finali

Eccoci qui, giunti alla fine di questo lungo viaggio nelle tecniche di persuasione per il tuo lancio digitale: su queste basi potrai ottimizzare al meglio la tua homepage, le tue landing page, ma anche le schede prodotto del tuo e-commerce e persino i testi delle tue newsletter.

Hai capito quanto può essere utile conoscere i bias cognitivi dei consumatori per poter aumentare le tue chance di vederli diventare tuoi fedeli e soddisfatti clienti?

Bene, inizia a mettere in pratica quello che abbiamo visto insieme già oggi: fai una bella pausa, prenditi un caffè, e poi inizia a modificare il tuo sito web, fammi sapere come è andata mi raccomando!

Linkografia:
http://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S0749597897927060
https://en.wikipedia.org/wiki/Attentional_bias
https://it.wikipedia.org/wiki/Robert_Cialdinihttps://it.wikipedia.org/wiki/Teoria_del_prospetto
https://en.wikipedia.org/wiki/Ambiguity_effect
http://convertize.blog/persuasive-techniques-saas/
https://en.wikipedia.org/wiki/Information_bias_(psychology)
Daniel Kahaneman: Pensieri Lenti e pensieri Veloci
Robert B. Cialdini: Le armi della persuasione

Roberto Serra

Mi chiamo Roberto Serra e sono un digital marketer con una forte passione per la SEO: Mi occupo di posizionamento sui motori di ricerca, strategia digitale e creazione di contenuti.

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