Come un requisito tecnico nasconde una mossa strategica per il controllo dei dati
La mossa di Google sul JavaScript è un severo promemoria: nel digitale, i giganti tech possono cambiare le regole del gioco con un semplice click. Aziende come Semrush, che hanno costruito imperi sui dati di Google, si trovano improvvisamente in acque agitate. È la dura realtà del marketing digitale moderno: mentre promettiamo metriche precise e ROI garantiti, la verità è che operiamo in un ecosistema controllato da pochi player che possono stravolgere anni di strategie dall'oggi al domani. Nel digitale, l'unica costante è il cambiamento.
Nelle ultime ore, la comunità digitale è stata colta di sorpresa da un cambiamento apparentemente innocuo ma dalle conseguenze dirompenti. Google ha silenziosamente implementato un requisito che obbliga tutti gli utenti, sia umani che bot, ad avere JavaScript abilitato per poter effettuare ricerche. Chi tenta di accedere a Google Search senza JavaScript attivo si trova davanti a un messaggio inequivocabile: “Turn on JavaScript to keep searching“.
La comunicazione ufficiale di Google, rilasciata tramite un portavoce a TechCrunch, parla di una necessità di “proteggere meglio i nostri servizi e gli utenti da bot e forme evolutive di abuso e spam” e di “fornire le informazioni più rilevanti e aggiornate”. Ma questa è solo la superficie di una strategia molto più profonda e calcolata.
La comunità SEO internazionale si è immediatamente mobilitata per analizzare l’impatto di questa decisione. Radu Stoian, Technical Director di Enhance Media, ha offerto un’analisi illuminante che personalmente condivido in pieno: “La recente mossa di Google non è tanto mirata agli strumenti SEO quanto a impedire alle piattaforme LLM di IA di utilizzare i risultati di ricerca di Google per fornire risposte più accurate.” Una prospettiva che trova conferma in uno studio recente che ha evidenziato una forte correlazione tra le informazioni fornite da sistemi come ChatGPT e le classifiche di Google.
JavaScript non è solo un linguaggio di programmazione tra tanti. È il cuore pulsante del web moderno, presente sul 95% dei siti internet e responsabile di quella interattività a cui siamo ormai tutti abituati. Dalla validazione dei form in tempo reale alle animazioni fluide, dalle interfacce dinamiche alle applicazioni web complesse, JavaScript è ovunque.
La vera partita in gioco: il controllo dell’ecosistema dell’IA
Abbiamo già parlato ampiamente di come nel 2025, Sundar Pichai abbia già delineato la strategia di Google per assumere la leadership nel campo dell’intelligenza artificiale. L’azienda sta chiaramente cercando di porre fine al dominio di OpenAI/GPT, e questa mossa sul JavaScript è un tassello fondamentale di questo piano.
È come se Google stesse dicendo: “Il pallone è mio, e si gioca secondo le mie regole”.
Simon Schnieders, fondatore di una delle principali agenzie SEO del Regno Unito, su Linkedin fa notare che “mentre questa mossa sembra bloccare lo scraping di basso livello, non ferma lo screen scraping”, suggerendo che Google potrebbe star mirando a un obiettivo più ampio del semplice controllo degli strumenti SEO.
L’effetto immediato è stato evidente: diversi fornitori di dati SERP hanno riscontrato problemi significativi, come confermato da Andrew Hart, che ha sottolineato come “molti di questi fornitori SaaS hanno avuto importanti malfunzionamenti”. Ma il vero obiettivo sono i sistemi di intelligenza artificiale di terze parti che si addestrano utilizzando i risultati di Google come fonte primaria di dati.
Le implicazioni per il futuro del web e dell’IA
Questa mossa va vista nel contesto più ampio della strategia di Google per il dominio dell’IA. Google ha lavorato duramente per classificare le pagine web in base alle query degli utenti e ora non può permettere alle piattaforme di IA di beneficiare dei suoi algoritmi di ranking. Come nota Stoian, “le piattaforme di IA non possono renderizzare correttamente le pagine web, non possono identificare il contenuto principale di una pagina web e non utilizzano algoritmi di ranking per prevenire l’indicizzazione di contenuti spam.”
È una strategia brillante nella sua semplicità: chi controlla l’accesso ai dati, controlla lo sviluppo dell’IA. E Google, con questa mossa, si sta posizionando come il gatekeeper supremo dell’informazione digitale.
Per noi professionisti del digitale, questa è una sveglia importante.
Non possiamo più permetterci di dipendere completamente da un singolo ecosistema, per quanto dominante possa essere. È il momento di iniziare a pensare a strategie alternative, a diversificare le nostre fonti di dati e i nostri strumenti.
Il messaggio è chiaro: Google non vuole più essere solo un fornitore di informazioni, ma vuole palesare la sua posizione di architetto principale del futuro dell’intelligenza artificiale. E per farlo, non esita a utilizzare la sua posizione dominante nel mercato delle ricerche per influenzare l’intero ecosistema digitale. La prossima settimana sarà cruciale per capire come si evolverà questa situazione e quale sarà l’impatto reale su tutto l’ecosistema digitale.
La dura lezione dello strapotere digitale
Mentre osservo l’impatto di questa mossa di Google, non posso fare a meno di riflettere su quanto sia fragile l’ecosistema digitale che abbiamo costruito. Pensate a Semrush e alle numerose aziende che hanno costruito imperi analizzando i dati di Google: da un giorno all’altro, con un semplice switch JavaScript, i loro modelli di business vengono messi in discussione. È come costruire un grattacielo su un terreno che può tremare in qualsiasi momento – e il proprietario del terreno non deve nemmeno avvisarti prima di far tremare la terra.
Questa situazione ci mette di fronte a una verità scomoda che, come consulente digitale, mi trovo spesso a dover spiegare ai clienti: nel mondo digital, non esistono certezze granitiche. Chi promette risultati garantiti al centesimo sta vendendo illusioni. La realtà è che operiamo in un ecosistema controllato da giganti tecnologici che possono cambiare le regole del gioco con la stessa facilità con cui noi cambiamo le impostazioni del nostro smartphone.
Mi capita spesso di sentire domande del tipo “se faccio questo, ottengo quello?”. La verità è che il marketing digitale di oggi assomiglia sempre più alla pubblicità tradizionale di ieri: un mix di strategia, intuizione e adattabilità. L’era della misurazione perfetta sta tramontando – tra frammentazione dei canali, restrizioni sui cookie e privacy sempre più stringente, l’attribuzione delle conversioni è diventata più un’arte che una scienza esatta.
Stiamo tutti giocando a calcio su un campo dove l’arbitro può cambiare le dimensioni delle porte durante la partita. Le big tech sono diventate gli arbitri, i proprietari del campo e i fornitori del pallone, tutto in uno. E noi? Noi siamo i giocatori che devono essere pronti a cambiare tattica in qualsiasi momento.
Questa ultima mossa di Google non è solo un cambiamento tecnico: è un promemoria che ci ricorda quanto il fare business nel digitale oggi richieda una dose massiccia di realismo.
Non basta più essere bravi tecnicamente: bisogna essere resilienti, adattabili e, soprattutto, consapevoli che le nostre strategie digitali poggiano su fondamenta che altri possono scuotere a piacimento.
I giganti tecnologici possono decidere il bello e il cattivo tempo con un semplice aggiornamento dei loro termini di servizio. Secondo me, e ne sono convinto da tempo, la vera competenza sta nel saper navigare l’incertezza. Non è più tempo di promettere la luna nel pozzo, servono strategie flessibili, diversificate e, soprattutto, consapevoli dei limiti del nostro raggio d’azione.
A chi dice che “la SEO è morta” vorrei ricordare che noi SEO, siamo e staremo qui esattamente per questo.
Per trovare opportunità e soluzioni in scenari che sono sempre cambiati nel tempo e sono destinati a cambiare ancora e ancora una volta.
#avantitutta
FAQ
1. Qual è il cambiamento introdotto da Google riguardo a JavaScript?
Google ora richiede che JavaScript sia attivato per poter effettuare ricerche, bloccando l’accesso ai risultati a chi non lo ha abilitato.
2. Perché Google ha implementato questa modifica?
Secondo Google, la decisione serve a proteggere i servizi e gli utenti da bot, spam e abusi, oltre a garantire risultati più pertinenti e aggiornati.
3. Quali sono le implicazioni di questa mossa per la SEO e gli strumenti di analisi dei dati?
Molti strumenti SEO e piattaforme che si basano sui dati di Google, come Semrush, hanno riscontrato problemi nell’accesso ai risultati di ricerca, mettendo a rischio il loro modello di business.
4. Qual è la vera strategia dietro questa decisione di Google?
Al di là della sicurezza, la mossa sembra mirata a limitare l’accesso delle piattaforme di intelligenza artificiale ai dati di Google, consolidando il controllo dell’ecosistema digitale da parte dell’azienda.
5. Come dovrebbero reagire i professionisti del digitale a questa evoluzione?
Gli esperti del settore dovrebbero diversificare le fonti di dati e gli strumenti utilizzati, riducendo la dipendenza esclusiva da Google e adottando strategie più flessibili per affrontare i continui cambiamenti.
“JavaScript: il nuovo re della giungla digitale!”
“Economia del click!”
“Gioco sporco, ma geniale!”
“Controllo totale, eh?”
Wow, che mossa audace di Google! È come se avessero detto: “Ciao, tutti! Le regole le facciamo noi!” Anch’io mi sento un po’ come un pesce fuor d’acqua in questo mare di cambiamenti. Speriamo che non ci rimangano solo le briciole!
“Google gioca a monopoli mentre noi siamo i pedoni!”