Lo senti quel brivido lungo la schiena?
Ebbene, oggi parliamo di penalizzazioni SEO, il vero incubo di ogni consulente SEO e dei gestori di siti online. Pensa un attimo a quanto il tuo sito web è importante per la tua attività. Quanti utenti lo hanno visitato negli ultimi mesi? Quanti di loro sono poi stati trasformati in clienti? E quante altre persone, nei prossimi mesi, visiteranno il tuo sito per poi contattarti e richiedere i tuoi prodotti e i tuoi servizi?
Ecco, ora immagina che, tutto d’un tratto, il tuo sito scompaia dalla prima pagina di Google per le tue parole chiave principali. Ipotizziamo che tu abbia un e-commerce che campa soprattutto sulla ricerca organica e che quindi negli anni tu abbia lavorato strenuamente sul lato SEO per conquistare le prime posizioni su delle keyword molto competitive, magari anche grazie ad un estenuante lavoro sui dati strutturati. E se d’un colpo, in barba al lavoro fatto per indicizzare il sito, il tuoi prodotti chiave cadessero giù dalla prima, dalla seconda e dalla terza posizione su Google per piombare in basso loco, in cinquantesima posizione, lontanissimo dallo sguardo di ogni visitatore?
Come vedremo meglio tra poco, il risultato delle penalizzazioni SEO di Google può essere proprio questo. Per alcuni tipi di business si tratta di un problema non trascurabile, per altri può essere un grosso problema, per altri ancora può essere una vera e propria tragedia di portata apocalittica. Per questo motivo oggi voglio parlarti delle penalizzazioni SEO, spiegandoti quali sono, come individuarle e quali cause che scatenano la rabbia di Google. In questo modo potrai prevenirle o almeno, nel peggiore dei casi, riconoscerle in tempo, così da rimettere tempestivamente in riga il tuo portale anche se non sei un esperto SEO.
Chiaro? Bene, partiamo!
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- Penalizzazioni SEO: che cosa sono e perché esistono?
- Penalizzazioni SEO: quali tipologie esistono?
- Cosa succede se un sito viene penalizzato?
- Perché le penalizzazioni SEO sono infide e non fanno dormire sonni tranquilli
- Contenuti
- Link
- Advertising
- Varie
- Come capire se il tuo sito è stato penalizzato? Come correre ai ripari?
Penalizzazioni SEO: che cosa sono e perché esistono?
Negli ultimi anni Google ha lavorato parecchio per combattere ogni forma di spam e per garantire ai propri utenti i migliori risultati di ricerca. Le penalizzazioni SEO, infatti, esistono proprio per fare in modo che i gestori dei siti web operino per il bene degli utenti, senza cercare delle scorciatoie barbine per arrivare in cima alle SERP con dei contenuti scadenti – o quanto meno non eccellenti.
Google, quindi, va a infliggere delle penalizzazioni SEO nel momento in cui risconta dei comportamenti anormali su un sito. Tali problemi si possono ritrovare nel traffico, nel codice stesso del sito o nelle tecniche SEO on page e off page impiegate. Solitamente si parla di penalizzazioni SEO in generale, senza distinguere l’una dall’altra. Oggi però voglio andare più nello specifico, iniziando col dire che esistono due differenti tipi di penalizzazioni SEO.
Penalizzazioni SEO: quali tipologie esistono?
Prima di andare a vedere quali sono i due diversi tipi di penalizzazioni SEO a cui il tuo sito potrebbe andare incontro, voglio sottolineare che le penalty di Google non sono gli unici ostacoli in cui puoi incappare. Nossignore! Oltre alle penalizzazioni SEO dovresti temere anche i ban – ovvero l’esclusione totale del tuo portale dal motore di ricerca – e i filtri, che di fatto cancellano il sito dalle SERP per determinate ricerche.
Fatta questa doverosa precisazione, possiamo andare a vedere nel dettaglio quali sono le due penalizzazioni possibili:
- Penalizzazioni manuali: come suggerisce il nome, dietro a queste penalizzazioni SEO c’è lo zampino di un umano, ovvero di un operatore di Google. Costui, il cosiddetto Quality Rater, dopo aver analizzato un sito web può decidere che quest’ultimo ha contravvenuto le linee guida in una o più occasioni. Occhio che i Quality Rater non si limitano a controllare e a soppesare la bontà e la qualità dei tuoi contenuti. No, vanno oltre, ad esempio vanno a verificare se il sito è effettivamente responsive e se ha una buona reputazione. In ogni caso, qualora il nostro sito ricevesse una penalizzazione di questo tipo verremmo avvisati tempestivamente via email.
- Penalizzazioni automatiche: qui non c’è nessun umano coinvolto. L’artefice, in questo caso, è uno degli algoritmi di Google. Quando scatta una penalizzazione automatica non si riceve alcuna email, ma si vede il traffico ridursi notevolmente in tempi piuttosto brevi. Insomma, i campanelli d’allarme non mancano comunque (più avanti vedremo anche come capire quale azione ha portato alla penalizzazione). Di fatto, dietro le penalizzazioni SEO automatiche si nascondono Panda, Penguin e compagnia bella, gli algoritmi che Google ha creato appositamente per controllare la bontà dei siti web da indicizzare. Panda va a verificare l’usabilità e la qualità dei contenuti, mentre il compare Penguin si focalizza sulla cosiddetta over-optimization.
Cosa succede se un sito viene penalizzato?
Ogni buon consulente SEO sa che esiste penalizzazione e penalizzazione. In alcuni casi le penalizzazioni SEO colpiscono l’intero sito, mentre in altre situazioni la mannaia di Google potrebbe cadere solo su delle singole pagine. Nei casi più sfortunati, come abbiamo visto, un sito può essere completamente rimosso dal motore di ricerca, finendo così per scomparire: uscire da Google è infatti l’equivalente di chiudere bottega e togliere pure l’insegna. Nella maggior parte dei casi, però, il portale penalizzato finisce per NON aumentare le visite al sito, perdendo tra le 10 e le 100 posizioni per le ricerche di determinate keyword.
Attenzione però, qui bisogna fare dei distinguo. Eh sì, perché se il tuo sito perde 3 posizioni (per esempio passando dalla terza alla sesta posizione per una preziosa parola chiave) non devi pensare subito a delle penalizzazioni SEO. Molto più probabilmente i tuoi concorrenti hanno lavorato bene con SEO e link building guadagnando in termini di autorità, o magari alcuni dei tuoi stessi backlink sono stati svalutati da Google. O forse una sensibile modifica interna agli algoritmi del motore di ricerca ha influenzato il posizionamento.
Quando si parla di poche posizioni perse, la responsabilità non è delle penalizzazioni SEO.
Perché le penalizzazioni SEO sono infide e non fanno dormire sonni tranquilli
Dai, ti anticipo una cosa. Quando avrai finito di leggere questo post, avrai appreso tutti gli elementi che possono portare il tuo sito ad essere penalizzato.
Vuoi un consiglio spassionato, fin da subito? Memorizza tutto quanto e stai ben lontano dalle tecniche di posizionamento che possono portarti a delle penalizzazioni SEO. Lo dico perché, in caso contrario, le penalizzazioni saranno sempre una spada di Damocle appesa sopra alla tua testa.
Oggi, per esempio, tu potesti fare una determinata azione sul tuo sito web, un’azione magari un po’ spinta – una a caso tra quelle che vedremo più avanti – che aiuterà il tuo portale a performare bene per i prossimi 6, 12, 18 mesi. E poi, d’un colpo, quella stessa azione sarà riconosciuta da Panda o da Penguin o chi per loro come un atto passabile di penalizzazione.
Quello che ti porta in alto, dunque, potrebbe poi portarti mooolto in basso qualche mese dopo, senza nessun avviso. Meglio non rischiare, no?
Fatte le dovute premesse, possiamo ora andare a vedere quelle che sono le cause delle penalizzazioni SEO. Come vedrai possono essere davvero tante!
Contenuti
1. Contenuti di bassa qualità. Sai cosa fa ogni giorno Panda? Va a caccia di contenuti superficiali, quelli che non portano nulla o poco di utile all’utente. Una volta individuati, li penalizza. Semplice, no?
I contenuti hanno senso di esistere solo se hanno una funzione per il pubblico. Dato che Google legge e vede ciò che gli utenti fanno sul tuo sito (interazioni come clic, scrolling, tempo di permanenza etc…), il motore di ricerca è assolutamente in grado di determinare il tasso di coinvolgimento dei lettori e agire di conseguenza.
2. Keyword stuffing. Restiamo sui contenuti. Con il termine keyword stuffing ci si riferisce alla ripetizione esagerata delle medesime parole chiave all’interno di un portale. Una volta, MOLTI anni fa, questa era una tecnica SEO vera e propria. Poi Google si è accorto che molti tendevano ad esagerare, rendendo i testi fastidiosi e quasi illeggibili per gli utenti. Per questo motivo, oggi, Google conta le keyword presenti, analizza la loro distanza all’interno dei testi e penalizza le pagine che oltrepassano un certo indice di ripetizione. Senza dirti numeri e numeretti, per evitare questa penalizzazione ti basterà restare dentro il limite della decenza. Scrivi in modo naturale e non avrai problemi.
3. Testi nascosti. Forse non lo sai, ma una vecchia tecnica SEO – tutt’altro che etica, va detto – prescriveva di nascondere dei testi riportanti delle precise parole chiave in modo che fossero visibili ai motori di ricerca ma non agli utenti. Per fare questo è sufficiente impostare il colore del testo uguale a quello dello sfondo, ridurre la dimensione dei caratteri al minimo o magari sovrapporre furbescamente un’immagine. Ecco, nel 2021 questo è uno dei metodi più veloci per andare incontro alle penalizzazioni SEO.
4. Testi duplicati. I buoni contenuti costano tempo ed energia. Google lo sa, e per questo va a penalizzare qui siti che utilizzano in parte o per intero dei contenuti copiati da altri domini. E no, usare dei sinonimi qua e là non è sufficiente per passarla liscia.
5. Sovraottimizzazione per una sola keyword. Google capisce quando cerchi di forzare le cose intorno ad una parola chiave – e non parlo del solo keyword stuffing. Vuoi far arrabbiare il motore di ricerca? Bene, allora usa la parola chiave esatta nel titolo della pagina, negli heading, in tutti i paragrafi, nelle URL nei tag immagine e nei link interni. Come evitare questo rischio? Ancora una volta, cerca di rendere più naturali i tuoi contenuti e usa delle variazioni delle tue parole chiave!
6. Contenuti inutili. A che pro riempire un sito web di pagine (dieci, venti, trenta) se poi alla fine il contenuto di ogni pagina è brevissimo e il significato è superficiale, trito e ritrito? Morale della favola: non far pensare a Google che stai creando dei contenuti solo e unicamente per posizionare una parola chiave! Il coinvolgimento dell’utente è sempre alla base di tutto.
7. Troppi errori grammaticali. Credici o no, Google tiene parecchio alla grammatica e alla scorrevolezza di un testo, ed è pronto a penalizzare concretamente le pagine che contengono dei testi difficilmente leggibili a causa della quantità di errori.
Link
8. Ancore dei link troppo ottimizzate. Quando si fa link building si cammina sulle uova: un passo falso, una disattenzione, e si fa una frittata. Infastidito da tutti quei consulenti SEO che, per spingere il proprio sito web, fabbricavano ad hoc migliaia di pagine con la sola funzione di creare dei backlink, Google ha iniziato ad analizzare ben bene questi link.
Tra le cose che va a controllare c’è l’ancora, ovvero il testo cliccabile che conduce al sito di atterraggio. Se Google trova troppe ancore che hanno un match esatto (o molto simile) con la keyword che il sito di arrivo sta cercando di ottimizzare, inizia a insospettirsi. Nessuno sa quale sia la percentuale da non oltrepassare nelle strategie di link building, ma per andare sul sicuro ed evitare penalizzazioni SEO si tende a non superare il 20% delle ancore ottimizzate, avendo cura di distribuire i link su quante più pagine possibili.
9. Troppi link da siti di scarsa qualità. Certo, tutti i siti contano tra i propri backlink alcuni collegamenti provenienti da dei siti di bassa qualità. Non si può certo impedire a dei sitarelli appena nati o mal gestiti di puntare alle nostre pagine, no? Ma il fatto di avere troppi backlink di questo tipo può suggerire a Google che anche il sito di atterraggio – in questo caso il nostro – ha una qualità scarsa.
Cosa significa tutto questo? Che non devi agitarti sei hai qualche link da sitarelli di dubbia qualità, ma devi invece prendere provvedimenti seri nei casi in cui questi link raggiungono il 70% o il 75% del totale.
(Ti stai chiedendo come capire quali siti hanno una qualità bassa? Ti consiglio di andare a controllare su Ahref).
10. Troppi link, troppo in fretta. Anche dei link perfettamente naturali e legittimi, se acquisti troppo in fretta, POTREBBERO far torcere il naso a Google che di conseguenza potrebbe procedere con delle penalizzazioni.
11. Troppi link provenienti da fonti non rilevanti. Occhio, qui non si parla di qualità ma di rilevanza. Perché il tuo sito web che si occupa di attrezzature per il fitness riceve parecchi link da portali che si occupano di Bitcoin, di SEO e di ortaggi? Perché mai questi siti eterogenei dovrebbero voler puntare al tuo portale, che tratta argomenti di tutt’altro tenore?
Se il tuo portale si occupa di viaggi e la maggior parte di backlink proviene da siti web che parlano di tutt’altro, beh, potresti incorrere in penalizzazioni SEO. Anche in questo caso, nessuno conosce qual è la soglia esatta oltre la quale Google si può arrabbiare; si tende in generale ad avere almeno 1/2 link su 4 rilevanti, ovvero coerenti con il topic affrontato.
12. I link acquistati al chilo. Hai presente quei servizi che ti promettono migliaia di backlink per qualche manciata di euro? Beh, stanne decisamente alla larga. Quei link, infatti, potrebbero rovinare del tutto il tuo lavoro. Non appena Google penserà che hai pagato qualcuno per linkare il tuo sito, partiranno sicuramente delle sonore penalizzazioni SEO.
13. Scambi link troppo importanti. È del tutto normale linkare un sito e, dopo poco tempo, ricevere un backlink dal medesimo portale. Io potrei per esempio linkare il sito di un mio collega che ha scritto qualcosa di estremamente interessante e lui, dopo qualche tempo, potrebbe ricambiare linkando questo contenuto. Fin qui nulla di strano. Il problema è che in certi casi questi ‘scambi’ si fanno fin troppo massicci e Google inizia a interpretarli come veri e propri baratti.
14. Link da siti in lingue improbabili. Questo fenomeno potrebbe rientrare nelle conseguenze dei link acquistati un tanto al chilo, ma in quanto a stupidità merita di essere citato da sola. Talvolta Google s’accorge che un sito web in italiano raccoglie migliaia di link dalla Cina, e quindi da siti in lingua cinese. Altre volte potrebbero essere siti russi (sempre di bassa qualità) che puntano a un sito in lingua inglese e via dicendo.
Sai cosa succede? Beh, Google capirà il trucchetto e penalizzerà il sito web ovunque – fuorché, rispettivamente, in Cina e in Russia. Ma a che pro avere un sito italiano ben ottimizzato solamente in Oriente?
15. Assenza di link che puntano verso l’esterno. I siti che non hanno link verso l’esterno non contribuiscono a rendere più facile la navigazione per gli utenti… e non lo fanno certamente nemmeno i siti che si limitano a inserire solamente link no-follow!
Advertising
16. Troppe ads. Non c’è un limite assoluto per quanto riguarda le ads che possono essere presenti in una pagina, ma di certo una pagina con pochissimi contenuti non potrà contenerne più di una. Una pagina ricca, con un testo molto lungo e molte risorse utili per l’utente, potrà certamente osare qualcosina di più.
17. La posizione delle ads. Usa il buon senso, guarda alle tue pagine attraverso gli occhi dei tuoi utenti. Ti sembra davvero il caso di posizionare le ads in alto e al centro, così da costringere i tuoi utenti a scrollare verso il basso prima di vedere il vero contenuto della pagina – ovvero, di fatto, quello che stanno cercando?
Varie
18. Non sviare o ingannare gli utenti. Per attirare traffico su una determinata pagina si potrebbe pensare di reindirizzare automaticamente i visitatori su una pagina differente rispetto a quella che hanno cliccato. Devo davvero dirti che è un comportamento scorretto e quindi passibile di penalizzazione?
19. Alto tasso di rimbalzo. Google desidera fornire ai suoi utenti i migliori contenuti e per capire quali pagine sono da premiare e quali no si affida anche all’opinione – o meglio, al comportamento concreto – degli utenti. Se le tue pagine hanno un tasso di rimbalzo troppo alto, ovvero se la maggior parte degli utenti lascia il tuo sito dopo appena pochi secondi, senza visitare più di una pagina, il motore di ricerca assumerà che il tuo sito non soddisfa l’intento di ricerca dei naviganti.
20. Malware e violazioni. Se un sito è stato violato da hacker o colpito da malware, Google non tarda ad etichettare quel portale come potenzialmente pericoloso per i clienti, retrocedendolo nelle SERP.
Come capire se il tuo sito è stato penalizzato? Come correre ai ripari?
Come anticipato, le penalizzazione automatiche compiute da Penguin, Panda eccetera non comportano alcun avviso via posta elettronica. Questo significa che, se non tieni sotto controllo il traffico del tuo sito web e il relativo piazzamento su Google, potresti ricevere delle penalizzazioni senza accorgersene, perdendo così parecchi soldi. Per tua (e nostra) fortuna, ci sono dei tool online che non solo individuano quelle che sono le penalizzazioni SEO attive, ma che ti possono anche aiutare ad uscire dai pasticci. Eccone alcuni:
- Google Webmaster Tools: vuoi scoprire come il più grande motore di ricerca al mondo vede il tuo sito web? Con questo strumento puoi. Imprescindibile.
- Screaming Frog Web Crawler: vuoi sapere quale tua azione ha fatto adirare Google? Questo tool scansiona il tuo sito e trova gli errori che hai compiuto.
- Ahref: con questo tool puoi analizzare in profondità i tuoi link in ingresso e scoprire se ti possono portare delle penalizzazioni SEO. Inoltre Ahref ti aiuta anche a monitorare le anchor text!
- Majestic SEO: un altro valido strumento per l’analisi dei backlink
Bene, ora sai come evitare in modo scaltro e intelligente le penalizzazioni SEO di Google. Torna sul tuo sito web e cerca eventuali pasticci con gli strumenti che ti ho suggerito!