Cosӏ il Growth Hacking
Ma quanto sarebbe facile – e anche un filo disonesto – iniziare questo post dicendoti in quattro e quattr’otto cos”è il Growth Hacking, con una sola frase?A differenza delle altre discipline, dove si possono scrivere delle guide – come ho fatto nel caso della guida seo – scrivere una ‘guida definitiva del Growth Hacking’ è praticamente impossibile è il motivo è che penso che una definizione “unica” sia del tutto impossibile e per forza di cose inesatta e incompleta.[thrive_lead_lock id=”5710″][dkpdf-button][/thrive_lead_lock]Ti posso semmai raccontare cosa era, cosa è stato, cosa potrebbe essere, cosa non è e cosa è stato in un determinato momento secondo il tal Growth Hacker. Dire ciò che è realmente, invece, è più difficile, perché nessuna definizione sarebbe del tutto corretta. In questo caso non si parla di come promuovere o pubblicizzare un prodotto, il growth hacking è molto di più: il Growth Hacking è un modo di pensare e mentre il suo fine è sempre il medesimo, i modi per metterlo in pratica sono molti, ed è proprio questa estrema creatività di fondo la sua vera essenza.Ecco, ora dovrei averti incasinato abbastanza la testa. Ma non c”è problema, riparo subito al danno. A coniare questo termine, nel lontano 2010, fu Sean Ellis, il quale non a caso ha contribuito attivamente a lanciare nel migliore dei modi e con tassi di crescita incredibili molte start up della Silicon Valley.Fu del resto lui a dire per primo che il Growth Hacker «è una persona il cui vero nord è la crescita». Non il budget, non le spese, non le conversioni… No, quelle sono le preoccupazioni dei classici marketer: a Sean Ellis e a tutti i suoi colleghi interessa solo e unicamente la crescita, a tutti i costi e con ogni mezzo (legale, ovviamente).Ecco, direi che questa è una buona base di partenza per introdurti in questo entusiasmante sottobosco del web marketing!
Web marketing non convenzionale per start up
Dalla definizione di Sean Ellis dovresti aver capito qual”è lo scopo unico e incontrovertibile del Growth Hacking: la crescita. Ma non si punta ad un misurato aumento del fatturato, no. Quella messa in piedi grazie al lavoro di un Growth Hacker è una crescita veloce, poderosa, e proprio per questo non è adatta tanto alle aziende mature, quanto invece alle start up.Non capisci questa distinzione? Te la spiego immediatamente!Da una parte c”è un”azienda già formata, con un prodotto ben definito ed un mercato preciso. Dall”altra invece c”è una start up, che deve ancora finire di affinare il suo prodotto e non ha ancora individuato il suo target. Ma la vera differenza tra queste due realtà sta nelle aspettative di crescita.Se un”azienda cresce grazie ad una pianificazione strategica del 10 o del 15% all”anno, a dicembre può permettersi di stampare lo champagne e brindare al proprio vento in poppa. Una start up con un tasso di crescita così ridicolo è al contrario già morta, dovendo al contrario puntare al 180, al 200% o al 220% per potersi dire salva e soprattutto soddisfatta.
Un”azienda appena nata, dunque, o cresce in maniera spaventosa, o ci lascia immediatamente le penne. Nell”universo delle start up, quello del ‘chi va piano va sano e va lontano’ è un mantra suicida.
Per questi motivi, le aziende mature hanno bisogno di web marketing, mentre le start up necessitano assolutamente di una buona pianificazione strategica e di tanto, tanto, Growth Hacking, ovvero di un approccio diverso proiettato in modo esclusivo – e anche un po” testardo – alla crescita.Se pensi che quello del marketing sia un campo creativo, scoprirai che quello del Growth Hacking in confronto è il vero paradiso della fantasia, ma con meno folletti e fatine e più risultati.
Chi è il Growth Hacker?
Il Growth Hacking è dunque anche vera e propria creatività. Ma no, non pensare che chi si occupa di lanciare e far crescere le start up sia un artista spensierato e visionario: niente affatto, per riuscire in questo campo è necessario avere delle solide base di programmazione, così da essere in grado di passare senza problemi, per esempio, dalle applicazioni mobile ai siti web.Non per nulla Sean Ellis diceva che «il problema è che non tutte le persone sono tagliate per essere dei Growth Hackers». Con il suo carico di innovazione, Internet non si è limitato a rivoluzionare il mondo del marketing, niente affatto: ha creato una nuova disciplina, un nuovo mestiere, un nuovo modo di pensare. Se sino a ieri si poteva ancora ragionare per slogan pubblicitari oggi il mondo si veste di nuove forme e contenti
Il marketer classico si occupava di vendere dei beni fisici, che potevano essere toccati e annusati: le competenze di questa figura professionale, dunque, non erano sicuramente adatte per promuovere dei prodotti esclusivamente virtuali, dalle applicazioni ai siti web. Si è reso necessario tutto un altro tipo di sensibilità, oltre che nuove competenze. Insomma, quello che ci voleva era un nuovo tipo di marketer, ovvero il Growth Hacker.
La sua mission è quella di aumentare la visibilità di un brand e le sue conversioni, ovvero far crescere il traffico, stabilire dinamiche efficaci per capire come promuovere un prodotto e aumentare il giro di clienti.E se rispetto a quelli promossi dal marketing classico i suoi prodotti sono del tutto nuovi, così sono anche i suoi strumenti: parliamo quindi di siti web, di e-mail, di social media, di test sulle conversioni… niente di tutto questo poteva del resto essere utilizzato da un marketer degli anni Novanta che vendeva detersivi, no?
Il lato buono dell’hacking
Ma aspetta un po”… l”hacker non è quella brutta persona che incasina la rete entrando di straforo dove non dovrebbe assolutamente entrare?
Il vocabolario Treccani in effetti afferma che è hacker «chi, servendosi delle proprie conoscenze nella tecnica di programmazione degli elaboratori elettronici, penetri abusivamente in una rete di calcolatori per utilizzare dati e informazioni in essa contenuti».
Ma quella è solo l”anima nera (o meglio, il black hat) dell”hacking: di per sé, l”hacker è una persona brillante e appassionata di informatica, in grado di risolvere problemi che ad altri sembrano insormontabili.[likemeplease]Un nerd con i fiocchi, insomma, ma non certo un angioletto: il fatto che “hack” in inglese significhi “tagliare con l”ascia” deve in ogni modo ricordare che sì, quello da lui praticato è pur sempre un tipo di marketing non convenzionale, tendenzialmente aggressivo e spesso al limite: te l”ho detto oppure no che qui si parla di crescita a tutti costi?
Un esempio pratico prima di iniziare
Dunque, in termini pratici… qual”è la differenza tra il modus operandi del marketer e quello di un Growth Hacker?Pensa ad un sito che, per impossessarsi dei dati di un visitatore qualsiasi e quindi trasformarlo in un utente profilato, lo inviti a registrarsi offrendo in cambio un e-book gratuito.Ecco, questa è una classica tecnica da web marketing: il risultato è un utente in più. Il Growth Hacker – che punta alla crescita con tutte le sue forze – agirebbe diversamente.
Lui non offrirebbe un e-book gratuito per la registrazione di quel visitatore, ma lo offrirebbe probabilmente per la registrazione di un suo amico: ‘invita un tuo conoscente su questo sito, e io ti regalerò il mio ultimo e-book’.
Ecco, questa è una delle tipiche azioni che stimolano l”auto-promozione di un sito: in questo modo, infatti, gli stessi utenti finiscono per essere tanti piccoli promoters del prodotto, con una pubblicità del tutto gratuita e soprattutto virale.Hai presente Dropbox, il colosso del cloud storage? Più di 400 milioni di persone utilizzano quotidianamente questo servizio, con più di un miliardo di file salvati ogni giorno. Ecco, la sua crescita – grazie allo zampino di Sean Ellis – è stata imperiosa, e in un periodo in cui Google Drive, iCloud e SkyDrive erano già belli che attivi: come è stato possibile?Semplice: lo stesso prodotto si auto-promuoveva, offrendo ad ogni utente che invitava un amico dello spazio gratuito di memorizzazione. Simili tecniche di marketing non convenzionali sono state utilizzate da altre realtà in impetuosa crescita, come AirBnB, Uber e Groupon – ma ne parleremo meglio più avanti.
Growth Hacking ante-litteram
Il panorama tipico in cui il Growth Hacker si trova ad agire è dunque quello di una start up, con tantissime idee ma un budget tendenzialmente ridicolo o in ogni modo risicato. Quello che deve fare, dunque, è individuare una o più vie efficaci, economiche e alternative per riuscire a promuovere con successo la neonata start up.Non ci sono soldi per una pubblicità in tv, né per un cartellone pubblicitario in centro a Milano. Ci vuole qualcos”altro, qualcosa di nuovo, di inusitato.Per trovare degli esempi pratici si può ovviamente guardare alle più floride start up della Silicon Valley, ma non solo: anche nel passato ci sono state alcune strategie promozionali del tutto nuove e proprio per questo economiche.Prima di chiunque altro, per esempio, la catena di ristoranti McDondald”s decise di investire in cartelloni pubblicitari da installare ad ogni uscita delle superstrade statunitensi: furono loro i primi a capire che lì sarebbe passata la maggior parte dei loro clienti, e questa intuizione contribuì a portarli dove sono oggi (ovvero ovunque).Ecco, questo è Growth Hacking ante-litteram.
Un prodotto scalabile
C”è però qualcos”altro che contraddistingue l”ambiente di lavoro del Growth Hacker: la scalabilità del prodotto che si ritrova a promuovere.Proprio così, la maggior parte delle start up più promettenti si trova infatti ad avere a che fare con dei prodotti che permettono di incrementare in modo quasi automatico le proprie prestazioni all”entrare di nuove risorse.Un esempio efficace arriva nuovamente da Dropbox: l”arrivo di nuovi utenti determina l”esigenza di nuovi spazi di memorizzazione, problema risolto in automatico con l”acquisto di maggiore spazio sui server. Ancora più scalabile l”esempio di Uber: qui quel che conta è solo una app che può essere scaricata infinite volte da un numero ugualmente infinito di clienti.Saranno poi gli autisti stessi, con le loro automobili, ad occuparsi di tutto il resto. Non a caso, lo stesso Sean Ellis individuava tra le principali caratteristiche del Growth Hacking la pianificazione e soprattutto la replicabilità.
Il Growth Hacking è un atteggiamento mentale
Non ci si improvvisa Growth Hacker. Allo stesso tempo, però, è anche vero che, a prescindere dalle competenze, quello del Growth Hacking è soprattutto un modo di pensare.Gli anglosassoni, in modo più figo, direbbero che è un “mind set“.E per questo motivo oggi voglio darti alcuni consigli per applicare al tuo business in crescita questo atteggiamento mentale: tieni duro fino in fondo a questo post, e scoprirai come alcune delle più geniali menti degli ultimi anni hanno portato minuscole start up ad essere dei business miliardari.ATTENZIONEPrima di passare ad una mitica selezione delle migliori strategie di Growth Hacking mai pensate, una premessa è fondamentale: a differenza del marketer, il Growth Hacker inizia sempre e comunque a lavorare alla costruzione del prodotto stesso, a braccetto con l”ingegnere.Anzi, ti dirò di più: la classica distinzione tra ingegneri e venditori, nel mondo del web marketing spinto per start up, non ha più ragione di esistere, in quanto proprio il Growth Hacker è la sintesi perfetta di queste due figure.Detto questo… direi che possiamo partire.Non dimenticarti che il nostro obiettivo è la crescita iperbolica del tuo business: perciò libera la mente! Tutto quello che apprenderai da qui in poi ti servirà per mettere in campo la tua personale strategia!
Growth Hacking tips:Sviluppa il tuo prodotto seguendo i feedback dei tuoi clienti
Come ti ho anticipato, il tuo lavoro di Growth Hacking non inizia a prodotto finito. Niente affatto: un tempo, magari, il marketer poteva arrivare in azienda e programmare la strategia promozionale davanti ad un prodotto già bello che confezionato. Ora questo non è più possibile: anzi, lo è, ma è incredibilmente – e assurdamente – rischioso.Immaginati di restare seduto per un anno in uno scantinato a realizzare il tuo prodotto, per esempio una app per smartphone. Giorno dopo giorno, mese dopo mese, te ne stai lì da solo a sviluppare quello che sei sicuro che sia il software che tutto il mercato aspetta con ansia.Ebbene, dopo una miriade di notti insonni e con qualche ruga in più, esci alla luce del sole e lanci il tuo magnifico prodotto, solo per scoprire che magari, agli utenti, quella app, proprio non piace; oppure che nel frattempo ne è uscita un”altra del tutto simile.Ecco, un errore simile è enorme e soprattutto irrecuperabile.Vorresti sapere il perché? Semplice. Al giorno d”oggi la notizia di un errore, di un fallimento o di un”anomalia si diffonde in modo incredibilmente veloce. Se infatti la pubblicità buona va pianificata e sovvenzionata, quella cattiva… beh, fa tutto da sé.[likemeplease]Del resto questo concetto è alla base delle cosiddette – scusate il francesismo –”tempeste di merda“, ovvero lo scatenamento di critiche feroci intorno ad una persona o ad un”azienda, fenomeno che ovviamente può vivere di vita propria grazie ai social media.
Quella tempesta di merda che si poteva evitare: un esempio tutto italiano
Un caso lampante e che noi tutti conosciamo è quella della Barilla: nel 2013 il presidente della popolarissima azienda, Guido Barilla, dichiarò ai microfoni di Radio24 che non avrebbe mai e poi mai fatto pubblicità con delle famiglie omosessuali: no, alla Barilla piacevano solo le famiglie ‘tradizionali’.Da lì alla shitstorm fu un attimo, con tanto di campagne di boicottaggio in Italia e all’estero.Per risollevarsi da quella caduta, il brand dovette dare il via a moltissime iniziative promozionali, per ritornare con grande sforzo – e dopo parecchio tempo – nelle grazie della comunità LGBT e di altri consumatori delusi.Ecco, grazie alla solidità dell’enorme industria alle proprie spalle, la Barilla riuscì a riparare ad un clamoroso errore a livello internazionale.Ma una start up appena nata non potrebbe certo fare la stessa cosa, nemmeno con uno sbaglio incredibilmente più piccolo: se il tuo prodotto si presentasse fin da subito scarsamente utile, sbagliato o troppo simile ad un altro, sopravvivere alla sua porsonale shitstorm mediatica sarebbe quasi impossibile.
L”importanza del feedback
Come proteggersi, dunque? Ma è semplicissimo: è sufficiente accompagnare lo sviluppo del prodotto ad una continua presa in considerazione del feedback dei clienti.
Se Guido Barilla, prima di fare quell”intervista, avesse chiesto ai propri clienti se offendere gli omosessuali sarebbe stato di loro gusto, di certo nulla di quanto raccontato sarebbe accaduto: semplicemente, quella particolare intervista non sarebbe mai stata rilasciata.
Ecco, questo è il potere del feedback, che è la prima delle armi di cui non può assolutamente fare a meno un Growth Hacker che si rispetti. Non appena possibile, dunque, rilascia una prima versione del tuo prodotto, e inizia subito a migliorarla sulla base dei feedback che ti arrivano.
Il Growth Hacking parte sempre da un bisogno reale delle persone
Ancora prima di iniziare a sviluppare un prodotto seguendo il feedback dei primissimi utenti, però, punta a realizzare qualcosa di qui il mercato abbia veramente bisogno. Prima dei feedback, dunque, devono essere seguiti i desideri, o meglio, i problemi delle persone: ti ricordi di quando ti ho parlato dell”enorme fallimento del Segway?Ecco, il suo clamoroso insuccesso fu dettato dal fatto che i suoi creatori erano convinti che fosse un”idea fantastica, senza però aver fatto i conti con quello che davvero la gente avrebbe potuto fare con quello strumento, il quale non rispondeva davvero a nessuna domanda preesistente.
Dunque: ascolta i desideri della gente, sviluppa una primissima versione del tuo prodotto e cerca subito dei feedback per il secondo prototipo.
Stiamo parlando di una app? Chi ti impedisce di sfornare una nuova versione migliorata ogni mese, per cogliere ogni singolo feedback costruttivo possibile?
L”esempio di Instagram
Se vuoi un esempio di qualcuno che ha capito fino in fondo l”importanza del feedback, ti consiglio di guardare ad Instagram. Oggi il social network dedicato alle immagini conta 300 milioni di utenti attivi ogni giorno. Ma non è sempre stato così, ovviamente.Al contrario, all”inizio si trattava completamente di un”altra cosa: in principio infatti fu Burbn, un social dedicato agli appassionati di whisky.Ed è qui che viene il bello del feedback: Systrom e compagni si resero conto che la funzione più utilizzata e apprezzata della app era proprio la condivisione di foto.Certo, già allora là fuori c”erano altri sistemi che permettevano la condivisione di foto, ma in nessun caso quella era la funzione principale della app, e proprio per questo il photo sharing era un”azione molto spesso abbastanza complicata e macchinosa.Ebbene, il team non fece altro che raccogliere al balzo la palla lanciata dagli utenti di Burbn e trasformarla in un nuovo social network, focalizzato esattamente sulla condivisione di fotografie.Lanciato nello stesso periodo in cui tutto il mondo ribolliva per l”arrivo sul mercato dell”iPhone 4, Instagram raggiunse l”astronomica cifra di 2 milioni di utenti nel giro di soli 2 mesi. In meno di un anno, gli utenti erano più di 10 milioni. E nel frattempo il social delle immagini aveva ovviamente continuato a migliorarsi: l”hashtag, per esempio, venne introdotto 4 mesi dopo il lancio sull”App Store.
Verifica la bontà del tuo prodotto
Ok, hai lanciato la prima versione del tuo prodotto, stai raccogliendo i feedback dei tuoi primi utenti, e sì, sembra che il frutto del tuo lavoro venga apprezzato. Ma come puoi essere sicuro, già a questo primo step, che il tuo prodotto potrà davvero trovare un posto sul mercato e diventare dunque redditizio?Se la tua prima versione è stata rilasciata gratuitamente ad un numero ristretto di persone, infatti, non puoi certo mettere la mano sul fuoco che quello stesso pubblico avrebbe pagato di tasca propria per avere quel prodotto.Proprio così: lo so io e in fondo lo sai anche tu, la validità di un prodotto si intuisce dal fatto che un cliente lo acquisti – e quindi sia disposto a pagare – o meno. Ed è per questo che ti consiglio di verificare la bontà del tuo lavoro facendolo pagare già a partire dalle prime versioni.Se nessuno lo vorrà acquistare… beh, il tuo è un buco nell”acqua.Ti dirò di più: non escludere a priori l”idea di farti pagare in anticipo dai tuoi primi clienti, i quali in questo modo diventeranno a tutti gli effetti degli “investitori”. Hai intenzione di sviluppare una app in grado di restituire all”utente i migliori rivenditori di verdura bio della zona?Bene, fai una stima di quanti soldi ti servono per arrivare a sfornare una prima versione, realizza una bella presentazione e mostrala ai tuoi conoscenti e ai potenziali primi investitori: se riuscirai a pre-vendere tutte le copie necessarie per arrivare al tuo budget, sarai sicuro di non perdere il tuo tempo, almeno per due motivi.Da una parte, avrai già incassato i soldi che ripagheranno il tuo lavoro, e dall”altra partirai con la certezza che esista un mercato per il tuo prodotto. Insomma, questo è quello che succede tutti i giorni sulle piattaforme di crowdfunding, no?
Fatti pagare! L”esempio di AirBnB
La storia del portale online di annunci AirBnb è una di quelle che meglio di tante altre spiega come dietro ad un business di successo ci deve prima di tutto essere un”idea semplice quanto geniale.E sì, spiega anche l”importanza di validare fin da subito la bontà del proprio prodotto. La gente è disposta a pagare quanto io chiedo? Sì, allora va tutto bene. No? Ebbene, devo rimettere mano al mio progetto.Ma torniamo alla storia di AirBnb: tutto nacque dalla mancanza di fondi di Brian Chescky e Joe Gebbia: i due ragazzi, appena trasferiti a San Francisco, si ritrovarono a corto di soldi, e quindi incapaci di pagare l”affitto.Il caso volle che proprio il quel frangente nella città californiana si stesse tenendo la conferenza annuale della Industrial Design Society. In altre parole, a San Francisco non si trovava più una camera d”albergo libera: per sbarcare il lunario, Brian e Joe piazzarono tre materassi nel proprio loft e li resero disponibili.Non solo riuscirono a trovare immediatamente dei clienti, ma arrivarono persino a spuntare il prezzo di 80 euro a notte per ogni materasso. Da lì allo sviluppo dell”embrione della app che noi tutti conosciamo – con l”entrata in team di Nathan Blecharczyk – il passo fu breve: le prenotazioni non furono immediatamente tante, ma poi crebbero nel tempo.AirBnB, dunque, non partì con un letto prestato gratuitamente ad un amico: no, partì subito come un business retribuito, e per questo i fondatori ebbero da subito la certezza che la loro poteva essere un”idea remunerativa – che ad oggi sta facendo un baffo, per esempio, anche alla Hilton Worldwide, che vanta quasi 600.000 stanze in 77 Paesi del mondo.
Hey ma se invece non hai l”idea “geniale” ?
Poniamo invece il caso che tu abbia in in mente di iniziare un nuovo business, ma non sia stato folgorato da un”idea geniale come quella di AirBnB.Tutto quello che sai è la nicchia di mercato in cui vorresti operare, null’altro: ipotizziamo per esempio che tu voglia fare soldi nel settore delle scarpe, senza però sapere in che modo iniziare. Vuoi sapere cosa ti consiglierebbe un Growth Hacker senza alcun impegno, mentre sorseggia un caffè accanto a te, al bancone di un bar?Ti direbbe semplicemente di iniziare con il costruiti una presenza online intorno alle tematiche della tua nicchia. Apri un blog che parla di scarpe, crea dei contenuti utili, interessanti, efficaci e ovviamente gratuiti, e condividili sui social media.Creati un pubblico, e interagisci con i tuoi utenti: in questo modo capirai i loro gusti e i loro desideri, e sulla base di tutto questo potrai davvero lanciare un prodotto. Magari non avrai avuto l”idea geniale all”inizio, ma ancora prima del lancio avrai validato il tuo prodotto, creandoti al medesimo tempo un ampio gruppo di utenti fedeli, al quale potrai proporre in anteprima il tuo prodotto – che so – magari una app in grado distinguere un paio di scarpe di marca da quelle taroccate.
All”inizio, punta tutto sui tuoi innovatori
Una volta creato un prodotto in grado di rispondere ai bisogni del pubblico, e dopo aver rilasciato la prima versione per raccogliere dei feedback… beh, arriva l”ora di pensare al mercato vero e proprio.A proposito dei nuovi prodotti e servizi, esiste una teoria economica che viene tirata in ballo molto spesso quando si parla di start up.Parlo ovviamente della teoria della Diffusione delle Innovazioni, così coniata da Everett Rogers nel 1962 nell”omonimo libro. L”idea di fondo è piuttosto semplice: prima di arrivare a raggiungere la massa, un prodotto deve prima di tutto convincere gli innovatori ed i famosi early adopters (utilizzatori precoci), ovvero il 15% del pubblico: non arrivare in tempi brevi a quella soglia vuol dire navigare in cattive acque.
Da ciò ne consegue che è esattamente quello il target di pubblico che una start up, e quindi un Growth Hacker, andrà a puntare al lancio del prodotto.Sarebbe infatti rischioso puntare all”intero pubblico fin da subito: del resto questo è quello che ha fatto AirBnB, mettendo a target l”intera popolazione viaggiatrice, e non, ipotizziamo, “gli studenti di sesso maschile tra i 20 e i 30 anni che viaggiano con lo zaino in spalla”.AirBnB è partito sparando a caso, e proprio per questo, come ho anticipato, la sua crescita in principio è stata piuttosto lenta. Quello che i principi della teoria di Rogers ti consigliano e che gli strumenti del Growth Hacking ti permettono di fare, dunque, è di mettere a target un ristretto numero di persone.Quanto ristretto? Il più possibile: per allargarlo ci sarà sempre tempo.Stai lanciando una app per l”acquisizione istantanea e la conseguente risoluzione delle equazioni di terzo grado? Punta ai soli studenti di matematica e di fisica. É invece una app che riconosce il profilo dei gruppi montuosi con una sola fotografia? Punta agli appassionati di escursionismo con il pallino della tecnologia.
Al momento del lancio… sfrutta l”esclusività del tuo prodotto
Te ne ho già parlato quando ti ho scritto del lancio di Gmail, altro buon esempio di Growth Hacking ante litteram: il successo di un prodotto viene determinato anche da quanto desiderio si saprà installare in modo “artificiale” nei consumatori.Nessuno ha fretta di registrarsi su un servizio di posta elettronica, se ha già un altro account e-mail attivo da qualche altra parte.
Ma se invece qualcuno – ovvero Google – ti dicesse che al suo servizio di posta elettronica è possibile accedere solo se invitati da un account già esistente? Beh, se in pochi possono avere quella marmellata, questa diventa automaticamente la marmellata più desiderata di tutte.
Quella della registrazione su invito fu un’arma potentissima, che fece parlare moltissimo di Gmail e che creò il clima giusto affinché il servizio riuscisse a superare, uno dopo l”altro, tutti quanti i concorrenti. Lo stesso fece qualche anno dopo – precisamente nel 2008 – Dropbox, esempio ormai classico di perfetta strategia di Growth Hacking: subito dopo il lancio, il servizio divenne accessibile solamente su invito.In questo modo un alone di esclusività iniziò ad attrarre gli utenti come mosche; per spiegare anche ai “non ancora invitati” il funzionamento di Dropbox, i fondatori del servizio di storage pubblicarono un breve video in cui venivano spiegate le principali funzionalità del loro prodotto: ebbene, nel giro di 24 ore si potevano contare non più solamente 5.000 utenti in attesa di invito, ma ben 75.000.Non solo: come anticipato all”inizio, oltre all”aura di esclusività determinata dall”invito, gli stessi utenti registrati erano invitati a richiamare altri amici dall”offerta di ricevere in cambio dello spazio gratuito.
Un prodotto che si auto-promuove: l”esempio di HotMail
Come avrai capito, una caratteristica peculiare e diffusa del Growth Hacking è quella di imbastire, laddove possibile, un prodotto in grado di auto-promuoversi.L”offerta di storage gratuito per gli inviti su Dropbox è un esempio perfetto, con la sua continua condivisione che va a creare un loop virtuoso di crescita iperbolica – da qui la necessità, come si diceva, della scalabilità dei prodotti delle start up. Un altro esempio di prodotto in grado di promuoversi da solo è HotMail, quel servizio di posta elettronica che è stato sconfitto solo dalla prepotenza del succitato Gmail.Ebbene, prima di essere battuto dal servizio di Google, e ancor prima di essere acquistato dalla Microsoft, HotMail era riuscito ad aumentare la propria base di utenti da 500 mila ad un milione nel giro di soli 6 mesi.Come avevano fatto? Il successo fulmineo fu determinato da un”idea strampalata di un investitore, Timothy Draper (da quel momento annoverato come l”inventore del viral marketing) che suggerì l”idea di aggiungere in fondo ad ogni e-mail la firma “PS: I love you. Get your free e-mail at Hotmail” che tradotto sta per “PS: Ti amo. Ottieni la tua email gratuita su Hotmail“.A meno di 8 mesi dal suo lancio, HotMail poteva contare 12 milioni di utenti (in un”epoca in cui su Internet c”erano a malapena 700 milioni di naviganti). Microsoft non ci pensò due volte, e acquisì il marchio per 400 milioni di dollari.
E ora… allarga il target e punta in alto
Ricapitoliamo: hai lanciato il tuo prodotto, l”hai migliorato seguendo il feedback dei primi utenti, hai conquistato la fiducia degli innovatori e degli early adopters, e ti ritrovi tra le mani un prodotto in grado di auto-promuoversi. É quasi l”ora di sbocciare lo champagne.Occhio, ho detto quasi: hai capito cosa ha fatto la frase di Timothy Draper con HotMail? L”ha reso virale.Ecco, questo è quello che devi puntare a fare anche tu con il tuo prodotto. Di modi per farlo, ovviamente, ce ne sono tantissimi. Come visto, per raggiungere questo scopo Dropbox ha regalato del spazio di memorizzazione gratis a chi invitava degli amici. Groupon ha alzato la posta in palio, regalando invece 10 dollari in buoni a chi avesse contribuito ad aumentare il numero degli utenti con la funzione “invita un amico”.Ma non serve per forza essere dei Babbo Natale per allargare il proprio pubblico: hai mai sentito parlare degli embed?
Growth Hacking: Incorpora ed integra: fai come Facebook e PayPal
Non so quante persone avrebbero scommesso su Facebook ai suoi primi albori. Eppure guarda dove è adesso: più di un miliardo di persone lo utilizza tutti i giorni. Per accelerare al massimo la propria crescita, Facebook ha sfruttato tra le altre cose anche il pontenziale degli embed, ovvero di quei codici html che permettono di incorporare in un sito web un contenuto pubblicato originariamente altrove.Vuoi mettere quanto sia più semplice utilizzare questi embed anziché copiare un”intera schermata, ritagliarla, salvarla, caricarla sul server… ? Anche YouTube ha agevolato l”incorporazione dei video in altri siti: basta copiare il codice ed gioco è fatto, senza nessun’altra azione macchinosa!Un vero esperto di Growth Hacking, dunque, sa come rendere più agevole la condivisione dei propri contenuti, di modo che siano gli stessi utenti a promuovere gratuitamente il prodotto – di nuovo: non c”è niente di meglio di un prodotto che si promuove da solo! Uno scopo del tutto simile hanno poi le integrazioni.Pensa a Spotify, altro brand che ha fatto man bassa delle tecniche di Growth Hacking: laddove Facebook ha sfruttato gli embed su altri siti per crescere, Spotify ha marciato sull”integrazione con Facebook. In questo modo, l”utente x, vedendo che il proprio amico sta ascoltando le ultime canzoni dello Zecchino d”Oro su Spotify, sarà naturalmente portato a scoprire a sua volta questo servizio.
Conclusione? Macché, non si finisce mai!
Ecco: arrivato fino a qui, con le idee più chiare sul Growth Hacking, una bella bottiglia di champagne è cmq assolutamente da stappare! Goditela, perché da buon growh hacker domani dovrai tornare a migliorare il tuo prodotto e la tua strategia promozionale.Eh sì, per la tua start up non è ancora giunta l”ora di tirare i remi in barca. Vuoi sapere il perché? Te lo dico subito, ma occhio, questa verità potrebbe farti male: arrivata a questo punto, probabilmente la tua impresa dovrà ancora diventare redditizia. Proprio così: statisticamente parlando, alle start up servono anni per potersi dire davvero remunerative.C”è chi ce la fa prima – come Birchbox, che è quasi arrivata subito a 125 milioni di dollari all”anno – ma si parla delle classiche eccezioni. E tu, molto probabilmente, farai parte della regola. In Italia oggi ci sono circa 7.000 start up, con un valore di produzione media che si ferma intorno ai 144mila euro. Insomma, come vedi non è facile: per questo, il tuo prodotto va migliorato ancora e ancora, senza requie.Anche perché il servizio o il prodotto perfetto non esistono. Pensa a Twitter: questo social ha avuto fin da subito milioni di iscritti, ma pochissimi utenti attivi. Come mai? Semplice: dopo l”iscrizione, agli utenti non veniva fornita nessuna istruzione, nessun tutorial, nessun incipit per l”utilizzo. Per questo motivo, dopo essersi registrati, in moltissimi lasciavano la piattaforma per non tornarci più, spaesati da un social apparentemente vuoto, inospitale ed incomprensibile.Solo dopo molto tempo dal lancio questa mancanza fu tamponata: ai neo utenti venne lanciato un accenno di tutorial e dei suggerimenti, e il livello di engagement fece finalmente un salto in avanti.Nel Growth Hacking, dunque, vale doppiamente quello che si dice solitamente riguardo al marketing: non si smette mai di imparare e di migliorare, perché ogni minimo dettaglio può fare la differenza. O pensi forse che gli ingegneri di Facebook, Google, Apple e compagnia bella siano pazzi a spendere intere giornate nel decidere il colore di un singolo bottone, o la forma di una lettera?