Il web non è il genio della lampada!
Da mesi, forse da anni, pensi solo a quello: al lancio del tuo innovativo prodotto, alla nascita del tuo business, insomma, alla tua entrata trionfale sul mercato. Hai passato notti insonni per definire meglio il tuo prodotto di punta, hai studiato nei minimi dettagli tutte le tattiche per il lancio digitale, magari leggendo alcuni dei miei fantasmagorici post, letto persino la guida seo tutta d’un fiato… e poi, finalmente, hai dato il via all’avventura.
La tua idea geniale ha investito come un’onda anomala il mercato su cui puntavi? La tua start up guarda già dall’alto in basso tutti i suoi concorrenti? Insomma, hai cominciato a navigare su fiumi di denaro come Zio Paperone nel suo inespugnabile deposito? Secondo me no, o almeno, non ancora. E ti dirò anche il perché: il web non è quella arma magica che pensavi.
O forse lo è, ma non esattamente nel senso che intendevi tu. No, no, non correre a cancellare il tuo sito e ad eliminare tutte le pagine social della tua azienda: quello che ti voglio dire è che la rete non è uno strumento di marketing efficace per generare dei risultati tangibili a partire da zero.
La rete, invece, è quello che ti serve per moltiplicare tutto quello che hai già ottenuto! E sai cosa significa questo per tutti gli imprenditori come te? Dai, lo so che lo sai già: vuol dire che devi continuare a sbatterti giorno dopo giorno per migliorare sempre di più la presenza online del tuo brand.
Non finisce tutto il primo giorno del lancio digitale, ma al contrario, ogni singola mattina, tu, davanti al tuo pc, hai la possibilità di rinvigorire il lancio digitale del tuo business.
Vuoi un esempio da seguire? Ecco, pensa al lancio digitale di Hotmail.
Non ne sai nulla? Allora seguimi fino alla fine di questo post, e capirai quanto la storia di questo servizio di posta elettronica possa davvero fare al caso tuo. Ecco forse la migliore tra le storie che posso raccontarti se vuoi capire come promuovere un prodotto.
Growth Hacking… ti dice niente?
Il lancio digitale di Hotmail resterà per sempre nella storia del marketing, essendo comunemente considerato come uno dei primi esempi ante litteram di Growth Hacking.
Non sai di cosa sto parlando? Male: vuol dire che non hai letto il mio post dedicato alla nobile arte dei Growth Hacker, ovvero a quegli speciali marketer in grado di far volare il lancio digitale di un prodotto o di un servizio grazie a tecniche innovative e creative alle quali nessun altro prima di loro aveva pensato.
Nello specifico, il fattore che ha fatto esplodere Hotmail diffondendo questo servizio di posta elettronica in tutto il mondo è stata la sua viralità, ovvero – in due parole – il fatto che l’utente era al medesimo tempo consumatore e promotore del servizio.
Lo stesso, se ci pensi bene, è quello che è accaduto anche nei casi di YouTube, Facebook e Gmail, non a caso tutti quanti esempi lampanti di Growth Hacking.
In altre parole, un utente che desidera utilizzare questi servizi al meglio, si trova automaticamente a diffonderne il verbo: o almeno così funzionava all’inizio, nella fase immediatamente successiva al loro lancio digitale.
Ed è proprio grazie al loro essere virali che questi servizi sono cresciuti velocemente come nessun altro è riuscito a fare prima di loro, partendo da un nonnulla e arrivando in cima ai rispettivi settori di competenza.
Ma attenzione: Hotmail e compagnia bella non sono nati perfetti, anzi. Il loro successo è stato il frutto di continui aggiustamenti – alcuni scontati e dettati esplicitamente dalle richieste del pubblico, altri invece coraggiosi e sfrontati – apportati dal loro primo lancio digitale in poi. Un imprenditore digitale, dunque, non riposa, almeno non nei primi anni.
Chiedetelo a Sabeer Bhatia e Jack Smith, i due creatori di Hotmail che nel 1995 si ritrovarono negli uffici della Draper Fischer Jurvetson alla ricerca di un investimento per il lancio digitale della propria creatura.
L’ottimismo allucinogeno di Sabeer Bhatia e di Jack Smith
Bhatia e Smith erano entrambi ingegneri hardware, ex dipendenti di Apple, senza alcuna esperienza in fatto di guida di una compagnia. Prima di arrivare negli uffici della Draper Fisher Jurvetson, Bhatia era già stato da altri 21 potenziali investitori, uscendo in tutti i casi con la bocca asciutta.
Del resto i due si erano presentati per la prima volta da Jurvetson senza un grafico, senza un pezzo di carta, senza un prototipo. La loro unica arma era quella che Jurvetson definì come un ‘ottimismo allucinogeno‘: e fu proprio per questo che la DFJ decise di investire 300.000 dollari per acquistare il 15% del progetto di quella che sarebbe diventata dapprima una delle pioniere del servizio email gratuito sul web, e quindi la regina incontrastata – per alcuni anni, fino al sorpasso di Gmail – della posta elettronica.
Run Mail, Cool Mail… HoTMaiL
Ma quello fu solo il primo degli incontri tra Bhatia, Smith e i venture capitalist della DFJ, e non fu nemmeno il più famoso: a quello arriverò infatti tra poco.
Sta di fatto che, con quel primo incontro, i due neo imprenditori riuscirono ad uscire da quell’ufficio con i soldi necessari per far iniziare quel percorso che li avrebbe portati al loro lancio digitale. Ma di strada da fare, a quel punto, ce n’era ancora moltissima: dopo essersi licenziati dalle loro attuali occupazioni, iniziarono a programmare il prototipo del nuovo servizio di posta elettronica, il quale tra le altre cose non aveva nemmeno un nome.
L’onere del naming toccò a Smith e alla moglie, i quali si misero all’opera con dei brainstorming incentrati su parole accattivanti che contenessero la parola ‘mail’.
Ne uscirono di tutti i colori, da Run Mail a Cool Mail, fino a quando la compagna di Smith suggerì ‘Hotmail’: quel nome non sembrava un granché, ma aveva dalla sua il fatto di contenere nel giusto ordine le lettere HTML – HyperText Markup Language – il che avrebbe di certo attirato i nerd degli anni Novanta.
E poi, insomma… era hot, no? In ogni caso, i due non avevano certo molto altro tempo per trovare qualcosa di meglio: il 27 marzo del 1996 Smith registrò il dominio Hotmail.
L’incontro con Tim Draper
Fu dunque possibile iniziare a far girare il prototipo tra alcuni amici, così da raccogliere i primi feedback – sempre fondamentali per garantire il successo di un lancio digitale. In questa fase l’interfaccia di Hotmail venne migliorata sul lato grafico, rendendola più usabile ed intuitiva per l’utente.
Così, una volta messo il fiocchetto al prototipo, Jack e Sabeer tornarono alla DFJ, presentando il proprio servizio di posta elettronica non solo a Jurvetson, ma anche al suo socio Draper.
Avete presente chi è Tim Draper? Ecco, immaginate quanto potrebbe essere spumeggiante uno tra più famosi finanziatori di start up degli Stati Uniti, e a questo aggiungete una parlantina esasperante e una retorica degna dei più arditi artisti futuristi del Novecento italiano.
Ecco, questo è Timothy Cook ‘Tim’ Draper, famoso per Hotmail, per essere il magnate dei BitCoin dopo Silk Road e per tante altre cose… insomma, è l’imprenditore che tutti i giovani imprenditori vorrebbero incontrare.
Ebbene, in quel giorno della primavera del ’96 i due creatori di Hotmail si sedettero di fronte a Draper, il quale domandò in che modo i due avevano intenzione di promuovere il proprio innovativo servizio.
Insomma, insieme a Rocketmail quello era pur sempre uno dei primi esempi di posta elettronica gratuita accessibile dal web!
Come sappiamo da quanto riportato dallo stesso Jurvetson, Bathia rispose di voler usare dei cartelloni pubblicitari e delle pubblicità radiofoniche. Draper non era però felice di dover buttare dei soldi in quel tipo di advertising: dopo qualche secondo di silenzio pensieroso, dunque, egli domandò a Smith se non fosse possibile diramare semplicemente il messaggio del nuovo servizio attraverso il web, ma Smith si dichiarò fin da subito contrario a questa forma di spam.
Draper, però, non la vedeva allo stesso modo.
PS: I love you. Get your free e-mail at Hotmail
A cosa stava pensando Draper mentre proponeva di abbinare il lancio digitale di Hotmail a quello che Smith intendeva come spam?
Ebbene, lui stava pensando ad una connessione che probabilmente nessun altro avrebbe saputo fare, ovvero tra il sistema di vendita diretta della Tupperware e un servizio online.
Proprio così: pensava a quelle donne che organizzavano delle festicciole per le amiche per farle acquistare i propri prodotti per la casa, e pensava soprattutto al fatto che una buona percentuale delle amiche presenti diventavano a loro volta, poco dopo quei party, esse stesse delle venditrici della Tupperware.
Cosa c’entra tutto questo con il lancio digitale di Hotmail? Non ti ricordi quando prima ti ho parlato di viralità, e degli utenti che promuovono spontaneamente un prodotto semplicemente utilizzandolo?
Ecco, fu sull’onda di questi pensieri che Draper chiese a Smith: «potresti inserire un messaggio sul fondo dello schermo di tutti quanti gli utenti?».
A quanto pare Bhatia intervenne dicendo di non voler fare assolutamente nulla di simile, ma interrogato nuovamente da Draper, Smith finì per ammettere che sì, tecnicamente era possibile. «Fantastico» disse Draper «E sarebbe possibile persistere con questo messaggio, no? Potresti metterlo sul fondo della email e se qualcuno dovesse spedire una email a qualcun altro si potrebbe visualizzare sempre lo stesso messaggio, no?».
Seppur contrario alla proposta, a Smith non restava che ammettere nuovamente la possibilità tecnica della proposta di Draper, che finalmente concretizzò il suo pensiero, proponendo di inserire in fondo alle email la famosa frase:
«PS: I love you. Get your free e-mail at Hotmail»
L’espressione di Smith e Bathia fu quella di chi si fosse tutto d’un colpo reso conto di aver scelto il più scellerato e idiota tra gli investitori a livello globale.
Solo Draper riusciva a vedere il potenziale virale di un simile messaggio, il quale poteva permettere al lancio digitale di Hotmail di trasformarsi in una vera e propria epidemia (senza vittime, se non tra i diretti concorrenti, s’intende). Quella volta, però, non ci fu verso di convincere i due creatori di Hotmail: il lancio digitale avvenne così senza la frase ad effetto di Draper.
Il lancio digitale di HoTMaiL
Il lancio digitale di Hotmail (reso graficamente HoTMaiL) non avvenne in una data qualunque, bensì il giorno dell’Indipendenza, ovvero il 4 luglio, a sottolineare che il nuovo servizio di posta elettronica avrebbe donato a tutti quanti gli utenti del web la libertà di poter utilizzare gratuitamente questa email da qualsiasi computer e da qualunque luogo del mondo.
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E sì, il primo giorno del lancio digitale regalò in effetti delle incoraggianti soddisfazioni al team dietro al neonato servizio: mentre festeggiavano al Chili’s Grill & Bar di San José, dopo una sola ora dal lancio, le registrazioni a Hotmail erano già arrivate a 100, e mentre quella sera uscivano dal cinema (nelle sale quell’anno uscì Indipendence Day) le iscrizioni erano salite a 250. Insomma, come primo giorno del lancio digitale non era niente male: senza alcun tipo di advertising vero e proprio, quelle registrazioni erano nate del tutto spontaneamente, e quindi per frutto di un virtuoso passaparola.
Migliorare il proprio prodotto e il proprio lancio, sempre
Se la crescita del nuovo servizio di posta elettronica si fosse mantenuto sul ritmo di quei primissimi giorni dal lancio digitale, però, oggi non staremmo di certo a parlare della velocissima crescita di Hotmail.
Arrivò però il momento di un nuovo incontro alla DFJ, alla quale Tim Draper tornò alla carica con la proposta della sua tagline, ancora più convinto di prima per il fatto che l’80% delle nuove iscrizioni ad Hotmail arrivavano effettivamente da amici di utenti già iscritti.
A contare, dunque, era il passaparola diretto, non la classica pubblicità. Lo storia però si ripeteva: il finanziatore spingeva il messaggio promozionale e ammiccante mentre Smith e Bhatia si rifiutavano di modificare in quel modo la propria email. Proprio così: erano convinti che modificare quanto fatto fino a quel momento, ovvero rimettere mano al proprio lavoro, avrebbe danneggiato il loro lancio digitale.
Cosa avrebbero potuto pensare gli utenti di quella tagline? Adesso è semplicemente l’inserimento di una tagline, e domani cosa sarà? I due fondatori, dunque, avevano il timore che quella frasetta avrebbe potuto generare negli utenti dei ripensamenti intorno alla privacy (preoccupazione molto diffusa anche durante il lancio digitale di Gmail, se ti ricordi).
Ma Draper era irremovibile: i benefici erano incredibilmente più grandi dei rischi. Alla fine, l’investitore la spuntò: il giorno dopo Bhatia e Smith telefonarono a Draper dicendo di aver accettato la sua risposta, togliendo però la parte iniziale al messaggio. Niente ‘P.S. I love you’, ma solo ‘Get your free e-mail at Hotmail’.
La crescita iperbolica e virale di Hotmail
Cosa diceva realmente quel messaggio a chi riceveva una email da un utente Hotmail?
Diceva che esisteva un nuovo servizio email, che era gratis, che funzionava, e che il suo amico o conoscente lo stava utilizzando.
Ecco: tutti quanti sappiamo quanto conti l’imitazione sociale nel mondo del marketing e nel modo in cui noi facciamo gli acquisti. È il concetto stesso di moda: se due o tre dei miei conoscenti più belli, simpatici e affermati hanno una cravatta nera, stretta e lucida, non andrò probabilmente a comprare un cravattone largo, rosso e con dei pois gialli, no?
No, la mia prossima cravatta sarà lunga e stretta, ed io e i miei amici sembreremmo tutti insieme Mr. White, Mr. Orange e Mr. Pink delle Iene di Tarantino.
Ma non è tutto qui: oltre a richiamare l’istinto dell’imitazione, la tagline utilizzata sul fondo delle email nel lancio digitale di Hotmail era pure immediata: non serviva andare in un negozio a cercare una cravatta, bastava cliccare sul link ed accedere alla pagina di registrazione al servizio.
I risultati di questa modifica proposta insistentemente da Draper furono incredibili e soprattutto istantanei: la curva di crescita di Hotmail assunse una piega iperbolica, avanzando ad una media di 3000 iscritti al giorni.
Al Labor Day – il primo lunedì di settembre – gli utenti registrati arrivarono a 750.000, e al sesto mese dal lancio digitale oltrepassarono quota 1 milione. Da lì in poi il ritmo non fece che crescere ancora di più, arrivando a 20.000 nuove iscrizioni al giorno: alla gioia per il clamoroso successo del lancio digitale si unì però, in un primo momento, la preoccupazione per la tenuta dei server, con un Jack Smith disperato nel tentativo di mantenere a galla quella nave da crociera progettata come una barchetta da acqua dolce.
Ce la fece, ma davvero per poco. Nessuno, del resto, avrebbe potuto aspettarsi una simile impennata nelle iscrizioni.
Il primo lancio digitale virale: il prodotto è come un virus
Quella tagline con tanto di link cliccabile immaginata e spinta da Draper riuscì a promuovere il prodotto quanto nessun altro strumento promozionale sarebbe riuscito a fare: con quelle semplici sei parole ogni utente di Hotmail che inoltrava un messaggio di posta elettronica ne diventava automaticamente un rappresentante, o meglio, un venditore.
E non uno qualsiasi: no, perché quel venditore non andava a bussare alla porta di uno sconosciuto. Si rivolgeva all’amico, al collega di lavoro, e soprattutto lo faceva in modo completamente disinteressato, come il migliore dei testimonial possibili.
Per farsi un’idea della viralità di questo messaggio, basti pensare che Bathia inviò un messaggio di posta elettronica ad un amico in India. Ebbene, nel giro di sole tre settimane Hotmail arrivò a contare 100.000 utenti nella penisola indiana.
Una cosa del tutto simile avvenne anche in Svezia: qui non venne fatto nessun investimento in advertising, eppure Hotmail divenne in breve tempo il più utilizzato servizio di email a livello nazionale. Lo stesso Jurvetson non esitò a definire la progressiva adozione di Hotmail a livello mondiale come la diffusione di un virus.
Ma era ancora di più di un’epidemia, proprio grazie alla propria virtualità: se la maggior parte degli utenti che si scambiavano email vivevano nella stessa area geografica, è anche vero che un servizio email non conosce barriere, ostacoli o distanze troppo lunghe, come invece accade ad un virus.
Mandare una email ad un amico all’estero, dunque, poteva significare potenzialmente dare il via ad un nuovo focolaio, ad una nuova colonia di utenti di Hotmail. Affascinato da questa epidemia, Jurvetson scrisse che «da un punto di vista epidemiologico, era come se Zeus avesse starnutito sul Pianeta».
Conclusione
Tutto questo è successo nel 1996, all’alba del World Wide Web che conosciamo oggi. Il consumatore della rete era una creatura ancora tutta da scoprire, e il web marketing… beh, se confrontato a oggi, possiamo semplicemente dire che non esisteva.
Ma è proprio questo scenario ancora piano, tutto da esplorare e vergine, che fa del lancio digitale di Hotmail un caso esemplare. Da qui si capisce che concepire, sviluppare e rifinire un prodotto nel modo giusto può portarlo ad una fortuna immensa, senza la scottante necessità di alti budget per il marketing o l’advertising.
Tutto sta, però, nel trovare la strada giusta. Un processo tutt’altro che facile: ma come dico sempre, e come dimostra la storia di Hotmail, il web è anche il regno dei tentativi.
Provare, sperimentare, sbagliare, e riprovare, giacché in rete è possibile osare molto di più. La strada scelta per il tuo lancio digitale non ti sta portando i risultati che cercavi? Non ti deve interessare quanto ci hai lavorato: devi invece lasciarti alle spalle quella strada improduttiva, per provare un’altra via.
Se Sabeer Bhatia e di Jack Smith non avessero abbassato gli scudi accettando d’inserire la tagline di Draper, probabilmente oggi non staremmo ancora qui a parlare di Hotmail.