Quando il tuo sito crolla per un paio di link tossici, il problema potresti essere tu e in questa guida ti spiego il perché
Sapevi che tentare di gestire i link tossici può essere più inutile che indossare guanti chirurgici per scrivere una mail? (Non tutto necessita di un approccio così sterile – parola del dottor Tastiera).
Certo lo capisco. Quando ti ritrovi il profilo backlink pieno di link spammosi, andare subito di defibrillatore per impedire che l’autorevolezza del dominio vada a farsi benedire è il primo istinto naturale, ma forse non sempre è il caso di precipitarsi.
Prima di mettere mano a cose come il disavow o a qualche altro tool che ti costi quanto un rene per rimuovere i link indesiderati meglio valutare prima bene l’entità del problema.
Keep Calm e leggi la mia guida alla gestione dei link tossici. Scoprirai che prevenire, in questi casi, è sempre meglio che dover curare (e come farlo).
Quando un link è davvero “tossico” – i fatti al di là delle chiacchiere
Sì, in effetti dei link tossici, si può dare una definizione, ma, come stai per scoprire, quella che normalmente viene data è talmente vaga che rischia di lasciare più confusi di una supercazzola di Ugo Tognazzi.
“I link tossici sono link in entrata che influenzano negativamente la visibilità del tuo sito web nelle pagine dei risultati dei motori di ricerca o che hanno il potenziale di farlo”
alias
“I link tossici sono quei connettori astrali che, con lo scappellamento a destra, alterano le armoniche cibernetiche del ranking, generando un effetto cabalistico sulla reputazione online”
Tutto ciò non vuol dire niente. Resta in sospeso il chi, il quando, il come e il perché. In molti casi, infatti, è difficile finanche stabilire quali link in entrata vadano oggettivamente a ledere il tuo posizionamento.
Ancora più risibili sono le linee guida di Google ufficiali in merito. Qui si legge che sono ritenuti link spam (praticamente sinonimo di tossici), tutti quei link “acquisiti con l’intento di manipolare il sistema di posizionamento sui motori di ricerca”.
Leggendo una roba del genere, un sorriso si disegna lento sul volto di qualsiasi consulente SEO, malignamente consapevole di quanto invece sia vero l’esatto contrario.
E cioè che in tutte le nicchie di mercato del web anche solo vagamente monetizzabili è pieno di siti che hanno fatto pratiche di link earning (acquisizione di backlink) che sulla carta non piacerebbero per niente a Google.
Questo perché sono state realizzate solo con il solo intento di manipolare i risultati di ricerca (e spesso senza la benché minima conseguenza negativa per il proprio sito – se si sono mossi bene – con il giusto servizio di link building e una buona strategia).
Quindi, a parer mio, Google, come al solito, non fa altro che tentativi di sviamento tattico da ciò che conta ai fini del ranking, mistificando, mischiando le carte e senza mai dichiarare qualcosa che possa davvero aiutare webmaster e content creators, ma questa è un’altra storia.
Link tossici e Negative SEO: è sempre il disavow a salvarti?
Un concetto voglio che passi immediatamente: non ogni link indesiderato necessita di una mobilitazione generale. Tuttavia, esistono certe circostanze in cui i link tossici diventano più di un semplice fastidio e richiedono un’azione decisiva.
Parlo, ad esempio, di attacchi informatici dove grandi volumi di link malevoli sono diretti deliberatamente verso il tuo sito per comprometterne l’autorevolezza e il ranking.
Perché succede? Può accadere di essere attaccati per molti motivi. Alcuni semplicemente spammano i siti per sport, altri, soprattutto se hai successo in un settore molto in vista e monetizzabile, muoiono dalla voglia di farti perdere il posizionamento e magari prenderselo loro.
Come che sia, chi ha deciso di buttarti giù il sito può sia avere le competenze per provare a farlo sia contattare un hacker cinese e pagarlo per fare lanciare un cosiddetta “Negative SEO attack”. Gli obiettivi, ripeto, possono essere vari:
- Buttarti giù il sito
- Causare perdite a caso di posizionamento
- Prendersi il tuo traffico per dirottarlo altrove
- Far derankare una specifica pagina del sito
- Etc.
Alla fine, lo scopo difficilmente è proprio quello di “rubarti il posizionamento” perché gli attacchi di questo tipo non hanno una precisione matematica, cioè non se ne possono pilotare i risultati come fosse un aereo di linea.
Anzi, spesso non è nemmeno detto che SE il sito vittima subisce il colpo, gli effetti durino per più di una notte (soprattutto se il sito è monitorato e protetto come ti spiegherò dopo).
Ma come funzionano gli attacchi con link tossici?
La SEO negativa spesso ha a che fare proprio con l’invio fraudolento di grosse quantità di link, come accennavo, ma come funziona?
Un attore malevolo potrebbe creare o acquistare migliaia di link spammosi e puntarli tutti a caso verso il tuo sito, oppure verso una specifica pagina che intende provare a penalizzare.
Questi link possono arrivare da siti di bassa qualità, contenere malware o semplicemente essere del tutto irrilevanti per la tematica del tuo portale – cosa che è comunque dannosa.
- Link da siti coreani verso un sito italiano, ad esempio, sono quasi certamente un’anomalia soprattutto se in quantità rilevanti
- Link da siti pornografici di ogni sorta
- Link da siti che sono stati penalizzati da Google
- Etc..
Sono tutte fonti indesiderate di collegamenti che l’infame di turno potrebbe cercare di farti piovere addosso per danneggiare l’autorevolezza del tuo dominio e con essa il posizionamento maturato con tanti sforzi su Google.
Un caso tipo di attacco con link tossici: Kinsta.com
Un esempio tra i tanti di attacco con link tossici è quello che è accaduto a Kinsta, società di hosting web. Un bel giorno, centinaia di link spam provenienti da domini .tk sono stati puntati verso un articolo specifico del loro blog.
Come ha fatto Kinsta ad accorgersi che stavano catapultando spam a palate verso il loro sito? Molto semplice: con un monitoraggio di routine hanno notato un aumento improvviso e anomalo di link in entrata di bassa qualità.
Questi link spam erano tutti dofollow e puntavano a un singolo post sul blog di Kinsta, che trattava di aggiornamenti mensili di WordPress. L’attacco è diventato evidente quando hanno compreso che tutti i link provenivano da domini .tk, che sono domini di primo livello acquistati nel territorio di Tokelau – Nuova Zelanda – noti per l’uso in attività spam.
Che poi, per accorgersene, non è certo stato obbligatorio scavare all’infinito nei dati del proprio sito per stanare il fattaccio. Come sempre, è bastato guardare un qualsiasi grafico dei link in entrata, come quello che vedi qui sopra.
Insomma, se prima magari avevi sempre ricevuto link in modo normale e il grafico si era sempre presentato più piatto del mare quando non tira nemmeno un alito di vento, è chiaro all’arrivo di un’impennata allucinante c’è da preoccuparsi.
E quand’è così che opzioni hai?
- Scovare gli spammer e fargli rimpiangere di essere nati;
- Disavow-are tutti i migliaia di link malevoli ricevuti (se sai come farlo e bene anche).
E infatti, parliamo un attimo del disavow. È uno degli strumenti più dibattuti tra i professionisti SEO e wannabes, ma pure in generale tra i webmaster. Serve a neutralizzare l’effetto dei link tossici o dannosi.
In altre parole, se fai un disavow stai essenzialmente comunicando a Google che non vuoi che certi backlink vengano considerati quando valuta il ranking del tuo sito. E quando sei sotto attacco pesante di spam è saggio puntare su questo strumento per proteggerti, proprio come hanno fatto quelli di Kinsta.
E tu ora forse stai pensando “Ma dai, sono tre ore che leggo st’articolo e bastava che mi dicessi che esiste il disa-uau per risolvere tutto in un nanosecondo!?!?!?”
Sì, però no: sono cattivo, ma non fino a questo punto.
Perché se il posizionamento del tuo sito va male o non va proprio, la presenza eventuale di qualche link dannoso, se non si è in presenza di palese negative SEO, è l’ultima cosa di cui mi preoccuperei.
E cioè, per dirla fuori dai denti: se un sito fa schifo, fa schifo e basta.
Sarà sempre soggetto a fluttuazioni enormi di posizionamento, o peggio, non si posizionerà mai decentemente su Google. Nemmeno liberandolo da qualsiasi link di scarsa qualità (o presunto tale) con il disavow.
Ci tengo a dirlo chiaro e tondo perché ti garantisco che c’è un fracco di gente là fuori, che invece di pensare a come rendere potente il proprio sito con strategie serie di posizionamento e data poisoning, pensa a come usare il disavow per liberarsi di link che, spesso, nemmeno sa realmente se sono tossici.
Pura follia.
I link tossici secondo la mia esperienza
Non so se ti è chiaro, quindi lo specifico: con il mio articolo non ho voluto né sminuire il problema né fare allarmismo. Piuttosto ho pensato di offrire il mio punto di vista sulla tematica dei link tossici con una sorta di vademecum relativo a una questione davvero spinosa.
E ora, per chiudere, vorrei proprio mettere gli ultimi puntini sulle i.
Anzitutto, va precisato quello che dichiara Google in merito alla faccenda. E devo dire che l’azienda sembra avere un approccio alla questione molto vicino a quello che io ho sperimentato sul campo in anni in cui di attacchi a base di spam e link tossici ne ho affrontati parecchi sui progetti dei miei clienti.
In una recente intervista del noto portavoce dell’azienda Gary Illyes, infatti, si è ribadito ancora che ormai per big G è abbastanza semplice riconoscere i collegamenti malevoli in autonomia e ignorarli, prevenendo dunque qualsiasi impatto sul tuo posizionamento in anticipo e in automatico.
Lo stesso John Mueller (Senior Webmaster Trends Analyst) già nel 2019 affermava più o meno la stessa cosa:
Per la maggior parte, li ignoriamo (i domini che spammano link, ndr) e siamo bravi a farlo perché sono facili da riconoscere.
John Mueller
Ora, lo so che poco fa ho detto che quando parla Google devi quasi sempre tapparti le orecchie e urlare, però in questo caso è piuttosto evidente a tutti che non vi siano intenti fuorvianti o mistificazioni da parte dell’azienda.
Vuoi davvero evitare i danni da link tossici? Immunizzati costruendo autorevolezza
Giunti sin qui, ci tengo molto a concludere parlandoti di quello che conta davvero per sterilizzare qualsiasi attacco con link tossici di non inenarrabile entità e finezza tecnica:
La risposta è una e una soltanto, e ha a che fare con Arnold Schwarzenegger e il suo film del 1987 denominato Predator:
Lo vedi lo zio Arnold sornione, col petto gonfio e l’espressione cazzuta di chi è pronto ad affrontare “bestie schifose (cit.)” senza paura e col coltello tra i denti?
Ebbene, se costruirai un sito autorevole e rilevante la scena che vedi nel meme sarà una diretta trasposizione della reazione del tuo sito aziendale al presentarsi di qualsiasi link spam all’uscio della porta.
Autorevolezza è oggi una parola il cui significato se applicato al tuo sito aziendale o e-commerce è il vaccino per moltissimi potenziali malanni capaci di far danno, quali:
🫣Malattia SEO | 🤕Sintomi |
---|---|
Linkemia Tossica | l’autorevolezza protegge il sito più efficacemente di qualsiasi strumento di rimozione link. Se per anni hai offerto qualità al web associandola al tuo brand, non basta certo bombardare a caso una tale fortezza per vederla crollare. Non posso dire che sarai al sicuro livello bunker anti-atomico, però di certo chi ti vuole fregare dovrà lavorare 10 volte tanto per sortire il benché minimo effetto. |
Sindrome da ROI azzerato | su un sito web che non ha costruito credibilità nel tempo, non c’è crescita di posizionamento e traffico e dunque, non c’è fatturato. Non importa quanto investi in campagne di marketing o nell’abbellire le pagine con grafiche spaziali: se non lavori duro su cose come la topical authority e la qualità dei contenuti sarai sempre uno tra i tanti. |
Invisibilità acuta cronica | più di ogni altra cosa la mancanza di autorevolezza è causa di invisibilità in tutti gli spazi organici presenti e futuri che ci offrono i motori di ricerca come anche i large language model come ChatGPT. |
Se il tuo sito è affetto da sintomatologie compatibili con quelle descritte, beh, per guarire puoi provare a costruirti l’autorevolezza da solo, però attenzione, perché se non sei sicuro di cavartela egregiamente con le tecniche necessarie il minimo che rischi è un grosso spreco di tempo e budget.
A ‘sto punto una chiamata al dottor Serra, se fossi in te, la valuterei 😝.
Faccio iniezioni di autorevolezza ai siti web da un bel pezzo e, credimi, non ti servirà scoprire che sei vittima di un attacco informatico per accorgerti che la mia cura alla mancanza di traffico per il tuo sito funziona (e pure bene se ci sono i presupposti)!
Contattami e parliamone, oppure richiedimi direttamente un’indagine per scoprire il reale potenziale SEO per la tua azienda nella tua nicchia di mercato:
🏆 Take Aways…
- Costruisci e mantieni un sito web autorevole per mitigare l’impatto dei link tossici o attacchi negative SEO.
- Monitora regolarmente il tuo profilo backlink per rilevare attività insolite.
- Usa con saggezza lo strumento di disavow per neutralizzare i link dannosi.
- Concentrati sulla creazione di contenuti di alta qualità per molto tempo e lavora sul brand per rafforzare l’autorità del tuo sito.