Abusi di reputazione: Google estende la sua policy in Europa (Italia compresa!)

Dalle spiagge americane alle coste europee: l’onda d’urto della Site Reputation Abuse colpisce anche l’Italia (e non solo)

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📌 TAKE AWAYS

  • Dopo aver colpito siti parassiti negli Stati Uniti, Google ha esteso le penalizzazioni per abuso di reputazione anche in Europa, con particolare attenzione a Italia, Germania e Francia.
  • L’obiettivo è impedire che contenuti di terze parti di bassa qualità sfruttino l’autorevolezza di domini consolidati per scalare le SERP.
  • Google sta applicando azioni manuali per identificare e rimuovere contenuti “parassitari”.
Google dichiara guerra alla Parasite SEO anche in Europa, colpendo siti che ospitano contenuti di terze parti.
Le penalizzazioni manuali travolgono importanti testate in Italia come Corriere e Repubblica ma risparmiano l'Ansa.

Ebbene sì, l’incubo della “Parasite SEO” è diventato realtà anche per noi in Italia.

Se fino a ieri pensavi che l’abuso di reputazione fosse un problema solo per gli amici statunitensi, devo darti una brutta notizia.

Dopo aver fatto piazza pulita dei siti “parassiti” negli USA (anche con qualche errore e alcune penalizzazioni ingiuste, come ti ho scritto qui) il gigante di Mountain View ha deciso di aggiornare la sua policy a riguardo ed estendere la sua operazione di pulizia anche al Vecchio Continente, prendendo di mira, in particolare, l’Italia, la Germania e la Francia, come riportato dalla SEO Laura Chiocciora su X.

Attenzione però, se pensi che questa sia solo una questione per “esperti” e “addetti ai lavori” ti sbagli di grosso: ciò che sta accadendo potrebbe letteralmente ribaltare i giochi (e quindi i tuoi ricavi) in modo drastico.

Ti ricordi Point Break, il film sul surf con Keanu Reeves e Patrick Swayze? Ecco, a giudicare dal maremoto che sta per scatenarsi, te lo consiglio per ripassare le basi su come restare in equilibrio nonostante lo tsunami imminente!

Ma cosa sta succedendo di preciso? E, soprattutto, come puoi evitare che il tuo sito finisca nel calderone delle penalizzazioni immotivate che hanno gettato nel caos molti utenti? Te lo spiego subito, senza giri di parole.

La vendetta di Google contro i “parassiti” del web

Probabilmente avrai già sentito parlare di “Site Reputation Abuse” e di Parasite SEO, ma se anche non fosse, non preoccuparti, ti faccio un breve esempio per chiarirti le idee.

Immagina il tuo sito web come un ciclista che corre spedito verso il traguardo. Ecco, ora pensa a dei piccoli ciclisti “parassiti” che si attaccano alla tua ruota, sfruttando la tua scia senza faticare e sottraendoti onori, gloria e clienti.

Ecco, l’abuso di reputazione è proprio questo: siti terzi che, come i parassiti, pubblicano contenuti a basso valore (spesso codici sconto o coupon) sui siti web di terze parti (in genere grandi testate giornalistiche), sfruttando l’autorità e la credibilità di questi ultimi per posizionarsi in alto nei risultati di ricerca di Google.

Questi siti non sono altro che “sfruttatori” che cercano di trarre vantaggio da siti più autorevoli, e Google, che fa di tutto per garantire una “esperienza utente” di alto livello, ha deciso di dare una bella ripulita alla sua casa. E lo sta facendo con una certa “grinta” (che le fa commettere anche errori gravi).

D’altronde è quasi comprensibile: pensa di avere la casa infestata dalle termiti, nella foga puoi spruzzare veleno anche dove non occorre e magari far ammalare le piante o rovinare i mobili. Solo che da un gigante del genere, con le sue enormi possibilità, ci si aspetterebbe più precisione e buonsenso, non questa smania di far pulizia, fregandosene – perdona la schiettezza – degli effetti collaterali.

Sì, perché Google negli USA ha spesso creato più problemi di quanti ne abbia risolti, generando un vero e proprio caos penalizzazioni che ha colpito anche siti che non avevano fatto nulla di male.

Peccato che su questo Big G non voglia arretrare di un passo, la sua motivazione è chiara: questi contenuti “parassitari” sono in grado di confondere o, peggio, fuorviare gli utenti, che si aspettano di trovare informazioni di qualità su un determinato sito web e non promozioni di terze parti spesso non verificate.

E se finora questi siti parassiti se la sono cavata quasi impunemente, è arrivata l’ora di farla finita. Google, dopo aver punito i siti americani, ha deciso di estendere la sua “vendetta” anche all’Europa, e Italia e Germania sembrerebbero i primi ad averne fatto le spese.

visibilità post intervento Google per abuso di reputazione, Italia, fonte Sistrix 27 gennaio 2025
Sistrix

L’Italia trema: i primi siti colpiti

È stata Laura Chiocciora, esperta SEO, a lanciare l’allarme su X:

Sembra che Google stia finalmente inviando azioni manuali in Europa! Ecco un esempio dall’Italia: tutti i progetti whitelabel sono spariti (tranne l’Ansa). Si vedono cose simili anche in altri paesi.

Laura Chiocciora

Quindi, dopo anni di “tolleranza”, Google ha iniziato a sferrare una serie di “azioni manuali”, ovvero penalizzazioni decise da revisori umani (non dagli algoritmi, attenzione!), che hanno portato alla scomparsa dai risultati di ricerca di numerosi siti web italiani che praticavano la “Parasite SEO”.

Glenn Gabe, un altro noto esperto SEO, ha confermato la notizia, aggiungendo che molti siti hanno subito un drastico calo di visibilità, con il famigerato messaggio “10 risultati” che fa capolino nelle query di ricerca (segno inequivocabile di penalizzazione).

Tra i siti italiani colpiti, come riportato da Elisa Paesante di Sistrix, spiccano nomi come Corriere della Sera, La Repubblica, Gazzetta dello Sport e Focus, tutti “colpevoli” di aver ospitato sezioni di coupon e codici sconto che hanno sfruttato impropriamente l’autorità dei loro domini, ottenendo un ingiusto vantaggio nelle SERP.

Corriere codice sconto fonte Sistrix 27 gennaio 2025
Sistrix
Focus codice sconto fonte Sistrix 27 gennaio 2025
Sistrix

Quindi, se per caso stavi pensando di fare il “furbo” anche tu, sappi che il vento sta cambiando.

Riccardo Mares su LinkedIn 25 gennaio 2025

Ma c’è un’eccezione, un’anomalia che fa storcere il naso agli esperti: l’Ansa, l’agenzia di stampa italiana, che sembra essere l’unica a essersi salvata dalla “mannaia” di Google, e non si capisce bene il perché. Certo, la loro pagina di codici sconto non è certo un fiore all’occhiello di Google, eppure… misteri dell’algoritmo (o forse no).

Ansa codice sconto fonte Sistrix 27 gennaio 2025

Per capire meglio la situazione, è interessante leggere le parole di Riccardo Mares, digital manager e autorevole esperto SEO, che ha seguito la vicenda fin dall’inizio, il quale conferma che, da mesi, molti suoi clienti e-commerce si lamentavano del “dominio” di questi grandi siti parassiti. Il suo suggerimento è sempre stato di creare landing page dedicate ai codici sconto, ma la strada, come spesso accade, non è facile.

Riccardo Mares su LinkedIn 29 gennaio 2025

La Germania non è immune: l’ondata si propaga in Europa

E se l’Italia piange, la Germania non ride. Come riportato da Barry Schwartz, altro guru del mondo SEO, Google ha iniziato a punire anche i siti tedeschi che si macchiano di abuso di reputazione.

Christian Kunz, un SEO tedesco, ha confermato la notizia, sottolineando come i risultati di ricerca per le query relative ai codici sconto abbiano subito un drastico cambiamento, con l’esclusione di molti siti di notizie che prima dominavano le prime posizioni.

Germania google vs parasite SEO fonte Seroundtable 29 gennaio 2025
Seroundtable

In pratica, quello che sta accadendo in Italia si sta replicando in Germania (ma anche in altri paesi europei, come Spagna e Francia, quindi preparati).

Spagna google vs parasite SEO fonte Seroundtable 23 gennaio 2025
Seroundtable
Francia google vs parasite SEO fonte Seroundtable 23 gennaio 2025
Seroundtable

Prima di addentrarci ancora di più nella questione ti voglio però citare un caso davvero emblematico, diventato ormai famoso tra la comunità SEO, quando si parla di Parasite SEO: quello di Forbes Marketplace.

Lars Lofgren su Forbes Parasite SEO LinkedIn settembre 2024

Forbes Marketplace: un caso clamoroso di Parasite SEO

Hai mai cercato su Google “migliore assicurazione per animali”, “gomme al CBD” o “come eliminare le blatte” e ti sei ritrovato Forbes ai primi posti? Non è magia, ma “Parasite SEO” in azione.

Forbes Marketplace, una società distinta da Forbes (con quest’ultima che detiene solo il 40% delle quote), ha creato sezioni come forbes.com/advisor, forbes.com/home-improvement e forbes.com/health, arrivando a generare oltre 27 milioni di visite al mese con contenuti di affiliazione.

Si tratta di articoli spesso superficiali, che promuovono prodotti senza una reale competenza specifica, sfruttando l’autorevolezza del marchio Forbes per scalare le classifiche di Google.

L’azienda, nata nel 2019 e guidata da figure esterne a Forbes, ha fatturato circa 29 milioni di dollari nel 2021, e si stima che oggi possa generare un fatturato annuo tra i 300 e i 400 milioni, come scrive Lars Lofgren nel suo illuminante articolo.

Pensa che la situazione è talmente fuori controllo che Forbes Marketplace ha addirittura avanzato un’offerta per acquisire l’intero gruppo Forbes! Praticamente la pulce ha succhiato talmente sangue dal gatto che è diventata più grande del povero felino!

Una strategia di “parassitismo” SEO portata all’estremo, un “colpo grosso” che lascia interrogativi: come ha fatto Google a permettere tutto questo? E fino a quando?

Google aggiorna la politica e le azioni manuali

Come se non bastasse la “scossa tellurica” delle penalizzazioni, Google ha deciso di rincarare la dose, aggiornando non solo la politica di “Site Reputation Abuse”, ma anche la sezione relativa alle “azioni manuali” e il documento sul “Search Quality User report“.

In pratica, Big G ha “messo i puntini sulle i” per far capire che non si tratta di un capriccio, ma di un’azione mirata e ben definita. E lo ha fatto in modo molto preciso, senza lasciare nulla al caso.

Ma cos’è cambiato nella pratica?

Google ha modificato la sezione dedicata alle azioni manuali per la “Site Reputation Abuse”. In particolare, ha aggiunto una sezione che fornisce indicazioni su come affrontare il problema. Da Mountain View, infatti, suggeriscono di esaminare il proprio sito alla ricerca di contenuti di terze parti che violano la policy, di controllare l’elenco delle pagine colpite in Search Console e di decidere cosa farne.

Le opzioni sono diverse: spostare il contenuto su un nuovo dominio, usare il tag “noindex” per escluderlo dall’indicizzazione o rielaborarlo come contenuto di prima parte. Big G, però, mette in guardia: spostare i contenuti su un altro sito, un sottodominio o una sottodirectory del tuo sito potrebbe essere visto come un tentativo di aggirare la politica antispam, con il rischio di incorrere in sanzioni più ampie. Attenzione quindi ai “doppi giochi”.

Chiarito questo punto, ora scommetto che ti stai chiedendo: ma il mio sito è a rischio penalizzazione, o no? Te lo dico nel prossimo paragrafo.

Il tuo sito web è a rischio? Ecco come valutare la tua posizione

Dopo questo “tsunami” di penalizzazioni e chiarimenti da parte di Google, è lecito chiedersi: “Il mio sito web è a rischio?“. La risposta, purtroppo, non è semplice come un “sì” o un “no”, ma cercherò di fornirti una bussola per orientarti in questo labirinto.

In realtà, Google aveva lanciato un avvertimento già a marzo 2024. Da lì, come abbiamo visto, è iniziata una vera e propria “caccia alle streghe”, con una serie di azioni manuali che hanno colpito numerosi siti, soprattutto nel settore dei coupon e del gambling.

Per aiutarti a capire quanto il tuo sito rischi penalizzazioni manuali, voglio condividerti questa “scala di allerta” a 5 livelli, pubblicata da Peter J. Meyers, esperto di marketing e questioni digitali, su Moz. Ecco come funziona:

  • Livello 1: Contenuti di terze parti, ospitati esternamente, affiliati. Questo è il livello di rischio più alto, quello dei siti che sono già stati colpiti dalle azioni manuali. In questo caso, il contenuto non solo è prodotto da terzi, ma è ospitato esternamente su un sottodominio o sottocartella del sito. Inoltre, è chiaramente monetizzato e progettato per sfruttare la reputazione del sito per scopi SEO. Pensa a siti come coupons.usatoday.com o coupons.cnn.com. Se ti riconosci in questa descrizione, sei in grave pericolo;
  • Livello 2: Contenuti di terze parti, concessi in licenza, affiliati. Questo livello è simile al precedente, ma con una differenza tecnica: il contenuto è concesso in licenza da terzi, ma sei tu a gestirne la pubblicazione. Anche se potrebbe sembrare più difficile da individuare, questa pratica è considerata equivalente alla precedente e ti espone a un elevato rischio di penalizzazione. Esempi? forbes.com/advisor o marketwatch.com/guides;
  • Livello 3: Contenuti di terze parti, personalizzati, affiliati. Qui la situazione si fa più grigia. In questo caso, il contenuto è creato da terzi su misura per te. Anche se è un contenuto personalizzato e originale, se è chiaramente rivolto a scopi SEO e non è in linea con il focus del tuo sito, sei a rischio. Pensa a un sito di recensioni di film che pubblica contenuti sul “miglior servizio di scrittura di saggi”, giusto per fare un esempio;
  • Livello 4: Contenuti di prima parte, fuori tema, affiliati. In questo caso, sei tu a creare i contenuti, ma questi sono fuori tema rispetto al focus principale del tuo sito e contengono link di affiliazione. La componente algoritmica potrebbe colpire questo tipo di contenuto, quindi fai attenzione. Se, ad esempio, sei un sito di notizie sportive e scrivi un articolo sulle migliori carte di credito, anche se il contenuto è originale, potresti essere a rischio;
  • Livello 5: Contenuti di prima parte, fuori tema, editoriali. Questo è il livello di rischio più basso. Si tratta di contenuti editoriali, scritti da te, che si discostano dal focus principale del tuo sito. In questo caso, Google potrebbe lanciare un aggiornamento dell’algoritmo che va troppo oltre, ma il rischio è considerato estremamente basso.

Allora? Il tuo sito, al netto di ciò, come ti sembra?

Ricorda questa massima: se il tuo sito non ha una reputazione, non puoi abusarne (e quindi neanche perderla!).

Google sta cercando di capire quando il potere dei brand viene sfruttato in modo eccessivo. Inoltre, se i tuoi contenuti di affiliazione sono marcati come tali, non dovresti preoccuparti. Il problema si pone quando l’affiliate marketing è usato come “scusa” per creare contenuti “parassitari” a fini SEO.

Spero che questa scala di Peter Meyers ti aiuti a capire meglio la situazione del tuo sito.

Riassumiamo: se il tuo sito si trova ai livelli 1 o 2, sei in pericolo e devi intervenire subito. Se ti trovi al livello 3, è arrivato il momento di farti qualche domanda e di prepararti al peggio. Se invece sei ai livelli 4 o 5, puoi stare più tranquillo, ma non abbassare la guardia.

E tu, cosa fai, quindi? Ti lasci travolgere dalle onde o impari a surfare?

Ora, dopo aver visto questo quadro della situazione, la domanda sorge spontanea: come devi muoverti? Ti lascerai travolgere dall’onda d’urto di Google, oppure sfrutterai questo momento di cambiamento per rilanciare il tuo business?

La risposta è ovvia: devi agire, e devi farlo subito.

La prima cosa che ti suggerisco è di abbandonare ogni pratica di “Parasite SEO”, se la stai utilizzando. Se hai puntato su siti di coupon per promuovere il tuo brand, sappi che questo sistema è ormai obsoleto e, soprattutto, rischioso. Google non fa sconti a nessuno, e se ti becca ti penalizza senza pietà.

Invece, concentrati sulla creazione di contenuti di qualità che rispondano realmente alle esigenze dei tuoi clienti. Crea una pagina dedicata ai codici sconto o alle offerte speciali sul tuo sito web, in modo che gli utenti che cercano promozioni sui tuoi prodotti arrivino direttamente al tuo “faro”.

Questo non solo ti consentirà di aumentare il traffico sul tuo sito, ma ti darà anche la possibilità di acquisire nuovi contatti, fidelizzare i tuoi clienti e migliorare le tue conversioni.

Per conquistare Google senza giochetti, bisogna puntare su strategie solide e durature.

Prima di tutto, l’esperienza utente (UX): il sito deve essere veloce, intuitivo e credibile, perché se gli utenti scappano dopo due click, anche Google lo noterà.

Investi in Digital PR, crea connessioni reali, coltiva rapporti umani, costruisci relazioni digitali non effimere.

Poi c’è il Guest Posting, ovvero pubblicare articoli su siti autorevoli in modo naturale e trasparente, senza forzature. Anche la link building va fatta come si deve: niente scorciatoie o trucchi, solo backlink di qualità ottenuti con metodi etici.

Infine, una strategia SEO vincente si basa sui dati: analizzare il mercato, studiare le mosse giuste ed evitare tattiche rischiose che oggi funzionano e domani fanno sparire il tuo sito chissà dove.

Perciò, rompi gli indugi, se vuoi iniziare a lavorare per bene e migliorare la tua visibilità online, contattami, sarò felice di aiutarti.


Google estende la sua policy sugli abusi di reputazione in Europa: Domande & Risposte

Cosa significa l’estensione della policy di Google sull’abuso di reputazione in Europa?

Google ha deciso di estendere le penalizzazioni per abuso di reputazione ai siti europei, in particolare in Italia, Germania e Francia. L’obiettivo è eliminare contenuti di terze parti di bassa qualità che sfruttano la credibilità di domini consolidati per migliorare il proprio posizionamento nelle SERP.

Quali siti sono stati colpiti dalle penalizzazioni di Google?

Numerosi siti di rilievo, tra cui Corriere della Sera, La Repubblica e Gazzetta dello Sport, sono stati penalizzati per aver ospitato sezioni di codici sconto e contenuti affiliati. Tuttavia, alcuni siti come ANSA sembrano essere stati risparmiati, sollevando dubbi sulla coerenza delle penalizzazioni di Google.

Come possono i webmaster proteggersi dalle penalizzazioni di Google?

I webmaster dovrebbero eliminare le pratiche di Parasite SEO e concentrarsi su contenuti autentici e strategie SEO sostenibili. È fondamentale evitare l’hosting di contenuti di terze parti di bassa qualità e focalizzarsi su un’esperienza utente solida e trasparente.

Roberto Serra

Mi chiamo Roberto Serra e sono un digital marketer con una forte passione per la SEO: Mi occupo di posizionamento sui motori di ricerca, strategia digitale e creazione di contenuti.

4 commenti su “Abusi di reputazione: Google estende la sua policy in Europa (Italia compresa!)”

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