ChatGPT nel mirino per violazione di copyright; mentre AI Overviews starebbe erodendo traffico e ricavi per gli editori
📌 TAKE AWAYS
- Il caso OpenAI in Canada potrebbe ridefinire l’uso dei contenuti protetti da copyright, influenzando il futuro del web a livello globale.
- Le AI Overviews riducono il traffico verso i siti degli editori, ma offrono nuove possibilità per chi sa adattare la propria strategia.
- Tecniche come il data poisoning e le digital PR si rivelano essenziali per garantire visibilità su piattaforme IA e motori LLM.
Il Canada sfida OpenAI e Google su copyright e pubblicità minacciando cause legali miliardarie. Intanto AI Overviews ridurrebbe il traffico e i ricavi degli editori, mentre SearchGPT sarebbe vittima di "allucinazioni". Il futuro per chi opera sul web pare a rischio, ma anche ricco di opportunità, grazie agli LLM.
Pensavi che il Canada fosse solo una terra di ghiaccio, hockey e sciroppo d’acero? Forse sì, ma oggi è diventato il campo di battaglia per ridefinire l’economia delle notizie nell’era dell’intelligenza artificiale. OpenAI, la società di ChatGPT, si trova al centro di una delle più grandi cause legali intentate da un gruppo di editori uniti.
E non è solo una questione di copyright: c’è in ballo il futuro stesso del modo in cui i contenuti vengono creati, distribuiti e monetizzati online.
Come sai, il mio lavoro si concentra sulla visibilità online non solo sui motori di ricerca tradizionali, ma anche sulle nuove piattaforme basate sui modelli di linguaggio (LLM) e sui motori di ricerca IA, per cui quanto sta succedendo, fidati, è davvero rilevante per il tuo business.
Ti invito a riflettere: cosa accadrebbe alla tua attività se il modello economico del web fosse completamente rivoluzionato? Si parla di traffico, visibilità e, soprattutto, dei ricavi che garantiscono la sopravvivenza della tua attività online.
Gli editori canadesi VS ChatGPT (è solo la prima tessera del domino?)
Una coalizione di editori canadesi, tra cui The Globe and Mail, il Toronto Star, il Canadian Press, Postmedia e la CBC/Radio-Canada, ha depositato una causa legale presso l’Alta Corte dell’Ontario contro OpenAI.
L’accusa? Violazione massiccia del copyright. Secondo gli editori, OpenAI avrebbe utilizzato centinaia di migliaia di articoli protetti da copyright per addestrare ChatGPT, senza consenso né compensazione.
La cifra richiesta dagli editori è precisa: 20.000 dollari canadesi (circa 14.700 dollari statunitensi) per ogni articolo utilizzato. Con una stima di circa 500.000 articoli coinvolti – tieniti forte – il totale supera i 10 miliardi di dollari canadesi! Ma mica si fermano qui, gli editori vogliono una percentuale dei profitti di OpenAI, un’azienda recentemente valutata 157 miliardi di dollari.
Ma non pensare che questo caso riguardi solo il Canada. Nient’affatto, si tratta di una battaglia globale per stabilire come l’IA possa utilizzare i contenuti protetti da copyright, come scrive Ricky Sutton, (anche se forse troppo polemicamente!) giornalista specialista di Big Tech e politica.
E sai cosa succederebbe se i publisher vincessero?
Si creerebbe un precedente legale che influenzerebbe ogni attività online, non esagero!
Immagina che ogni utilizzo di contenuti sul web debba essere autorizzato e pagato. Per chi gestisce un sito web o lavora nel marketing digitale, questo potrebbe significare maggiori costi e regole davvero rigide!
La risposta di OpenAI: vecchie argomentazioni sotto attacco
OpenAI ha cercato di difendersi sostenendo che i suoi modelli vengono addestrati su dati pubblicamente disponibili, nel rispetto del fair use e dei principi internazionali sul copyright. Una linea di difesa che, però, presenta evidenti punti deboli, specialmente nel contesto legale canadese.
Eh sì, perché il fair use (il permesso di usare materiale protetto da copyright senza autorizzazione, ad esempio per scopi didattici o informativi) non è riconosciuto nel sistema legale del Canada.
E poi, molti degli articoli utilizzati erano protetti da paywall o da licenze esplicite, pensati proprio per escludere qualsiasi utilizzo non autorizzato.
Come se non bastasse, gli avvocati degli editori sottolineano che OpenAI avrebbe ignorato protocolli come il robots.txt, (puoi leggerlo qui tu stesso) un meccanismo creato apposta per impedire lo scraping automatico di contenuti online.
In poche parole, la difesa di OpenAI rischia di sgretolarsi di fronte alla realtà dei fatti.
A questo punto, la domanda è inevitabile: quanto costerà a OpenAI questa battaglia legale, non solo in termini economici, ma anche di reputazione?
Search GPT: problemi di attribuzione e impatti sui media
Come se non bastassero le battaglie legali, OpenAI è sotto accusa anche per il caos di SearchGPT nella gestione delle fonti.
Devi sapere che uno studio del Tow Center for Digital Journalism della Columbia University ha rivelato un quadro preoccupante: su 200 query analizzate, ben 153 contenevano errori di attribuzione.
In altre parole, il sistema spesso preferisce citare versioni copiate di articoli invece delle fonti originali.
E quando non sa che pesci prendere? Utilizza frasi ambigue e un po’ furbette come “possibilmente” per coprire le sue lacune.
Per i piccoli editori, questo è un problema devastante. Pensa alle conseguenze: le loro fonti rischiano di essere ignorate o sostituite da cloni di qualità inferiore, erodendo traffico, credibilità e ricavi.
E non si tratta solo di visibilità: il problema mina la fiducia degli utenti nelle informazioni e, in ultima analisi, nel sistema stesso. Come può un editore sopravvivere se il suo lavoro viene citato male, o peggio, ignorato del tutto?
OpenAI: un colosso in crisi o un business pericoloso?
Se pensi che OpenAI sia una società solida e fiorente, devo darti una delusione.
Nonostante una valutazione stellare di 157 miliardi di dollari (lo ha comunicato l’azienda stessa qui) e una raccolta fondi record da 6,6 miliardi, l’azienda di Sam Altman sta bruciando denaro a ritmi inquietanti: nel 2024 si prevedono perdite tra i 4 e i 5 miliardi di dollari. Per capirci, OpenAI spende 2,35 dollari per ogni dollaro guadagnato, e con un modello del genere nemmeno il supporto di Microsoft potrà salvarla.
Un ulteriore aspetto inquietante è che partner strategici come Apple si stiano tirando indietro dopo aver avuto accesso ai dati interni, (lo rivela qui il Wall Street Journal). Cosa hanno visto dietro il sipario? Un business che si regge su previsioni di crescita difficilmente credibili, ecco cosa!
Il vero problema? OpenAI sta cercando di convincere investitori e pubblico che generare miliardi di dollari di entrate sia a portata di mano. Ma, come scrive Edward Zitron, giornalista esperto di media ed economia, la realtà è che guadagna meno di 1 miliardo l’anno dal suo business di API e servizi cloud, mentre oltre il 70% del suo fatturato deriva dagli abbonamenti a ChatGPT Plus. Insomma, il prodotto di punta non è che un’illusione per gli utenti e un bagno di sangue per l’azienda.
OK, finora ti ho raccontato di OpenAI e delle difficoltà di SearchGPT, ma ora vediamo un po’ come se la passa Big G. Perché, non temere, il governo canadese ne ha anche per il gigante di Mountain View.
Il governo canadese entra in scena: l’attacco a Google
Mentre gli editori sfidano OpenAI, il governo canadese sta affrontando Google.
Dopo un’indagine durata tre anni, il Canadian Competition Bureau ha ordinato a Google di vendere le sue piattaforme pubblicitarie DoubleClick for Publishers (DFP) e Ad Exchange (AdX).
L’accusa è chiara: Big G avrebbe obbligato gli editori a utilizzare i suoi strumenti pubblicitari ben 200 miliardi di volte al mese, strozzando la concorrenza e affossando i ricavi degli editori.
E le conseguenze, se Google non rispetterà l’ordine, sono altrettanto imponenti: una multa del 3% del fatturato globale, pari a circa 9,2 miliardi di dollari. Ma non è tutto. Google deve anche affrontare una class action da 8 miliardi di dollari, intentata da 1.200 editori canadesi decisi a ottenere giustizia per anni di presunte pratiche scorrette, come riporta CBS News.
E, invece, sul versante AI Overviews, come stanno procedendo le cose?
AI Overviews di Google: problemi di traffico e credibilità
Da quando Google ha lanciato le sue AI Overviews prima negli USA e poi nel Regno Unito, gli editori stanno cercando di capire come questa funzione influenzi il traffico dei loro siti.
I primi dati non lasciano spazio a dubbi: secondo un rappresentante di un’associazione di settore, i publisher hanno registrato una diminuzione del traffico dal 5% al 10% per le ricerche organiche (lo riporta The Media Leader). Questa percentuale potrebbe aumentare man mano che gli AI Overviews diventeranno più diffusi, soprattutto per quelle parole chiave che rappresentano da sempre una fonte affidabile di traffico per gli editori.
Google, dal canto suo, afferma che gli AI Overviews aumentano i click verso i contenuti rispetto ai risultati di ricerca tradizionali. Ma i dati degli editori raccontano una storia diversa: i click-through rate sembrano diminuire, e le affermazioni di Google sono state definite da alcuni editori come un “mito”.
La realtà, come ti ho raccontato qui, è che Google sta trasformando il suo motore di ricerca in un sistema di risposta che trattiene gli utenti nella sua piattaforma invece di indirizzarli verso i siti degli editori.
Un colpo ai contenuti evergreen e alle strategie editoriali
Gli AI Overviews sembrano colpire duramente i contenuti evergreen, come guide pratiche e articoli di consigli, che da anni generano traffico affidabile per molti editori.
Per alcuni editori, le perdite sono state drammatiche: Adam Vowles, direttore SEO e sviluppo audience di Immediate Media, ha riportato un calo del 50% del traffico durante i test delle AI Overviews nel suo settore.
Anche grandi nomi come The Sun hanno subito gli effetti negativi dei cambiamenti nell’algoritmo di Google. L’ultimo rapporto sugli utili di News UK ha rivelato che gli utenti unici mensili globali di The Sun sono crollati del 40% in un anno, passando da 134 milioni a 80 milioni a settembre.
A questo si aggiunge una diminuzione delle entrate pubblicitarie digitali, attribuita proprio alla riduzione del traffico causata dai cambiamenti dell’algoritmo, come riporta nel dettaglio Jack Benjamin su The Media Leader.
Non solo il traffico: gli AI Overviews hanno dimostrato di avere seri problemi di accuratezza, come riassume bene Iain Martin su Forbes. Un esempio lampante è stato il caso di “John Backflip”, un personaggio inventato in un video satirico di TikTok, citato da Google AI come l’inventore del salto mortale nel 1316. Nonostante la totale assurdità della fonte, Google ha presentato questa informazione come un fatto storico, scatenando un’ondata di critiche e ironie online (e qua l’effetto déjà vu è immediato…).
Il dilemma degli editori: resistere o adattarsi?
Per molti editori, la presenza di AI Overviews è un ostacolo significativo.
Come spiega Owen Meredith, CEO della News Media Association, voce delle organizzazioni giornalistiche del Regno Unito, queste funzionalità “rischiano di scoraggiare gli utenti dal cliccare sui link originali”, colpendo direttamente i modelli di business basati sulla pubblicità e sull’audience.
Tuttavia, c’è chi vede il bicchiere mezzo pieno: alcune aziende come Reach stanno cercando di sfruttare altre opportunità offerte da Google, come il feed di raccomandazione Google Discover, che ha compensato le perdite di traffico tradizionale per diventare la principale fonte di referral per il gruppo.
Google afferma che questa funzione è ancora sperimentale e include avvisi per informare gli utenti dei suoi limiti. Ma per gli editori – e io non riesco a dar loro torto – il costo di questa “sperimentazione” si traduce in perdite concrete di traffico e ricavi.
Il futuro del rapporto tra editori e IA
Il 2024 è stato l’anno degli accordi tra editori, LLM e i colossi dell’IA. Almeno 26 editori internazionali, tra cui il Financial Times, Conde Nast, il Texas Tribune e Der Spiegel, per esempio, (lo puoi verificare qui) hanno siglato accordi di licenza con OpenAI, Microsoft e Perplexity.
Ti riassumo la faccenda nel modo più chiaro possibile:
per le società di IA, gli accordi sono indispensabili: ottengono dati preziosi per migliorare i modelli, riducendo il rischio di ulteriori cause legali.
Per gli editori, questi accordi rappresentano una fonte di guadagno immediato e la possibilità di avere maggiore controllo su come i loro contenuti vengono utilizzati.
Ma sai qual è il problema? Che i dettagli di queste intese non sono pubblici ed è impossibile valutare se i termini siano davvero equi (lo spiega bene Felix Simon su Reuters Institute).
Altra questione che ti segnalo: come si stabilisce il valore dei contenuti?
Non è solo una questione di uso attuale: i dati utilizzati per addestrare un modello non migliorano solo la sua capacità di generare risposte accurate, ma incrementano le sue prestazioni in molte altre aree.
E soprattutto: qual è il prezzo giusto che dovrebbero chiedere i publisher? Senza parametri chiari, piccoli editori e startup di IA rischiano di essere schiacciati, incapaci di negoziare condizioni favorevoli o di competere con i grandi gruppi.
Il rischio? Consolidare un sistema in cui i grandi attori, siano essi editori o aziende di IA, dominano il mercato, lasciando poco spazio ai nuovi entranti e alle voci indipendenti.
E tu, che gestisci un business online, che ruolo puoi giocare in questa commedia?
Le IA nel marketing possono essere tanto una minaccia quanto una risorsa.
La chiave sta nel capire come adattare la tua strategia per massimizzare la visibilità su AI Overviews e sugli altri motori di ricerca IA, e capitalizzare al massimo sulle nuove opportunità.
È qui che il lavoro di un consulente SEO può aiutarti: creare strategie che tengano conto di questo nuovo equilibrio, utilizzando il data poisoning e le digital PR per rendere visibile il tuo business anche nei LLM.
Il Canada contro OpenAI e Google: Domande & Risposte
Qual è l’accusa principale contro OpenAI da parte degli editori canadesi?
Gli editori canadesi accusano OpenAI di violazione massiccia del copyright per aver utilizzato articoli protetti senza consenso per addestrare ChatGPT.
Come gli AI Overviews di Google stanno influenzando il traffico degli editori?
Gli AI Overviews stanno riducendo il traffico degli editori dal 5% al 10% per le ricerche organiche, trattenendo gli utenti sulla piattaforma di Google invece di indirizzarli verso i siti degli editori.
Quali sono i vantaggi e i rischi degli accordi tra editori e aziende di IA?
Gli accordi forniscono dati preziosi per le aziende di IA e guadagni immediati per gli editori, ma i termini poco trasparenti rischiano di consolidare il dominio dei grandi attori a scapito dei piccoli editori e delle startup.