Il 10 settembre 2024 la Corte di Giustizia Europea ha confermato la multa di 2,4 miliardi di euro a Google per abuso di posizione dominante nel mercato pubblicitario. Questa decisione potrebbe causare incertezze per le aziende che si affidano alla pubblicità online, aumentando i costi o aprendo il mercato a nuove opportunità.
Cosa cambierà per le aziende che utilizzano i servizi pubblicitari di Google?
Il 10 settembre 2024 la Corte Europea ha respinto l’appello presentato da Google e dalla sua controllante Alphabet, confermando la multa di 2,4 miliardi di euro imposta dalla Commissione Europea a Google per abuso di posizione dominante nel settore dei servizi di comparazione dei prodotti.
Come ti avevo annunciato (non ci voleva Nostradamus, per prevederlo!), la condanna per monopolio subita da Big negli USA ha scatenato un effetto domino in tutto il mondo. Ma Google non è il solo colosso digitale finito sotto la lente d’ingrandimento del tribunale del Lussemburgo: anche Apple è stata condannata a pagare ben 13 miliardi di euro di tasse arretrate all’Irlanda.
Sono cifre mostruose, mi rendo conto, pensa che io non dormo per una contravvenzione per divieto di sosta… Come faranno questi colossi Big Tech? Per me, per addormentarsi, invece delle pecore, contano le condanne dell’Antitrust!
OK, a questo punto ti chiederai, ma questa condanna dell’Europa, quale implicazioni avrà sul mio sito web? Se la tua attività dipende dal traffico che arriva dai motori di ricerca e dagli annunci pubblicitari, è naturale che tu voglia capire le possibili ripercussioni sul tuo business.
In quest’articolo, approfondirò proprio questi aspetti, tentando di spiegarti come questo terremoto globale influirà sulla tua azienda.
Ma prima di iniziare, entriamo nel dettaglio della vicenda processuale…
La Corte Europea respinge il ricorso di Big G
La vicenda risale al 2017, quando la Commissione Europea impose la maxi-multa a Google per aver favorito il proprio servizio di comparazione dei prezzi, penalizzando la concorrenza.
Di cosa stiamo parlando esattamente?
Google, attraverso il suo servizio Google Shopping, posizionava i propri prodotti in modo prioritario nelle ricerche, relegando i concorrenti a risultati meno visibili e meno attraenti. In pratica, quando cercavi “smartphone economici” o “miglior frigorifero del 2023”, Google ti mostrava prima i suoi inserzionisti, limitando le opzioni degli utenti e, soprattutto, tagliando fuori i rivali.
Per questo, la Corte ha confermato la sanzione da 2,4 miliardi e respinto l’appello di Big G, come si può leggere sul sito della Commissione Europea.
Ma la cifra non è certo una novità per il colosso di Mountain View, che ha già collezionato multe per un totale di 8,2 miliardi di euro da parte dell’Unione Europea negli ultimi anni.
E se questa ti sembra particolarmente alta, pensa che nel 2018 ne ricevette una da 4,3 miliardi di euro per pratiche scorrette legate al suo sistema operativo Android.
Ma non finisce qui. Sempre sul banco degli imputati della Corte di Giustizia Europea troviamo anche Apple, costretta a pagare 13 miliardi di euro di tasse arretrate all’Irlanda. Dunque, tra multe e sentenze, l’Europa sembra decisa a non lasciare più spazio agli abusi dei giganti tecnologici.
Ma ora facciamo un passo indietro, secondo i giudici infatti la posizione dominante di Big G nella pubblicità parte da lontano, dal lontano 2007…
L’acquisizione di DoubleClick: l’evento da cui tutto ebbe inizio (secondo i giudici USA)
Secondo i giudici statunitensi che hanno condannato Google il 5 agosto 2024, il cuore del problema risale all’acquisizione di DoubleClick, operazione fondamentale che, a parer loro, permise a Google di diventare la forza dominante nel mercato della pubblicità digitale.
Google acquisì DoubleClick nel marzo del 2007 per la cifra di 3,1 miliardi di dollari. All’epoca, DoubleClick era un’azienda relativamente sconosciuta che sviluppava software per la gestione e la vendita di spazi pubblicitari sul web.
Questo acquisto, stando alla sentenza USA, diede al colosso di Mountain View il controllo di una piattaforma avanzata per la gestione e il posizionamento di annunci pubblicitari online, consolidando la sua posizione dominante nel mercato della pubblicità digitale. Google, infatti, così riuscì a estendere il suo dominio su tutta la filiera: dalla vendita degli spazi pubblicitari per gli editori fino alla gestione delle campagne per gli inserzionisti.
Il vantaggio principale derivato dall’acquisizione, secondo i magistrati americani, fu la capacità di integrare i dati raccolti attraverso i servizi Google con la tecnologia pubblicitaria di DoubleClick, migliorando l’efficacia degli annunci mirati e rendendo il sistema pubblicitario di Google ancora più potente e onnipresente.
Come ben sai, oggi, il controllo di Google si è così esteso su ogni aspetto della pubblicità online, che gestisce non solo la domanda e l’offerta, ma anche le transazioni che le collegano.
Questo “triangolo perfetto”, come viene definito, ha reso la società di Mountain View il perno attorno al quale ruota gran parte del mercato pubblicitario digitale. Ed è proprio questo controllo capillare che attualmente è al centro dei pensieri dell’Antitrust, soprattutto negli Stati Uniti e in Europa, dove si ritiene che Google abbia soffocato la concorrenza, peggiorando l’esperienza degli utenti e creando un vero e proprio monopolio.
Si stima, infatti, come riporta Wired, che il controllo di Google sulla pubblicità digitale le abbia permesso di trattenere fino a un terzo dei ricavi generati da ogni dollaro speso in pubblicità online. Ma l’aspetto più preoccupante è che questo dominio ha costretto molti editori a inserire più annunci sui loro siti o a mettere i contenuti dietro costosi paywall, peggiorando così l’esperienza utente.
Ma cosa significa tutto questo per chi, come te, si affida alla pubblicità online per il proprio business?
Cosa cambierà per gli inserzionisti?
La domanda che probabilmente ti starai facendo ora è: cosa succederà alla mia attività? Dovrai pagare di più per la pubblicità su Google? Google potrebbe cercare di rifarsi delle multe aumentando i costi per gli inserzionisti?
Ehi, piano con le domande! Andiamo con ordine:
a oggi, non è possibile affermare con sicurezza se ci sarà o meno un aumento dei costi per gli inserzionisti. Spesso ci prendo, vedo abbastanza lontano, ma non esageriamo…
Comunque, se è vero che la pressione legale potrebbe spingere Google a offrire soluzioni di facciata più trasparenti e competitive, aprendo apparentemente il mercato a nuovi attori e, quindi, potenzialmente abbassando i costi nel breve termine (come scrive Dina Srinivasan sullo Stanford Technology Law Review).
È altrettanto vero che – ed ecco il rovescio della medaglia – se Google dovesse perdere una parte significativa del controllo che esercita attraverso la sua piattaforma pubblicitaria, potremmo assistere a un periodo di caos nel mercato. Le aziende potrebbero dover ripensare alle loro strategie, esplorando alternative meno consolidate e, in alcuni casi, meno efficienti.
Ma non solo: Google, come nel caso degli editori australiani, potrebbe rivalersi proprio sugli utenti che utilizzano i suoi servizi.
In questo scenario così turbolento, Sundar Pichai, amministratore delegato di Google, ha optato per una decisione a sorpresa. Riallacciare i rapporti (perché, si erano forse allentati?) con Sergey Brin, ex fondatore di Big G! Vediamo meglio cosa è successo…
Sergey Brin, co-fondatore di Google, torna “in soccorso” della casa madre
Della serie “a volte ritornano”, Sergey Brin, cofondatore di Google insieme a Larry Page nel 1998, è ufficialmente tornato alla ribalta in un momento così delicato per l’azienda.
Brin si era ritirato a vita privata nel 2015, quando Google diventò Alphabet, ma non pensare che se ne andò in Tibet a fare l’eremita tra le nevi (con il suo patrimonio di 107,8 miliardi di dollari rimane pur sempre uno degli uomini più ricchi del mondo!).
Il co-fondatore infatti, grazie al controllo di oltre il 50% delle azioni, mantenne una considerevole influenza sulle scelte strategiche della società (che, a dispetto di quanto si pensa, dura tutt’oggi).
A febbraio, Sundar Pichai, CEO di Alphabet, come anticipò il New York Times, chiese l’intervento dei due fondatori, e Brin, a detta sua, non riuscì resistere al richiamo dei progetti di intelligenza artificiale, tornando a lavorare “praticamente ogni giorno” come ai vecchi tempi.
Ma è solo oggi, 10 settembre 2024, che Brin ha formalizzato il suo ritorno in pianta stabile alla casa madre.
Insomma, in un momento così travagliato per Big G, tra cause giudiziarie, concorrenza di OpenAI, e polemiche sull’AI Overviews, lo storico fondatore è arrivato in sella al suo cavallo bianco, invocato da Pichai in persona.
Il fondatore di Google, nel corso di un’intervista all’All-In Summit di Los Angeles, conferenza annuale organizzata dal popolare podcast All-In, creato da un gruppo di investitori della Silicon Valley, ha dichiarato che vede nell’IA un campo di enorme valore per l’umanità, ma non privo di rischi.
Insomma, le preoccupazioni avanzate da alcuni ex dipendenti di Google nell’appello sull’intelligenza artificiale, non erano così campate in aria…
Inoltre ha sottolineato come la gestione dei dati debba essere accurata per evitare errori che potrebbero avere conseguenze negative. Non a caso, Sundar Pichai ha definito “inaccettabili” gli errori commessi nel progetto Gemini (ormai pronto a sostituire Google Assistant), un chiaro segnale che la pressione su Google è alta.
Vedremo però se Brin vorrà influenzare un po’ troppo le decisioni di Big G e come andrà la convivenza con Sundar Pichai…
Google rischia grosso? Mi tocca scomodare il Gattopardo…
Insomma, questo è un momento essenziale per il futuro della pubblicità online.
La condanna di Google da parte della Corte di Giustizia dell’Unione Europea e il processo per monopolio sulla pubblicità in corso negli Stati Uniti potrebbero aprire una nuova era, in cui la pubblicità online sarà più diversificata e meno monopolizzata.
Anche se trovo difficile che Big G molli la presa sulla pubblicità, asset che le garantisce ricavi per centinaia di miliardi di dollari (237,86 miliardi solo nel 2023!).
Sinceramente, credo che il pensiero fisso a Mountain View, più che le grane giudiziarie, sia l’alleanza di Apple e Nvidia con OpenAI per potenziare ChatGPT.
In ogni caso ti terrò aggiornato sui rischi di smembramento di Google, paventati dalla giustizia USA, che mette a rischio Android e Chrome e sulle altre beghe con l’Antitrust.
Ora, non voglio sembrarti “più realista del re”, però faccio mia la massima de Il Gattopardo:
“Tutto cambi, affinché niente cambi“…
Scusa la schiettezza, ma temo che dopo tanto rumore, lo scenario più probabile sia il mantenimento dello status quo.
Sì, perché è difficile che un sistema crolli se non c’è nessuno pronto a subentrare per colmare il vuoto di potere.
Ecco, anche per oggi la crisi di Google è rinviata! E non certo grazie al ritorno sul cavallo bianco di Sergey Brin!
Takeaways
- La Corte di Giustizia Europea ha respinto l’appello di Google, confermando la multa di 2,4 miliardi di euro imposta nel 2017 per aver favorito il proprio servizio Google Shopping, penalizzando i concorrenti nei risultati di ricerca.
- La condanna di Google in Europa segue un effetto domino innescato da precedenti sentenze negli Stati Uniti. Oltre a Google, anche Apple è stata multata per 13 miliardi di euro per tasse arretrate all’Irlanda, evidenziando un trend di crescente attenzione regolatoria verso i giganti tecnologici.
- Secondo i giudici americani, l’acquisizione di DoubleClick nel 2007 per 3,1 miliardi di dollari ha consolidato il dominio di Google nel settore della pubblicità digitale, permettendo al colosso di Mountain View di gestire la filiera pubblicitaria, dalla domanda all’offerta, aumentando la sua capacità di targettizzare gli utenti in maniera capillare.
- La condanna potrebbe portare a cambiamenti nel mercato pubblicitario online. Nonostante Google possa cercare di offrire soluzioni più competitive, c’è il rischio che le sanzioni e le pressioni legali possano tradursi in un aumento dei costi per gli inserzionisti o in instabilità nel mercato pubblicitario.
- In questo contesto, Sergey Brin è tornato a lavorare su progetti legati all’AI in Google, contribuendo allo sviluppo di tecnologie come Gemini. La sua influenza, insieme a quella di Larry Page, rimane forte, grazie al controllo della maggioranza delle azioni di Alphabet, e potrebbe giocare un ruolo cruciale nel futuro strategico dell’azienda.
FAQ
Cosa ha deciso la Corte di Giustizia Europea nel caso Google?
La Corte di Giustizia Europea ha confermato la multa di 2,4 miliardi di euro imposta a Google per abuso di posizione dominante nel settore dei servizi di comparazione dei prodotti. Google ha favorito il proprio servizio Google Shopping, relegando i concorrenti a posizioni meno visibili.
Qual è stato il ruolo dell’acquisizione di DoubleClick nel caso Google?
L’acquisizione di DoubleClick nel 2007, per 3,1 miliardi di dollari, ha permesso a Google di diventare una forza dominante nel mercato della pubblicità digitale, consolidando il suo controllo sulla filiera pubblicitaria e integrando i dati degli utenti con la tecnologia pubblicitaria.
Cosa cambierà per le aziende che utilizzano i servizi pubblicitari di Google?
Le aziende potrebbero dover affrontare un periodo di incertezza. Se Google dovesse perdere il controllo sulla sua piattaforma pubblicitaria, potrebbe verificarsi un aumento dei costi per gli inserzionisti, o ci sarà maggiore concorrenza nel mercato della pubblicità online.