Google elimina le news da Search in Europa: semplice test o minaccia agli editori?

Big G sperimenta la rimozione delle news per l’1% degli utenti europei per ricordare agli editori quanto dipendano dal traffico generato dalla piattaforma

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📌 TAKE AWAYS

  • Google sta testando la rimozione delle news per l’1% degli utenti europei, con l’obiettivo di valutare l’impatto sulla visibilità degli editori e sul traffico generato dalla piattaforma. Questo esperimento, pur limitato, lascia intendere quanto Big G sia consapevole della dipendenza dei media dal traffico che fornisce loro.
  • La Direttiva sul Copyright del 2019 richiede alle piattaforme digitali di remunerare gli editori per i contenuti pubblicati online. Google ha cercato di adeguarsi attraverso il programma Extended News Previews, firmando accordi di compensazione con oltre 4.000 testate in 20 Paesi, ma le tensioni con alcuni governi, come quello francese, persistono, con multe significative in caso di inadempienza.
  • Le AI Overviews di Google, che aggregano contenuti da varie fonti senza sempre remunerare adeguatamente gli editori, sollevano nuovi dubbi sui diritti d’autore. Se ben sfruttate, però, queste tecnologie possono diventare una risorsa strategica per le aziende, aumentando la visibilità dei contenuti e, con una gestione consapevole, anche i ricavi per gli editori.
Google ha avviato un test in Europa, rimuovendo le news degli editori UE per l’1% degli utenti, un esperimento che potrebbe rivelare quanto gli editori dipendano dal traffico della piattaforma e accentuare le tensioni sui diritti d'autore.
A Mountain View parlano di semplice esperimento, peccato che questa scelta suoni più come una minaccia ai publisher sempre più critici...

Come la prenderesti se, all’improvviso, il traffico di visitatori al tuo sito calasse drasticamente, e il motivo fosse Google? È quello che stanno per scoprire molti editori in Europa, dato che il colosso di Mountain View ha avviato un test che prevede la rimozione dei contenuti di notizie dell’UE dai suoi risultati di ricerca, Google News e Discover.

Una mossa che a molti appare come una “gentile” dimostrazione di forza, un promemoria per far riflettere gli editori su quanto dipendono da Big G per il traffico e, quindi, per i ricavi.

La “cortese” risposta di Big G alle richieste di trasparenza degli editori europei

La tensione tra Google e gli editori non è una novità, ma il nuovo test rappresenta una svolta interessante e una sfida diretta alle leggi europee sulla proprietà intellettuale e sui diritti connessi, come il DMA (Digital Market Act), e la Direttiva sul Copyright del 2019, recepita in Italia l’8 novembre 2021.

La normativa impone alle piattaforme digitali di compensare gli editori per i contenuti di news pubblicati online (pur esentando gli estratti o snippet). Google ha così creato il programma Extended News Previews (come puoi leggere qui) per rispettare l’art. 15 della direttiva, firmando oltre 4.000 accordi in 20 Paesi europei per riconoscere un compenso agli editori. Tuttavia, non tutto è filato liscio: in Francia, per esempio, Big G ha ricevuto una multa di 250 milioni di euro per non aver rispettato le regole.

Per non parlare della condanna dell’Europa a 2,4 miliardi di dollari

Di recente, diversi editori europei hanno richiesto a Google ulteriori dati per valutare l’impatto del traffico generato dai risultati di ricerca. Per rispondere a queste richieste, Google ha lanciato un esperimento che riguarda l’1% degli utenti europei.

Durante il test, le notizie degli editori dell’UE non saranno visibili su Google News, Search e Discover per il piccolo gruppo di utenti coinvolti, mentre i contenuti di siti non europei continueranno a essere mostrati normalmente. Google afferma che l’esperimento permetterà di quantificare la percentuale di visite perse dagli editori senza il motore di ricerca, pur mantenendo inalterati i compensi concordati.

Praticamente i publisher chiedono trasparenza e chiarezza e Big G gliela darà, ma a caro prezzo…

Perdonami la metafora ardita: è come se uno stato chiedesse a una multinazionale del tabacco: “Informaci subito sugli effetti del fumo passivo!”. E in tutta risposta la società dicesse: “OK, dateci l’1% dei vostri cittadini, che li usiamo come cavie qualche mesetto nei nostri laboratori, così vi daremo i vostri bei dati…”.

Ma cosa prevede esattamente il test sugli europei (italiani compresi)?

Google ha confermato il 13 novembre che sta svolgendo un esperimento “limitato nel tempo”, durante il quale bloccherà l’accesso alle notizie provenienti da editori dell’UE per circa l’1% degli utenti in Belgio, Croazia, Danimarca, Francia, Grecia, Italia, Paesi Bassi, Polonia e Spagna.

Questo significa che i contenuti degli editori con sede nell’Unione Europea non appariranno in Google Search, Google News e Discover per una piccola fetta di utenti in questi Paesi. Tuttavia, i contenuti di editori esterni all’UE continueranno a essere visibili senza limitazioni.

La mossa non è stata del tutto apprezzata dai francesi: il Syndicat des éditeurs de la presse magazine ha immediatamente reagito, rivolgendosi al tribunale commerciale di Parigi, che ha ordinato a Google di interrompere l’esperimento. Un vero e proprio braccio di ferro, culminato in una multa potenziale di 300.000 euro per ogni giorno in cui Google non rispetterà la decisione del tribunale. Che dire? Staremo a vedere…

Ma qual è la versione di Big G?

Il braccio di ferro tra Google e gli editori europei

Google ha chiarito in un post del suo blog che il test attualmente in corso risponde alle richieste degli editori e dei regolatori europei per avere maggiori informazioni sull’impatto reale del traffico generato da Google e a quantificare il valore delle visite provenienti da Google Search, Google News e Discover, per cui nessuna minaccia, per carità!

Questo esperimento, secondo Google, è in linea con l’Articolo 15 della Direttiva sul Copyright dell’UE, che richiede alle piattaforme digitali di remunerare gli editori per i contenuti visualizzati online.

Devi sapere che dal 2019, Google ha creato il programma Extended News Previews (ENP), che ha permesso di stipulare accordi di licenza con oltre 4.000 testate in 20 Paesi europei.

Attraverso questo programma, Google paga gli editori in base alla visibilità dei loro contenuti sul motore di ricerca e alle entrate pubblicitarie generate dalle pagine con anteprime di notizie.

Big G, comunque, ha assicurato che, nonostante il test, continuerà a rispettare gli obblighi di pagamento verso gli editori europei come previsto dalla normativa (e ci mancherebbe!).

Secondo dati di PwC, in mercati maturi come l’Europa, ogni click generato verso un sito di notizie vale tra 0,07 e 0,09 euro, una somma che può avere un impatto significativo su molte pubblicazioni.

Insomma, sono molto lontani i tempi in cui Google organizzava eventi per ascoltare le ragioni dei publisher scontenti

Un esperimento temporaneo o una velatissima minaccia? La versione di Big G

Google ha dichiarato che il test durerà solo per un periodo limitato e che una volta concluso, i contenuti delle notizie europee saranno nuovamente visibili come prima.

Ma il tempismo non è casuale: l’esperimento giunge in un momento critico per la regolamentazione europea e per la relazione sempre più tesa tra editori e piattaforme digitali. Negli ultimi anni, infatti, l’Unione Europea ha spinto affinché le piattaforme riconoscano compensi equi agli editori per i contenuti che distribuiscono. In Francia, ad esempio, Google è stata costretta a pagare una multa di 250 milioni di euro a marzo 2024 per non aver negoziato “in buona fede” con gli editori francesi.

Google ha sostenuto che il valore generato per gli editori è significativo, dichiarando che ogni mese, a livello globale, dai risultati di Google Search e Google News vengono indirizzati oltre 24 miliardi di click verso i siti degli editori (sì, anch’io ho avuto un leggero brivido!), generando traffico prezioso per le testate giornalistiche.

Google sul caso Europa e Google news fonte blog Google 13 novembre 2024

Peccato che secondo i publisher Google lascia loro le briciole…

Ma Big G non ci sta e ha precisato che non guadagna da Google News: non ci sono annunci pubblicitari né in Google News né nella sezione notizie di Google Search. Quasi tutti gli annunci visibili su Google sono associati a ricerche con intenti commerciali, come “scarpe da ginnastica”, “t-shirt” o “idraulico”, e non a ricerche di notizie.

Il test di Google, però è più di un semplice esperimento, non prendiamoci in giro.

Mostra agli editori quanto traffico e ricavi perderebbero se Big G decidesse di eliminare definitivamente i loro contenuti dalla propria piattaforma. Un avvertimento, quasi, di cosa potrebbe succedere se la relazione tra Google e gli editori si deteriorasse ulteriormente.

Google VS Publisher: i precedenti più famosi

Questo test non è il primo del genere. Già in passato, Google ha intrapreso azioni simili in altri Paesi: in Australia, ad esempio, l’azienda ha minacciato di bloccare il proprio motore di ricerca qualora fosse stata costretta a pagare per i contenuti delle testate locali, come previsto dalla News Media Bargaining Code.

Alla fine, però, ha raggiunto accordi economici con diversi editori australiani, evitando la rimozione dei contenuti. In Canada e in California, sono state avanzate proposte legislative simili e Google ha reagito paventando la possibilità di rimuovere i link ai contenuti locali.

Vediamo il caso francese…

Quando la Francia multò Google con 250 milioni di euro

La Francia è stata tra le prime nazioni a battersi per i diritti d’autore degli editori di fronte ai colossi digitali.

A marzo 2024, la determinazione francese ha portato a una multa di 250 milioni di euro per Google, accusata di non aver rispettato gli accordi presi con gli editori francesi.

Le radici di questa vicenda risalgono al 2019, anno in cui la Francia ha recepito la Direttiva UE sul Copyright, obbligando le piattaforme digitali a pagare per i contenuti delle news. Inizialmente, Google aveva avviato negoziati, firmando accordi con 280 editori per circa 450 pubblicazioni, ma le relazioni si sono incrinate nel tempo.

Secondo l’autorità francese per la concorrenza, Google non ha rispettato gli impegni presi nel 2022, inclusa la trasparenza nelle trattative e la tempestività nei pagamenti, tanto che gli editori francesi hanno accusato il colosso di Mountain View di addestrare il proprio chatbot Bard (l’antenato di Gemini) sui loro contenuti senza autorizzazione. Ti faccio notare che questa è una delle sanzioni più dure mai imposte in Europa per la tutela dei diritti d’autore!

Quando ho letto la notizia ti confesso che ho pensato alla multa della Francia come la testata di Zidane e a Google come Materazzi! Che dire, vedremo se ai cugini francesi, andrà male anche stavolta…

Ma la battaglia sui diritti non si ferma a Google. Diversi quotidiani francesi, tra cui Le Monde, Le Figaro e Le Parisien, hanno intrapreso un’azione legale contro X (il vecchio Twitter), accusandolo di non aver fornito i dati necessari per calcolare i compensi previsti dalla normativa. Il processo è previsto per il 15 maggio 2025 a Parigi, per cui, come si dice in questi casi, “stay tuned”…

Il caso Nuova Zelanda: il giorno che Google minacciò di bloccare le notizie

In Nuova Zelanda, Google ha alzato la posta: se il governo approverà una legge che obbliga le piattaforme a pagare gli editori per i contenuti giornalistici, potrebbe disabilitare completamente le notizie sui propri siti, come scrive il Post.

Il governo, guidato dal primo ministro Christopher Luxon, ha proposto una legge per proteggere i media locali, in crisi dopo aver perso circa 200 posti di lavoro nel settore dell’informazione solo nei primi mesi del 2024.

Il Ministro dei Media e delle Comunicazioni, Paul Goldsmith, ha confermato che il disegno di legge è ancora in fase di discussione, ma la reazione di Google, arrivata il 4 ottobre 2024, ha già sollevato allarme tra gli editori locali, preoccupati di un possibile “boicottaggio” delle notizie neozelandesi.

Caroline Rainsford, responsabile di Google per la Nuova Zelanda, è stata chiara: se la legge passerà, Google potrebbe rimuovere i contenuti giornalistici da Search, Google News e Discover, e ridurre gli investimenti nei media locali, come riporta Il Sole 24 Ore.

Secondo Rainsford, Google porta “milioni di dollari ogni anno” al settore grazie al traffico generato dalla piattaforma, e mettere in discussione questo equilibrio potrebbe compromettere la sopravvivenza stessa dei media locali.

Capisci a che livello è arrivato lo scontro Big G VS Publisher?

Ma non sempre stati o editori sono arrivati alla battaglia campale, a volte si è trovata una soluzione, come nel caso della California. Mi chiedo se questa potrà essere la strada più percorribile in futuro…

La soluzione alternativa della California: un accordo da 250 milioni di dollari e amici come prima

La California ha scelto una strada inaspettata: invece di obbligare Google a pagare direttamente per i contenuti giornalistici, ha annunciato un accordo da 250 milioni di dollari per sostenere il giornalismo locale e la ricerca sull’IA, come riporta il Los Angeles Times.

Di questa somma, solo un quarto sarà coperto dai contribuenti californiani, mentre Google e altri potenziali donatori copriranno il resto. Il progetto, gestito dall’Università di Berkeley, prevede la distribuzione di milioni di dollari alle testate locali e il finanziamento di programmi per sviluppare nuove applicazioni AI dedicate al mondo dell’informazione.

Secondo il governatore Gavin Newsom, l’accordo è una “svolta” che consente di supportare il giornalismo locale senza gravare eccessivamente sui cittadini, con la previsione di creare centinaia di nuovi posti di lavoro nel settore. Google si è impegnata a versare 15 milioni di dollari subito e altri 10 milioni ogni anno per i prossimi cinque anni.

L’accordo ha preso il posto del California Journalism Preservation Act, un disegno di legge che avrebbe obbligato Google a versare compensi per le notizie pubblicate, un progetto sostenuto dalla politica Buffy Wicks ma duramente osteggiato da Google e dai suoi alleati, come la Computer and Communications Industry Assn, organizzazione internazionale che si occupa di ricerca, informazione digitale e diritti dei cittadini, che ha investito 5 milioni di dollari in una campagna contro la legge.

Nonostante il compromesso, le critiche non sono mancate. Il sindacato dei giornalisti ha definito l’intesa “una sconfitta” per chi sperava di limitare l’influenza di Google sui media locali. Anche il senatore Steve Glazer ha espresso perplessità, lamentando l’esclusione di altri big tech come Meta e dubitando che il finanziamento, da solo, possa risolvere le difficoltà del settore dell’informazione.

Il precedente di Facebook: dal supporto alla stampa alla rimozione delle notizie

Sicuramente a Mountain View ricordano bene quando Meta, la società madre di Facebook, decise di rompere con il mondo dell’informazione. Era aprile 2024 quando FB iniziò a eliminare la sezione “Notizie” dai propri feed, negli Stati Uniti e in Australia.

L’azienda di Zuckerberg rispose così alle crescenti pressioni sugli equi compensi agli editori.

Introdotta nel 2019, Facebook News sembrava il segnale di un nuovo impegno da parte di Meta a favore del giornalismo: la piattaforma aveva firmato accordi multimilionari con giganti dell’informazione come il New York Times, la CNN e il Wall Street Journal, investendo circa 20 milioni di dollari per ciascun accordo.

All’epoca, Meta aveva dichiarato che questa sezione avrebbe contribuito a “sostenere il grande giornalismo” e a “rafforzare la democrazia”, per rispondere alle richieste di un’informazione affidabile su temi come business, salute e sport, come puoi verificare tu stesso.

Ma le cose cambiarono presto e Meta ridimensionò l’importanza delle notizie, affermando che rappresentano “meno del 3% di quello che le persone vedono su Facebook”.

E adesso? Beh, Facebook invita le testate a condividere autonomamente i propri link e a promuovere i contenuti attraverso Reels e annunci, segno di una virata verso i contenuti video e il mondo dei creator, lontano dall’informazione tradizionale.

Il futuro dell’autorevolezza online: sei pronto ad affrontare la sfida delle IA?

Eccoci arrivati alla conclusione di questo lungo viaggio tra libertà di informazione, battaglie legali tra Big G ed editori, soluzioni alternative e casi che hanno fatto la storia nel mondo del giornalismo e dell’industria digitale.

In tutto ciò, però, sai chi manca all’appello? Tu, imprenditore che lavori quotidianamente sul web! Ecco, se grandi editori e testate giornalistiche stanno avendo problemi a difendere il loro diritto d’autore, immagina cosa può succedere a te…

Per te che gestisci un sito, questo test di Google è un segnale da non ignorare.

Ti faccio un esempio pratico? Pensa alla linkbuilding, lo strumento che ti permette di guadagnare autorevolezza e consolidare la tua reputazione sul web. Passa anche da Google news, no?

Google, per ora, garantisce un flusso di visite e sostiene finanziariamente molti editori, ma la possibilità che questo cambi è concreta.

La stampa tradizionale è già in crisi da un pezzo (anche per responsabilità sue), la perdita di posti di lavoro nel settore giornalistico è all’ordine del giorno e i media ormai rincorrono i click con titoli sensazionalistici click-bait alimentando non di rado disinformazione.

Ma sicuramente, per sostenere il giornalismo, l’assistenzialismo pubblico non è la soluzione!

Intanto Google, a parer mio, non dovrebbe di certo minacciare gli editori, anche perché così manifesta solo debolezza, ma trovare gli accordi convenienti per tutte le parti in causa, come nel caso californiano.

Prima di salutarti però, parliamo dell’elefante nella stanza: AI Overviews!

Google, con queste panoramiche automatizzate, raccoglie informazioni dai creatori di contenuti senza compensarli, sollevando non pochi dubbi sui diritti d’autore. Se mal gestite, queste AI Overviews possono ridurre i click preziosi verso il tuo sito (come ti scrivevo qui), sfruttando il tuo lavoro senza garantirti adeguata visibilità sul web.

Ma, come sai, c’è una buona notizia: sto già lavorando per sfruttare al meglio queste nuove tecnologie e posizionare i tuoi contenuti nelle AI Overviews e su Search GPT, mantenendo alta la visibilità del tuo sito.

Fidati: con la giusta strategia, le AI Overviews possono trasformarsi in un’opportunità preziosa per il tuo business e aumentare i tuoi ricavi.


Google elimina le news da Search in Europa: Domande & Risposte

Cosa implica il test di Google per la rimozione delle news in Europa?

Google sta sperimentando la rimozione dei contenuti di notizie dell’UE dai risultati di ricerca per l’1% degli utenti europei. Questo test ha lo scopo di analizzare l’impatto del traffico generato da Google e quantificare quanto gli editori dipendano dalla piattaforma.

Come risponde Google alle richieste di trasparenza degli editori europei?

Google afferma che questo test risponde alle richieste degli editori e dei regolatori per maggiore trasparenza sull’impatto del traffico di Google. Inoltre, assicura che continuerà a pagare gli editori europei in linea con la normativa vigente, attraverso il programma Extended News Previews.

Quali precedenti ci sono nelle relazioni tra Google e gli editori?

In passato, Google ha minacciato di bloccare i contenuti giornalistici in Paesi come l’Australia e il Canada quando sono state proposte leggi simili. La California ha invece scelto un approccio alternativo, siglando un accordo da 250 milioni di dollari per sostenere il giornalismo locale e la ricerca sull’intelligenza artificiale.

Roberto Serra

Mi chiamo Roberto Serra e sono un digital marketer con una forte passione per la SEO: Mi occupo di posizionamento sui motori di ricerca, strategia digitale e creazione di contenuti.

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