Keith Enright, capo della privacy di Google, lascia l'azienda dopo 13 anni. Le sue infatti sono solo le ultime dimissioni di una lunga serie che non sembra finire qui.
L'azienda non lo sostituirà e questo alimenta le preoccupazioni di molti utenti.
A questo punto infatti ci si chiede se la protezione dei dati personali dei cittadini sia ancora una priorità per Big G...
Un altro massimo dirigente di Big G si dimette: la protezione dei dati degli utenti è ancora una priorità per la società?
Il 5 Giugno è caduta un’altra tessera del domino di Big G:
Keith Enright, capo della privacy di Google, ha annunciato le sue dimissioni in un post su LinkedIn.
Come vedi, l’epidemia della “dimissionite”, di cui ti ho parlato qualche mese fa, ha mietuto un’altra vittima eccellente.
Appena ho saputo della notizia, mi son subito chiesto chi l’avrebbe rimpiazzato ma la mia curiosità è stata subito smorzata, infatti Enright non verrà sostituito!
Ma come mai questa scelta così inattesa?
La portavoce di Google, Jenn Crider, ha spiegato a Forbes che l’azienda sta ristrutturando i suoi team “Privacy e Conformità Legale“, in modo che non ci sia più un unico responsabile di questioni così delicate.
Aggiungendo che tutto verrà decentrato e che sempre più persone lavoreranno per proteggere i dati degli utenti (stranamente questa notizia non ha tranquillizzato i critici…).
Ma chi è Keith Enright, e perché la sua figura è stata tanto discussa?
Ha lavorato bene, o è l’ennesimo perfetto capro espiatorio?
Keith Enright: chi è l’uomo dietro la privacy di Google?
Keith Enright ha lavorato per il gigante di Mountain View 13 anni, diventando il punto di riferimento per tutte le questioni legate al rispetto e alla salvaguardia delle informazioni personali degli utenti.
Prima aveva lavorato in aziende come Macy’s e Limited Brands, accumulando una vasta esperienza nel campo della compliance e della protezione dei dati.
La sua carriera è stata caratterizzata da sfide continue, ed è stato uno dei dirigenti chiamato a rispondere in aula durante il processo contro Big G.
Nonostante la sua competenza però è stato spesso un facile bersaglio degli attivisti per la privacy ed è diventato, suo malgrado, il simbolo dello strapotere di Google.
Ma ora che non c’è più, cosa cambierà? Spoiler: non credo molto.
I dirigenti cadono come mosche (ma anche i dipendenti non sorridono…)
Il colosso di Mountain View sta vivendo un periodo travagliato e i tagli non riguardano solo massimi dirigenti ma anche lavoratori comuni.
Stephen McMurtry, membro del sindacato dei lavoratori di Alphabet, ha criticato Google per aver dato priorità ai profitti a breve termine piuttosto che ai diritti dei suoi dipendenti come riportato su Bloomberg.
E anche per questo motivo le proteste contro ai licenziamenti sono all’ordine del giorno.
Pensa che la forza lavoro a tempo pieno di Google è diminuita di oltre il 5% rispetto all’anno precedente, segno di un periodo di turbolenze per l’azienda, secondo quanto scrive Forbes.
Nonostante ciò, è bene ricordare che parliamo di una società che nel 2023 ha fatturato 307 miliardi di dollari, per cui non mi sembra si possa parlare di crisi…
Ma ai licenziamenti, anzi alle “ristrutturazioni”, per dirla più elegantemente, si uniscono altre dimissioni eccellenti, infatti anche Matthew Bye, direttore del diritto della concorrenza di Google, lascia la società, proprio ora che ci sono rilevanti questioni con l’Antitrust per le accuse di monopolio.
Questi addii sono solo i più recenti, in quella che sembra una catena senza fine, e non fanno che aggiungersi alle polemiche sulle violazioni della privacy.
Google e la privacy: un rapporto complicato
Le grane per Big G sembrano non finire mai…
Come se non bastasse, recentemente ha risolto una causa da 5 miliardi di dollari in cui era accusata di continuare a tracciare il comportamento di navigazione degli utenti su Chrome anche in modalità incognito.
Inoltre, l’ormai noto leak di cui ho scritto, ha rivelato migliaia di incidenti di privacy interni con protagonista Google Maps.
Infatti, la funzione di cronologia degli spostamenti, che tiene traccia dei movimenti degli utenti, ha sollevato preoccupazioni sulla sorveglianza e sull’uso improprio delle informazioni personali.
Ecco, questi sono solo alcuni dei dossier aperti sul fronte “protezione dei dati”, che ti cito brevemente per non dilungarmi oltre, ma fidati potremmo stare qui ore…
A questo proposito, nel podcast Take on Tomorrow di Ayesha Hazarika e Lizzie O’Leary, proprio il nostro caro Keith Enright (evviva la sincerità!), parlò di IA e invasione della privacy degli utenti, sottolineando perfino lui, come fosse oramai urgente una regolamentazione.
In questo contesto precario, la società si trova a doversi difendere da varie accuse, non ultima quella relativa alle intelligenze artificiali, appunto…
La privacy nell’epoca di Gemini: preoccupazioni legittime (o allarmismi eccessivi?)
L’intelligenza artificiale e le tecnologie avanzate come Gemini stanno rivoluzionando il modo in cui interagiamo con il mondo digitale, la protezione della privacy è diventato il tema dei temi.
Google, con la sua immensa quantità di informazioni personali degli utenti e la sua capacità di influenzare miliardi di persone, è al centro di questo dibattito.
Nell’articolo precedente, ti ho parlato delle questioni etiche sollevate dalle nuove funzionalità di Gemini, e delle preoccupazioni riguardanti l’incredibile mole di dati audio di cui disporrà.
Ora, il dubbio è:
Che fine faranno questi dati?
Verranno archiviati?
Potranno essere “usati contro di noi“, come si dice nei polizieschi americani?
Per farti un esempio, se Gemini può essere utilizzata contro le truffe telefoniche, analizzando le conversazioni sospette, questo può dare una grande mano nella vita quotidiana, ma apre scenari inquietanti.
Rischieremo di sentirci sempre intercettati e ascoltati, in un costante clima di sorveglianza, e soprattutto chi ci garantisce che le nostre conversazioni private non finiscano in mani pericolose e in un futuro nemmeno troppo lontano possano danneggiarci?
Mi pare comprensibile come gli attivisti per i diritti della privacy siano preoccupati.
Come sempre però, gli allarmismi eccessivi non sono utili al dibattito e non aiutano a trovare delle soluzioni, ma non c’è dubbio che occorre regolamentare l’utilizzo delle IA per proteggere i diritti degli utenti.
Per quanto mi riguarda, non dobbiamo arrivare al punto di scegliere tra avanzamento tecnologico e rinuncia alla riservatezza, così, pistola alla fronte.
Se si lavora insieme, istituzioni e grandi società, si può tranquillamente trovare un compromesso che non danneggi nessuno, nell’interesse esclusivo della collettività.
Takeaways
Keith Enright, capo della privacy di Google, ha annunciato le sue dimissioni, e sorprendentemente l’azienda ha deciso di non sostituirlo direttamente. Questo segnala un cambiamento strategico, con un modello decentralizzato per la gestione della privacy e della conformità legale, in cui la responsabilità sarà distribuita tra più team.
La decisione di non rimpiazzare Enright è parte di una più ampia riorganizzazione dei team di privacy e conformità legale di Google. L’azienda sta decentralizzando queste funzioni, aumentando la responsabilità collettiva nella protezione dei dati degli utenti, una mossa che non ha placato le critiche degli esperti di privacy.
Durante i suoi 13 anni a Google, Keith Enright è stato una figura centrale nella gestione delle politiche di privacy dell’azienda. La sua partenza apre interrogativi su come Google gestirà le future sfide legate alla privacy e se questa nuova struttura decentralizzata sarà efficace nel proteggere i dati degli utenti.
Le dimissioni di Enright si inseriscono in un contesto di cambiamenti significativi nel management di Google, con recenti addii di altri dirigenti chiave come Matthew Bye. Questo alto turnover potrebbe riflettere le difficoltà interne dell’azienda nel bilanciare le esigenze di conformità legale con la pressione per l’innovazione e la crescita.
Google sta affrontando un periodo di turbolenze con critiche sulla gestione dei diritti dei dipendenti e controversie legate alla privacy. Con nuove tecnologie come Gemini, la protezione della privacy degli utenti è più cruciale che mai. La capacità di Google di adattarsi e rispondere a queste sfide determinerà la sua reputazione futura nel campo della privacy dei dati.
FAQ
Perché Keith Enright ha lasciato Google?
Keith Enright, capo della privacy di Google, ha lasciato l’azienda in seguito a una riorganizzazione interna che decentralizzerà le responsabilità sulla privacy. La sua posizione non verrà sostituita.
Cosa significa la ristrutturazione della privacy di Google?
Google sta ristrutturando i suoi team di Privacy e Conformità Legale, eliminando la figura unica di responsabile e distribuendo le responsabilità su più team per migliorare la gestione della privacy dei dati, almeno nelle intenzioni.
Quali sono le preoccupazioni future sulla privacy con l’introduzione di Gemini?
Con l’introduzione di tecnologie avanzate come Gemini, ci sono crescenti preoccupazioni su come Google gestirà la grande quantità di dati personali raccolti e se gli utenti potranno mantenere la loro privacy in un’era di sorveglianza avanzata.