Il nuovo strumento di Google trasforma le parole chiave dei tuoi testi in link cliccabili, rischiando di spingere i tuoi clienti tra le braccia dei tuoi competitor
📌 TAKE AWAYS
- Page Annotation trasforma le parole del tuo sito in link che portano gli utenti verso risultati esterni, spesso concorrenti, riducendo le tue opportunità di conversione.
- Per disattivare questa funzione devi compilare un modulo e aspettare fino a 30 giorni. Nel frattempo, il traffico e i clienti rischiano di scivolare via.
- Affrontare i cambiamenti di Google richiede una pianificazione SEO che protegga il tuo traffico e rafforzi la tua presenza online, anche su canali alternativi.
Page Annotation è la nuova funzione di Google che trasforma le parole chiave dei tuoi testi in link cliccabili, rischiando di deviare il traffico del tuo sito verso risultati esterni.
Un motivo in più per ripensare la tua strategia SEO e proteggere il tuo business online!
Google è di nuovo al centro delle polemiche (e qual è la novità, dirai…), ma questa volta non si tratta di algoritmi che scompigliano la SERP o di famigerati update, di quelli che tolgono il sonno ai SEO.
Niente di tutto ciò. Il protagonista dell’ultimo caos made in Mountain View si chiama Page Annotation, una nuova funzione disponibile nell’app Google per iOS, con cui Big G sembra aver trovato un altro modo per portarti via utenti, e probabilmente, visibilità e ricavi.
Sì, hai capito bene: ora Google vuole trasformare le parole del tuo sito in link cliccabili che portano ad altre pagine di ricerca che non c’entrano nulla con te (magari pagine dei tuoi concorrenti…)!
Ironico, no? Proprio tu, che lavori ogni giorno per portare traffico al tuo sito, potresti trovarti a lavorare come “ponte” verso il motore di ricerca che, in teoria, dovrebbe aiutarti.
Ma ora, respira, non allarmarti, ti spiego meglio tutta la questione e soprattutto come siamo arrivati a questo punto.
Che cos’è Page Annotation e come funziona?
Page Annotation, lanciata di recente nell’app Google per iOS, come ti ho detto, è una funzione che individua termini “interessanti” nelle pagine web e li trasforma in link cliccabili.
Mi spiego meglio: quando un utente tocca uno di questi link, si apre un riquadro (detto “tray”) dell’app Google con ulteriori dettagli estratti dal Google Knowledge Graph (il database di Google per risposte immediate su persone, luoghi, eventi e oggetti).
Certo, sulla carta, l’utente resta sulla tua pagina.
Ma nella pratica? Basta un click per portarlo dritto nella rete infinita dei risultati di ricerca di Google.
Google la descrive come una funzione progettata per soddisfare la “curiosità dell’utente” senza interrompere l’esperienza di navigazione. Da Mountain View assicurano che il tray è facile da chiudere e che permette all’utente di tornare esattamente al punto in cui era.
Ma fermiamoci un attimo: davvero qualcuno tornerà? E soprattutto, che vantaggio ne trai tu, proprietario del sito?
Come può influire sul tuo sito web
Immagina di gestire un sito di e-commerce o un blog: un utente arriva, legge il tuo contenuto e sembra interessato. Ma ecco che un link aggiunto da Google attira la sua attenzione, magari portandolo direttamente su una pagina del tuo concorrente. Oltre al danno, la beffa.
Il risultato? L’utente se ne va e, molto probabilmente, non tornerà mai più. Tu, nel frattempo, hai perso una conversione preziosa e, con essa, una potenziale vendita o un click su uno dei tuoi annunci o articoli.
Sai la cosa “divertente”? Che non è la prima volta che accade una cosa simile, come osserva correttamente 9to5google.
All’inizio del 2024, Google introdusse un formato pubblicitario per AdSense chiamato ad intents, progettato per trasformare parole già presenti nei testi delle pagine in link sponsorizzati.
Quando un utente cliccava su uno di questi link, si apriva una finestra che mostrava risultati di ricerca pertinenti e annunci pubblicitari. L’idea, secondo Google, era quella di offrire agli utenti informazioni rilevanti senza bisogno di terze parti o cookie, peccato che l’impatto sui publisher è stato immediato e negativo.
Ma sai perché ho subito pensato a questi “simpatici” ad intents?
Perché anche allora, molti proprietari di siti si accorsero subito del problema: i link generati da ad intents portavano gli utenti lontano dalle loro pagine, riducendo il tempo di permanenza e il coinvolgimento.
Le entrate pubblicitarie, che per molti dipendono dalla permanenza degli utenti e dalle interazioni con i propri contenuti, iniziarono subito a calare sensibilmente.
Non ci credi? A riprova di ciò, già da febbraio 2024, diverse stime indicavano un calo nei guadagni per i publisher compreso tra il 15% e il 20%, con effetti ancora più gravi per chi gestiva siti molto specializzati o piccoli blog, come rilevò a suo tempo Search Engine Roundtable.
Coincidenza? Difficile crederlo.
I dettagli tecnici: opt-out e tempistiche contestate
Non ti piace l’idea che Google inserisca link sui tuoi contenuti?
OK, no problem, puoi disattivare la funzione (qui è spiegato come fare), ma ovviamente c’è un inghippo.
A Mountain View avranno pensato: “che gusto c’è se la facciamo così facile?”
Sì, perché non bastano pochi click, o qualche spunta nelle impostazioni, eh no!
Devi compilare un modulo di opt-out e aspettare che Google “prenda provvedimenti”.
Quanto tempo serve? Rullo di tamburi: trenta giorni.
Sì, hai letto bene, un mese intero prima che le annotazioni vengano rimosse dalle tue pagine. Nel frattempo, i tuoi utenti continueranno a essere deviati verso il motore di ricerca, e con loro anche le tue opportunità di conversione.
Ma fermiamoci un attimo: trenta giorni sono un’eternità nel mondo digitale. Quanti utenti perderai in un mese? E, soprattutto, chi ti garantisce che, una volta disattivata la funzione, Google non decida di cambiare nuovamente le regole?
Praticamente stai camminando su un filo, come un trapezista, peccato che quel filo oscilli di continuo, indipendentemente da te. Vabbè, sotto c’è la rete di protezione, dai! Sì, ma prima che si apra devi aspettare trenta giorni…
Perché questa mossa sta scatenando così tante polemiche?
Come hai potuto vedere, Page Annotation ha un elemento che lo rende particolarmente fastidioso: Google non ti chiede il permesso per aggiungere quei link. Pensaci: è come se qualcuno appendesse un cartello fuori dal tuo ristorante invitando i clienti a provare il locale accanto.
Google giustifica la funzione dicendo che serve a migliorare l’esperienza utente. Ma la tua esperienza, quella del proprietario del sito, che fine fa?
Al contrario, questa mossa appare come un altro passo verso il rafforzamento del monopolio informativo di Big G. Non serve essere complottisti per rilevare questo punto!
La situazione apre domande importanti: fino a che punto un’azienda può usare i tuoi contenuti senza il tuo consenso? E cosa significa, a lungo termine, per piccoli e medi imprenditori che dipendono dalla visibilità online per sopravvivere?
In un mercato in cui la concorrenza è già spietata, a parer mio, puntare tutto su Google è un rischio che non ci si può più permettere. Diversificare le fonti di traffico non è solo una buona idea: è diventato essenziale per mantenere il controllo sul tuo business. Per questo, in quanto consulente SEO, lavoro per garantire la visibilità del tuo sito anche nei LLM come ChatGPT o nei nuovi motori di ricerca AI come SearchGPT o AI Overviews.
Fidati: mai come oggi questa strategia si rivela vitale. Inoltre ricordati che Google è sempre più nel mirino del Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti che potrebbe obbligarla a cedere sia Chrome che Android, mettendo in discussione l’intero impero digitale su cui si basa. Per cui: meglio essere preparati!
Ecco, prima di salutarti, mi sembra doveroso aggiornarti sulla situazione giudiziaria del gigante di Mountain View. Dato che, come sai bene, ha un’incidenza chiara sul destino del tuo business online.
Che succede tra Big G e la giustizia USA? Ecco un aggiornamento
Negli ultimi mesi, come ti ho raccontato, Google è finita sotto un fuoco incrociato di accuse legali che potrebbero ridefinire il panorama digitale.
Ricordi la condanna per monopolio del 5 agosto 2024? O il processo in Virginia per violazione delle norme Antitrust?
Tra le pratiche incriminate contestate dal Dipartimento di Giustizia (DOJ), spiccano i contratti miliardari con Apple e Mozilla, accordi che assicurano a Google la posizione di motore di ricerca predefinito.
Il giudice Amit Mehta ha sottolineato che queste strategie non solo soffocano la concorrenza, ma permettono a Google di gonfiare i prezzi degli annunci pubblicitari, come ti ho scritto approfonditamente qui.
Le richieste del DOJ sono pesanti: vendere Chrome e Android a un’entità indipendente e impedire a Google di favorire i propri prodotti come YouTube e lo stesso Android (che ha oltre il 70% di quota di mercato).
Ma le pressioni non si fermano agli USA. Anche in Europa, Google è nel mirino per presunte violazioni del Digital Markets Act (DMA). Le accuse vanno dal favoritismo nei risultati di ricerca locali alla promozione indebita dei suoi servizi di shopping, che le sono già costati una multa di 2,7 miliardi di dollari.
E non è finita: il caso Epic Games ha portato a una sentenza del giudice James Donato che obbliga Google a includere app store di terze parti nel Play Store e a eliminare le restrizioni sui sistemi di pagamento alternativi. È un colpo diretto al modello di business di Big G.
Nel frattempo, Sundar Pichai, CEO di Google, si muove con cautela per gestire le tensioni con l’amministrazione Trump, come scrive Wired. Dopo aver accusato Google di favoritismi nei confronti dei suoi avversari politici, Trump ha lasciato intendere di voler intervenire sull’azienda. Pichai, per placare le acque, ha ribadito in un memo interno l’imparzialità di Google e ha avviato contatti diretti con il presidente eletto. Ma basterà questo per evitare ulteriori problemi?
Il clima resta teso. Il neo-presidente degli USA ha definito la causa del DOJ “pericolosa”, sostenendo che smantellare Google favorirebbe le aziende cinesi. Al tempo stesso, ha ventilato l’idea di “fare qualcosa” per limitare il potere di Big G, aumentando l’incertezza sul futuro. Insomma, un bel caos…
Page Annotation: il segnale d’allarme che non puoi più ignorare
E tu, che lavori online, cosa puoi aspettarti? Per anni, Google ha costruito un ecosistema chiuso che controlla ogni aspetto della navigazione digitale, dai motori di ricerca a piattaforme come Android, YouTube e Chrome. Ora, però, queste cause legali rischiano di cambiare tutto. Potrebbero aprire nuove opportunità, ma anche introdurre rischi e complicazioni che è meglio non sottovalutare.
Le autorità stanno finalmente mettendo in discussione lo strapotere di Google, ma il futuro è ancora incerto. Se l’azienda dovesse perdere il controllo di parti fondamentali del suo ecosistema, chi le gestirebbe? E queste nuove regole sarebbero davvero più eque o finirebbero per favorire nuovi monopoli?
Una cosa è certa: affidarsi unicamente a Google non è più una strategia sicura per chi lavora online.
La funzione Page Annotation, in questo contesto, non è solo una novità controversa: è l’ennesimo piccolo segnale d’allarme.
Hai presente il proverbiale canarino nella miniera? Ecco, Page Annotation è esattamente come un uccellino con una tosse rauca da fumatore incallito. Per cui non ignorare l’ennesimo segnale: la fuga di gas, o dovrei dire di traffico, è già realtà. Metti in sicurezza la tua miniera!
Perciò, se non vuoi rischiare che il tuo lavoro serva solo ad arricchire qualcun altro, è ora di agire. Una strategia solida basata su SEO efficace, traffico diversificato e una community fidelizzata può fare la differenza tra crescere e scomparire. Non lasciare che Google decida per te.
Hai bisogno di una consulenza SEO per proteggere e far crescere il tuo business?
Contattami: insieme possiamo trovare la strategia migliore per affrontare queste sfide e garantirti visibilità e autonomia.
Come Page Annotation può incidere sul tuo traffico: Domande & Risposte
Che cos’è Page Annotation?
Page Annotation è una nuova funzione di Google disponibile nell’app per iOS. Trasforma termini “interessanti” nelle pagine web in link cliccabili che portano a risultati di ricerca aggiuntivi, spesso sottraendo traffico al sito originale.
Come influisce Page Annotation sui proprietari di siti web?
Page Annotation può deviare gli utenti dal tuo sito verso risultati di ricerca esterni, riducendo il tempo di permanenza e le opportunità di conversione. Questo è particolarmente problematico per siti di e-commerce o blog.
È possibile disattivare Page Annotation?
Sì, puoi disattivare Page Annotation compilando un modulo di opt-out. Tuttavia, la disattivazione richiede fino a 30 giorni per essere effettiva, durante i quali gli utenti continuano a essere deviati dal tuo sito.