SEO nel 2019: Novità, consigli e tecniche per migliorare la SEO nell’anno che verrà.
Eccoci giunti quasi alla fine dell’anno, il freddo arriva, la tua scrivania è carica di fogli e foglietti e tu sei la, tanto per cambiare, a chiederti come guadagnare più utenti e come fare più visite.
Eccomi allora sul pezzo in questo 2019 alle porte, consulente seo reduce quest’anno da uno dei più grossi update di sempre. Ovviamente mi riferisco al medical update di Agosto che, con buona pace per i milioni di siti danneggiati, ha letteralmente spazzato via quel poco di traffico – e di certezze – che molti nel campo davano per assodate.
Inutile dirti che il 2018 è stato certamente uno degli anni più “impattanti” lato SEO. Google ha introdotto tante novità e dato che come apparire su Google diventa sempre una somma di azioni, contesti e situazioni ritengo importante aiutarti a comprendere ciò che è accaduto con l’obiettivo di prepararti al meglio per il prossimo anno.
Credimi, ne varrà la candela.
Partiamo con la domanda di rito: la SEO è morta?
Sebbene ogni anno ci si ritrovi a ripetere che la SEO non morirà mai, ti posso assicurare che mai come in questo 2018 ho potuto assistere a tanti colleghi preoccupati. Dal mio punto di vista, come puoi ben immaginare, la SEO non è affatto morta ma a morire, dal prossimo anno in poi, dovranno necessariamente essere tante care vecchie abitudini.
Non possiamo girarci in tondo, il contesto è cambiato, e pure di tanto.
Come si faceva la SEO ieri.
Quando si parlava di indicizzare un sito su Google o più in generale di “SEO” in passato ci si limitava ad ottimizzare al meglio la struttura e perché no, a tentare qualche furberia. Google non era poi così tanto intelligente e per fregarlo tutto sommato non occorreva poi tantissimo.
Aumentare le visite al sito non era affatto cosa complicata, fatto il bel sito vetrina, dotato di contenuti stra ottimizzati, tra testo nascosto e keyword stuffing a fare la differenza era per lo più la capacità del sito di ricevere link da altri siti.
Non dovevano essere siti pertinenti, non dovevano essere siti di ottima fattura, la regola era una sola: più ce n’è, meglio è.
All’epoca spuntavano come funghi reti immense di siti di non certo ottimo livello nate per l’appunto con l’unico scopo di sputare qualche link e di fatto ti assicuro che ne piazzavi qualche centinaio ed il gioco era fatto.
Ti parlo di un “ieri” oggi abbastanza distante che però, nel suo essere completamente anarchico e spesso aggressivo, ha saputo mostrare e rivelare al mondo il grande, grosso, enorme tallone d’Achille di Google, mi riferisco ovviamente ai backlinks.
È inutile che ci giriamo a torno, i link in entrata – nonostante quanto dichiarato da Google in ogni dove – sono sempre stati alla base della capacità del motore di ricerca d’interpretare e assegnare un ranking.
In poche, pochissime parole, il tuo posizionamento dipendeva quasi all’80% dai link in ingresso.
Concetti come “Qualità”, “rilevanza” e “autorevolezza”, in quel contesto erano semplicemente il riflesso di un’interpretazione basata sui link che il tuo sito riceveva e su quelli a loro volta ricevuti dai siti che ti linkavano.
Il tutto pareva ancora più chiaro davanti alla totale incapacità di Google di far fronte a quelli che sono ancora chiamati “attacchi di SEO negativa” problema ad oggi non del tutto risolto.
Per fartela breve qualora il sito X avesse ricevuto N links da siti di bassa qualità questi ne avrebbero certamente compromesso il posizionamento.
Parliamo di una tra le più clamorose vulnerabilità di Google.
Vulnerabilità certamente capitalizzata dai numerosissimi “rivenditori di SEO negativa” capaci di demolire il posizionamento sui motori di ricerca di qualunque sito tramite l’invio di tonnellate di link da siti porno, spazzatura e roba del genere.
Sebbene questo genere di pratiche esistessero da sempre, solo nel 2012 arrivò quello che a mio avviso è ancora oggi assimilabile come un piccolo, tenero strumento di difesa se rapportato con la vastità del problema, il disavow tool.
Tralasciando il fatto che dotare l’utente di un simile strumento è di per sé probabilmente paragonabile al dotare un soldato per lo sbarco in Normandia con una simpatica pistoletta d’acqua di colore giallo, il punto è rimasto sempre quello: Google ragionava tramite i link e a dirla tutta anche solo dire “ragionava” era probabilmente un grosso parolone.
Nello stesso anno però veniva introdotto il Knowledge Graph, ovvero le fondamenta di quello che sarebbe stato da li in avanti il principale responsabile dell’intelligenza di Google. Spetta però… non corriamo troppo.
Come abbiamo fatto SEO in questo ultimo periodo.
Superata l’infanzia, tra un gattonamento ed un “Ghe” do un “Ghu” quel simpatico bambino chiamato Google ha iniziato a camminare e a borbottare le sue prime parole ed infine – come era normale accadesse – a fare i primi capricci.
Il 2018 come dicevo durante l’introduzione è stato un periodo ricco di cambiamenti significativi che però altro non sono che il punto d’arrivo – o più probabilmente d’inizio – di un nuovo modo d’intendere Google stessa (si, Google è femmina).
Tra i cambiamenti più significativi ci sta certamente la nuova posizione del motore di ricerca che si pone sempre di più come motore di “risposta”. Capire ciò che intendo è semplice. Se sino a ieri Google ti portava verso un sito nel quale riteneva probabile fosse presente la risposta alla tua domanda, oggi è lui stesso a fornirtela.
Tra le novità registrate è stato infatti palese come l’intento di Google sia sempre di più dichiaratamente quello di fornire risposte dirette agli utenti.
In pratica, proprio come fanno i bambini che hanno ancora il pannolone, ha ascoltato, borbottato qualche parola che non abbiamo tardato a classificare come “simpatica” ed ora si accinge a fare il passo successivo. Parlare restituendo informazioni che gli abbiamo e che gli continuiamo a dare ogni giorno.
Fare SEO nel 2018 ha significato per tanti risolvere i principali errori strutturali, proseguire con una buona razione di “link di buona qualità” e terminare con un’ottima quantità sempre verde di content-marketing.
Ovviamente in tanti hanno proseguito con i link…
Rispetto al passato, soprattutto a seguito del penguin update, c’è però una sempre maggiore attenzione verso l’acquisto di link in ingresso.
Sia chiaro, non occorre certo essere un esperto seo per capirlo, è un mercato ancora florido, ma se prima ci si trovava di tutto, oggi più che mai, a comandare è proprio il concetto della qualità del “profilo link”. Fare una buona link building e acquistando backlinks da un sito non è più alla portata di tutti perché per ogni link in entrata, qualora si voglia avere un beneficio tangibile, occorrerà controllare elementi di fondamentale importanza come ad esempio:
- Pertinenza di settore
- Andamento del traffico
- Parametri come ad esempio Trust Flow e Citation Flow (metriche di Majestic SEO)
- Ovviamente il profilo link del sito
- Classi IP del server che ospita il sito (non sia mai che è una PBN facilmente penalizzabile domani da Penguin)
- Storico del sito con Archive.org (non sia mai che sia un dominio recuperato penalizzato in precedenza)
- Etc… etc…
Insomma, la link building fatta bene costa un botto e prosegue oggi più che mai nel suo viaggio con destinazione: non fatelo a casa.
Impossibile poi ignorare come trattandosi di un evidente tallone d’Achille viene da se che sbagliare in questo frangente implica penalizzazioni durissime, manuali e non.
Se per quanto riguarda le buone pratiche di Link Building “Gourmet” non è poi cambiato tanto se non il livello dell’asticella sempre più indicante il range “occhio che ti becca”, abbiamo invece registrato un grosso cambiamento relativo alle strategie SEO che si basavano sulla produzione di contenuti.
Sebbene ne avessimo parlato per anni come la cura a tutti i mali, fare content Marketing nel 2018 non è più cosa scontata.
Proprio alla luce di ciò che è accaduto ad Agosto a seguito del “Medical Update” – che poi tanto medical non era – è stato evidente per tutti come l’era del “prendi e pubblica basta che scrivi” stia tristemente volgendo al termine. Lungi dal voler fare il catastrofico è evidente che le capacità di valutazione del nostro comune amico Google – li mortacci sua – si stia evolvendo ad una velocità impressionante.
Comprenderne il perché non è poi così tanto complicato: Google elabora informazioni e da queste informazioni impara.
Se sino a ieri queste arrivavano principalmente dalla tastiera dei nostri computer, oggi le cose vanno decisamente in maniera diversa.
Lanciato nel 2017 in tutto il mondo Google Home è a mio avviso la perfetta corrispondenza di ciò che Google sarà e che per adesso è. Ma torniamo al presente. Pensa per un attimo al simpatico comando vocale “Ok Google”, poi a te che fai una domanda e lui che ti risponde con la voce.
Capisci che qualcosina è cambiata no?
Se infatti oggi come ieri Google riceve ed elabora una quantità sempre più esorbitante di informazioni, oggi, a differenza di ieri riesce ad elaborarle meglio, più velocemente e con una sempre crescente precisione.
Per renderci conto di quante informazioni Google riceva basti pensare che nel pieno delle metriche algoritmiche utilizzate per rispondere alle ricerche degli utenti sono entrati nel vivo, mai come ora elementi quali:
- Il luogo dal quale parte la ricerca, grazie ad una geo-localizzazione sempre più precisa.
- La velocità di spostamento nel momento nel quale viene fatta una ricerca. Sa se sei in macchina o in bagno.
- Tutto ciò che fai sul computer, ma anche sullo smartphone Android.
- Le parole che spia mentre ti porti con te il cellulare Android.
- etc… etc… etc…
Il nostro oggi, sempre più interconnesso, offre a Google un incredibile quantità di informazioni e lui di canto suo prende, impara e cerca di sostituirsi all’ennesimo sito rispondendo direttamente alle ricerche degli utenti.
Di quanto poi sia diventata precisa la pronuncia e l’espressività persino nel fornire le risposte, uno su tutti basti ricordare la presentazione di Google Duplex nella quale veniva effettuata una prenotazione e dall’altra parte della cornetta la ragazza non si rendeva conto di parlare con un robot. https://www.youtube-nocookie.com/embed/D5VN56jQMWM
Ma se Google fa da sé che ne sarà dunque del tuo sito – e con lui del tuo Business – domani?
In un futuro denso di input d’ogni sorta, dalla voce alla posizione geografica, dalle abitudini alle specificità sempre più soggettive ha davvero ancora senso parlare di parole chiave?
Siamo sicuri che fare SEO significherà ancora godere di un qualche vantaggio?
Facciamola breve… moriremo tutti?
Ovviamente si, moriremo tutti, lo so io e lo sai anche tu ma in questo bel frangente nel quale ci troviamo, il qui e ora, dato che sia io che te siamo ancora vivi, non posso che dirti come a mio avviso andranno le cose – e ciò che ti conviene fare per salvare il tuo sito web e con lui il tuo Business.
La SEO domani
Ok ci siamo, Google ha iniziato a parlare, risponde bene e conosce più cose di te di quante non te ne possa ricordare tu.
Ovviamente tua moglie continuerà sempre a sapere sempre più sul tuo conto di quanto non possa fare Google, ma questo è un altro discorso.
Tornando seri per un attimo.
Google ha manifestato chiaramente l’intento di cannibalizzare i risultati e molto probabilmente continuerà nella sua crociata rivolta all’acquisizione di una sempre più imponente presenza in SERP. Già oggi d’altronde sulle ricerche transazionali, ovvero quelle che convertono, tra Google Shopping e gli annunci andando bene ci si può ritrovare in fondo alla prima pagina.
È ahimè molto probabile che questa tendenza vada ad esaurirsi, anzi.
Il fatto che Google diventi sempre più un motore di risposta diretto è uno dei punti chiave dell’evoluzione di Big G stessa dato che, trattandosi di un Azienda e non di un ente di beneficenza, è abbastanza probabile che tenda a dare sempre più spazio agli annunci e più in generale a tutto ciò che porta in qualche modo profitto.
Se da un lato dunque tutto ci spinga a pensare agli annunci come al principale mezzo per acquisire traffico, dall’altro non possiamo non accorgerci della moltitudine di opportunità generate da questo nuovo approccio sempre più volto all’utilizzo del Knowledge Graph e dei dati strutturati.
Nello specifico mi riferisco alla possibilità di entrare direttamente in relazione con Google allo scopo di fargli elaborare risposte a noi comode.
Ok, ci sta, non ci stai capendo molto, provo ad andare più semplice.Se la novità è che lui parla e risponde direttamente, ciò che dobbiamo fare è fargli dire ciò che vogliamo.
Ecco, in estrema sintesi questo credo sia uno dei punti con i quali ci troveremo ad aver a che fare nel prossimo 2019.
A tale scopo non posso che immaginare come sempre più centrali i dati strutturati, schema.org e più in generale l’utilizzo dei data set pubblici.
Nella mia visione generale RankBrain e con lui l’intelligenza artificiale e – soprattutto – il machine learning assumeranno un ruolo sempre più centrale.
Personalmente, proprio a questo proposito, premesse le buone pratiche d’ottimizzazione, sto lavorando, grazie a WordLift, un magnifico plugin che ti permette di realizzare il tuo “knowledge graph personale”, alla costruzione del maggior numero di entità possibili.
In tal senso ho in previsione di arricchire i contenuti con tutte quelle informazioni che darò poi in pasto a Google affinché le smisti nei suoi ormai innumerevoli canali.
Questo approccio iniziale offre a mio avviso diversi benefici.
Il primo è che non perdo i contenuti già scritti ma al contrario, rendendoli più digeribili per Google, riesco a sfruttarli ancora per le risorse che sono.
Il secondo è che arricchendo i contenuti con una marcatura a schema precisa e ben fatta porto qualità al dominio rendendolo sempre più autorevole.
Il terzo, non ultimo per importanza, è che grazie al dialogo con i data set posso dire a Google esattamente ciò che voglio istruendolo con precisione riguardo gli aspetti più disparati come ad esempio riguardo al mio essere un “professionista” nel mio lavoro.
Non a caso alla query “che lavoro fa Roberto serra” è Google stessa a rispondere “professionista SEO”.
Questo aspetto è certamente determinante perché l’autorità e l’autorevolezza saranno comunque sempre più legate alla pertinenza e per questo la risposta di un personaggio riconosciuto da Google come “professionista” per un determinato settore sarà verosimilmente sempre avanti rispetto ad una risposta di un signor pinco pallino.
Se in tutto questo ragionamento emerge dunque quanto sia importante incominciare a “parlare a Google” – proprio perché oggi è spesso in grado di capire – converremo sul punto che, un altro punto chiave, sarà l’utilizzo degli strumenti messi a disposizione di Google stessa.
Banalmente penso ad esempio alle soluzioni per la local search come Google my Business, agli strumenti come Google site, a Youtube e chi più ne ha più ne metta. Sebbene questo atteggiamento non risulti nuovo ai veterani della SEO credo che in questo contesto possa assumere un aspetto ancor più interessante.
Lato content marketing invece è evidente come l’imbuto diventi sempre più stretto. Per questo la parola d’ordine sarà domani più che mai “specificità”, sempre più nel dettaglio, sempre più nella nicchia della nicchia. Lavorando in questo senso credo ci si possa ancora aspettare una risposta buona da parte di Google, poi ovviamente dipende da settore a settore e – come sempre – da caso a caso.
Se fino a ieri questi scenari ci parevano lontani oggi invece ci si prospetta un futuro sempre più legato alla risposta di un preciso intento di ricerca. Tecnologie come Rankbrain lavorano d’altronde già da tempo in quest’ottica e come ci è oramai arci noto il web diventa sempre più centrale e focalizzato verso l’utente.
il perché questo accada è a mio avviso molto semplice d’altronde tutti lo sappiamo: meglio conosci il tuo cliente più possibilità avrai di vendergli qualcosa.
Il 2019 sta per arrivare e Il futuro della SEO muta, ancora una volta, e noi? Bhè… E chi si è mai fermato? 🙂